INNOVAZIONE

Dalle competenze sprint al fintech, Bankitalia: “Investire nel capitale umano”

Pandemia e lockdown hanno fatto impennare in Italia i pagamenti elettronici ma non tutti gli istituti sono pronti a mettere a valore quanto prodotto dalle tecnologie. La vice direttrice generale Alessandra Perrazzelli: “Management interno ancora poco preparato, serve una svolta”

Pubblicato il 25 Feb 2021

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Pandemia e lockdown hanno fatto impennare in Italia i pagamenti elettronici. E nell’insieme della transazioni digitali, un tipologia è cresciuta  più delle altri: la modalità contactless. Secondo i numeri resi noti da Alessandra Perrazzelli, vicedirettrice generale della Banca d’Italia, nel suo intervento dal titolo “L’accelerazione digitale del sistema finanziario: nuove sfide per il mercato e per le autorità” in occasione del webinar Civita-Cbi, questo genere di operazioni è passato dal 35% del periodo pre-lockdown a oltre il 55% delle transazioni effettuate con dispositivi abilitati.

Con riferimento alle operazioni di e-commerce con carta sul totale, invece, le transazioni passano dal 25% in media prima del lockdown a oltre il 40% nel mese di aprile 2020 – consentendo alle imprese che hanno saputo tempestivamente integrare canali di vendita tradizionali e online di gestire l’emergenza –  per oscillare nella rimanente parte dell’anno su livelli simili a quelli pre-lockdown (25-30%). Anche i bonifici online (via Internet o tramite collegamenti telematici) hanno registrato una crescita importante dall’inizio della pandemia (+8% nel numero di transazioni rispetto al 2019).

Secondo Perrazzelli, oltre allo sprint all’e-payment che la pandemia ha impresso, il 2020 ha anche dimostrato che le banche italiane devono aumentare gli investimenti in innovazione: “Da un lato, l’impatto che la pandemia ha avuto sulla redditività delle banche sottolinea l’esigenza di accrescere l’efficienza operativa; dall’altro, si va consolidando il mutamento delle abitudini dei clienti, sempre più propensi all’uso di servizi digitali evoluti e attenti a velocità e semplicità dell’esperienza d’uso”.

Non vi sono dubbi dunque che l’innovazione possa portare a profondi mutamenti nel modo di “fare banca” di molti intermediari creditizi e, in termini più vicini al gergo della Vigilanza, a una rivisitazione del modello di business bancario.

“La sensibilità delle banche rispetto all’importanza dell’innovazione è certamente in crescita ma il panorama rimane fortemente eterogeneo – puntualizza Perrazzelli – Nel 2019 gli investimenti in Italia erano ancora relativamente contenuti e concentrati in un numero molto ristretto di intermediari. La necessità del cambiamento organizzativo necessario a gestire la trasformazione in atto non era pienamente avvertita. Il 2020 ha reso fin troppo evidente che serve fare di più: da un lato, l’impatto che la pandemia ha avuto sulla redditività delle banche sottolinea l’esigenza di accrescere l’efficienza operativa; dall’altro, si va consolidando il mutamento delle abitudini dei clienti, sempre più propensi all’uso di servizi digitali evoluti e attenti a velocità e semplicità dell’esperienza d’uso. È aumentata la consapevolezza, da parte degli intermediari, delle potenzialità della tecnologia anche sull’organizzazione interna”.

Ma in Italia – e in quest’anno la questione è prepotentemente emersa –  non tutte le banche dispongono delle competenze necessarie “ad affrontare una radicale evoluzione dei processi produttivi e dei canali distributivi”, continua la vicedirettrice generale di Bankitalia.

Soprattutto nelle banche di minori dimensioni “è ancora scarsa la presenza di competenze specifiche su tematiche di natura tecnologica, con potenziali impatti negativi sull’efficacia dell’azione del board nella definizione delle linee di indirizzo strategico”.

Per Bankitalia è dunque necessario che gli organi “con funzione di supervisione strategica e di gestione” siano in grado di individuare ed implementare strategie in grado di realizzare gli obiettivi economici e reddituali, sfruttando le opportunità offerte dalla tecnologia ma anche presidiando adeguatamente i rischi.

Anche per questa ragione, lo scorso dicembre la Banca d’Italia ha lanciato “Milano Hub”, il centro di innovazione “che intende rappresentare un luogo, fisico e virtuale, di incontro e collaborazione con diversi portatori di interesse (operatori di mercato, Accademia, Pubblica Amministrazione, altre Istituzioni) per la promozione di iniziative innovative e con importanti ricadute di sistema”.

La sfida culturale è quindi probabilmente quella più ardua per il supervisore: investire in capitale umano, incrementare le proprie conoscenze e competenze in una logica di apprendimento continuo – anche attraverso un confronto franco con l’industria e con le altre Autorità nazionali e internazionali – resta probabilmente il modo più efficace per affrontare tale sfida”, conclude Perrazzelli.

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