Smart working e formazione come diritto soggettivo dei lavoratori. Sono questi i due pilastri su cui si fonda il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale, firmato oggi da Palazzo Chigi dal ministro della PA, Renato Brunetta, e da Cgil, Cisl e Uil.
L’obiettivo, come spiegato dallo stesso ministro, “è mettere le basi per la costruzione di una nuova Italia, partendo dalle intuizioni di Carlo Azeglio Ciampi per avviare un percorso che investa sulle parti sociali, sull’innovazione”.
“E’ lo spirito di allora che bisogna recuperare e che ricordo personalmente per l’onore che ho avuto di poter dare il mio contributo come consigliere della Presidenza del consiglio di allora – ha spiegato – La firma di oggi assegna alla coesione sociale non una semplice ripetizione retorica, ma un valore fondante di uno Stato che si rinnova, si modernizza sul valore della persona e della partecipazione”.
L’accordo è stato siglato anche dal presidente del Consiglio, Mario Draghi che intervenendo all’evento ha sottolineato: “Il buon funzionamento della pubblica amministrazione significa buon funzionamento della società. Se funziona la pubblica amministrazione funziona la società altrimenti la società diventa più ingiusta. Consideriamo il ruolo centrale delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici”.
Il patto rappresenta il campo base da cui partire per inserire nuove generazioni di lavoratrici e lavoratori nella PA e per delineare azioni efficaci di valorizzazione delle persone tramite piani di reskilling e upskilling.
Un focus particolare è dedicato allo smart working: nella PA la sfida è la messa a regime in vista della fine dell’emergenza sanitaria. In questo senso governo e sindacati si impegnano a definire nei futuri contratti collettivi nazionali una disciplina normativa ed economica del lavoro agile che superi l’attuale assetto emergenziale, garantendo condizioni di lavoro trasparenti e conciliando le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con quelle delle pubbliche amministrazioni. Priorità anche alle tutele e ai diritti come quello alla disconnessione, alla formazione come diritto soggettivo e alla tutela dei dati personali.
Già attraverso il rinnovo dei contratto del 2019-2021 si provvederà alla rivisitazione degli ordinamenti professionali del personale, adeguando la disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze, in collaborazione con Aran. Saranno disegnate politiche formative di ampio respiro, con particolare riferimento alle competenze informatiche e digitali e a specifiche competenze avanzate di carattere professionale.
Sia per quanto riguarda lo smart working sia per la formazione sarà valorizzato il ruolo della contrattazione integrativa.
Saranno infine implementati gli istituti di welfare contrattuale, anche con riferimento al sostegno alla genitorialità e all’estensione al pubblico impiego delle agevolazioni fiscali già riconosciute al settore privato per la previdenza complementare e i sistemi di premialità.
Il Governo emanerà in tempi brevi gli atti di indirizzo all’Aran per il riavvio della stagione contrattuale: i rinnovi interessano 3,2 milioni di dipendenti pubblici per un aumento medio di circa 107 euro.
Il patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale “inaugura una nuova stagione di relazioni sindacali e il negoziato che si apre per il rinnovo contrattuale avverrà in questo contesto – ha puntualizzato Brunetta – Venerdì convocherò tutte le confederazioni sindacali rappresentative del pubblico impiego con l’obiettivo di avviare il negoziato in tempi brevi”. Brunetta ha sottolineato che questo “è per noi il migliore segno di ripartenza. Un buon contratto è un investimento nella fiducia reciproca, nella stabilità e nel carattere innovativo delle relazioni di lavoro”.
Le reazioni dei sindacati
“Si apre una fase molto importante e significativa – evidenzia il leader della Cgil Maurizio Landini – Benissimo la notizia che il ministro ci anticipava, ossia che dopo questo Patto, parte già da venerdì un confronto che, nel merito coinvolge direttamente tutti i sindacati di categoria per entrare nel merito degli impegni qui indicati”. Secondo Landini è molto significativo “investire sulla formazione, valorizzare la contrattazione. È una grande giornata: questo metodo di confronto per noi è importante perché non dovrà affrontare solo il tema del lavoro pubblico”.
Per Luigi Sbarra, neo segretario della Cisl, si tratta di un “ traguardo strategico tagliato insieme, in modo veloce, condiviso, efficace. Ringrazio il ministro Brunetta che ci ha creduto, ha negoziato questo Patto in maniera intensa e ringrazio il presidente Draghi e il governo per averlo permesso, aprendo un dialogo costruttivo con il sindacato”.
“Abbiamo apprezzato la scelta del presidente Draghi e del ministro Brunetta nel metodo, nelle scelte che identificano la coesione sociale come un obiettivo da raggiungere e mantenere. Soprattutto in un momento drammatico come questo che stiamo vivendo – ha detto il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri – La PA uno degli asset strategici, motore di sviluppo e innovazione. Abbiamo accettato con piacere un nuovo percorso di relazioni sindacali, il rinnovo dei contratti e l’ingresso di nuovi lavoratori” perche’ cosi’ si fa “un Paese migliore”.
Il precedente di Ciampi
Il 23 luglio del 1993 l’allora presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi e il ministro del Lavoro, Gino Giugni, siglarono il “Protocollo per la politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo”, un accordo storico con i sindacati e le associazioni imprenditoriali che pose fine ad anni di conflitti sancendo il criterio della concertazione delle parti sociali e definendo il modello della contrattazione a due livelli, nazionale e integrativo. Quell’insieme di norme avviò la stagione della politica dei redditi, stabilendo la coerenza dei comportamenti contrattuali con il rispetto dei diritti collettivi e degli obiettivi macroeconomici di riduzione rapida del debito e dell’inflazione, in linea con i parametri del Trattato di Maastricht. L’accordo, rispettato con lealtà, consentì all’economia di tornare a crescere e spianò la strada, molti anni dopo, all’ingresso dell’Italia nell’Euro.
Oggi come nel 1993, in un momento ancora più difficile per la comunità nazionale, ritorna l’obiettivo di fissare un orizzonte comune al quale tendere attraverso il dialogo e la progettazione unitaria. In questa cornice, con l’opportunità straordinaria del Next Generation Eu da cogliere, le donne e gli uomini della Pubblica Amministrazione assumono il ruolo di chiave di volta per la ripartenza. Sono stati la spina dorsale del Paese, assicurando i servizi essenziali durante la pandemia. Ora il Patto li riconosce come i pivot della ricostruzione in chiave digitale e sostenibile.