VERSO IL MEETING WCIT

Itu: ecco il documento sulla nuova governance di Internet

In vista della conferenza mondiale Wcit, in programma a Dubai il prossimo dicembre, l’Agenzia dell’Onu ha pubblicato una bozza con le proposte che saranno discusse per rivedere il trattato Itrs. Accolti i suggerimenti di Etno

Pubblicato il 26 Lug 2012

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Alla fine le pressioni pubbliche di attivisti e organizzazioni non governative, amplificate da un’emorragia incontrollata di speculazioni, sembrano aver pagato. L’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Itu) ha cominciato ad ammainare la cortina di riserbo che avvolgeva le trattative in corso per la revisione degli accordi internazionali sulle Tlc (ITRs). Sui quali i governi dovrebbero apporre il sigillo definitivo nell’attesissima conferenza di Dubai (la World Conference on International Telecommunications o WCIT) in programma il prossimo dicembre. Sulla pagina ufficiale dell’Itu è ora disponibile la bozza integrale di uno dei principali documenti di preparazione al summit, nel quale sfila il grosso delle proposte messe sul piatto in questi mesi dai diversi attori.

“Il mondo sta cambiando, in larga parte grazie allo sviluppo delle infrastrutture delle telecomunicazioni favorito dalla stessa Itu, e anche noi abbiamo bisogno di adattarci a questi cambiamenti” ha spiegato il segretario generale dell’agenzia Onu, Hamadoun Touré annunciando pochi giorni fa il repentino sussulto di trasparenza. Sottinteso limpido: chi di internet ferisce di internet perisce. Una mole piuttosto cospicua degli atti preliminari del WCIT era stata infatti oggetto di una clamorosa fuga di notizie, affiorando in rete sul sito “WCITleaks”. Non lasciando alternativa all’organismo internazionale: squarciare il velo sui negoziati, invitando commenti e contributi esterni, oppure soccombere ad un’onda montante di critiche.

La matassa in ogni caso è tecnica. Come del resto si addice all’aggiornamento di un trattato sul quale pende la responsabilità e l’impellenza di instillare un bacillo di ordine in un panorama, quello delle Tlc, che negli ultimi trent’anni ha subito un vero e proprio sisma con l’irruzione di internet. Eppure, a voler setacciare con attenzione i grappoli di proposte concorrenti scolpite nella bozza pubblicata dall’Itu, emergono gli elementi di quello che ha tutta l’aria di essere un serrato braccio di ferro politico.

La partita, in estrema sintesi, si gioca su due filoni di mozioni controverse. Quelle legate alla “sicurezza delle reti” anzitutto, rubricate sotto l’omologo articolo 5 del trattato, ma anche sotto l’articolo 3 (reti internazionali). La maggior parte di queste proposte è stata introdotta da un nutrito gruppo di regimi (semi) autoritari, probabilmente come testa di ponte per incassare la benedizione dell’Onu all’esercizio di un maggiore controllo sulla rete. Anche se il documento si guarda bene dal menzionare la paternità dei contributi più contestati. Il secondo fronte delle polemiche, sia pur meno bollente, verte su alcune modifiche presentate pubblicamente dall’industria, in particolare dall’ Etno, l’associazione che rappresenta le principali telco europee presieduta da Luigi Gambardella.

Si comincia con il nodo della cyber-security, al centro di forti tensioni in quanto diversi stati lo ritengono incompatibile con il mandato del trattato. Le inquietudini si addensano, ad esempio, sulla norma che prevede che “i paesi membri (dell’Itu ndr) in cooperazione con il settore privato dovrebbero prevenire, localizzare e rispondere al crimine informatico o all’utilizzo improprio dell’Ict” con misure legislative che comportino “indagini e azioni legali”.

Secondo molte fonti, si rischia di assegnare a stati quali Cina e Russia una sorta di patente internazionale a perseverare negli sforzi di censura e repressione della dissidenza politica su internet. Ancor più contestato è il passaggio che stipula la possibilità di limitare l’accesso ai servizi di telecomunicazione internazionali “in caso essi siano utilizzati per interferire in affari domestici o mettere a repentaglio la sicurezza nazionale, l’integrità territoriale o la sicurezza pubblica” anche “ di altri stati”. Stessa musica per la questione dello spam, anch’essa sollevata in diversi punti a mo di “pretesto” per autorizzare più sorveglianza. La regia di queste proposte è manifesta. I documenti pubblicati su WCITLeaks attestano che il fronte dei proponenti include Iran, Egitto, Algeria, oltre alle già citate cancellerie di Pechino e Mosca. Con Stati Uniti e Canada, in particolare, impegnati a contrastare il loro assalto alla diligenza.

Un’altra questione assai dibattuta, e cruciale, concerne inoltre l’applicazione dei nuovi standard tecnici enucleati nel trattato – con cui si cimenta l’articolo 2 – alla quale lo stesso drappello di stati non occidentali vorrebbe conferire il crisma dell’obbligatorietà contravvenendo alla natura volontaria degli accordi.

Infine, l’inserimento nella bozza dei suggerimenti di Etno ha creato non poche palpitazioni tra alcuni attivisti. In questo caso, non c’è nulla di confidenziale, dal momento che le proposte dell’associazione europea erano state diffuse pubblicamente. Come è noto, puntano su un nuovo ecosistema di interconnessione IP che fornisce Quality of Service delivery end-to-end del servizio offerto che consenta la fornitura di servizi a valore aggiunto di rete ai clienti finali, agli Ott e ai fornitori di contenuti. Con lo scopo manifesto di assicurare “un ritorno adeguato agli investimenti nelle infrastrutture legate alla banda” e “un equo compenso per i servizi delle telecomunicazioni” (articolo 3). Anche differenziando il servizio. Ma, secondo i critici, tali novità avrebbero l’effetto indesiderato di limitare l’espansione di internet, soprattutto nei paesi che ne hanno più bisogno. Più che altro una questione di valutazioni, comunque.

Certo è che sui negoziati di revisione agli ITRs, cominciati nel lontano 1998, incombe per il momento un alone di forte incertezza. E almeno a giudicare dal tenore contrastante se non antitetico della grandinata di norme avanzate nel documento sembra evidente che il percorso di avvicinamento alla Conferenza di Dubai si preannuncia foriero di tenzoni e polemiche.

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