GDPR

Il Garante Privacy multa il Mise: nel mirino la nomina del Responsabile protezione dati

La sanzione da 75mila euro comminata per non aver scelto, entro il 28 maggio 2018, l’Rpd e per avere diffuso sul sito web istituzionale informazioni personali di oltre 5mila manager

Pubblicato il 11 Mar 2021

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Tegola del Garante Privacy sul Mise. L’Authority ha ha ordinato al ministero dello Sviluppo economico il pagamento di una sanzione di 75mila euro per non avere nominato il Responsabile della protezione dati (Rpd) entro il 28 maggio 2018 – data di piena applicazione del Gdpr – e avere diffuso sul sito web istituzionale informazioni personali di oltre 5mila manager.

Si tratta della prima multa comminata a una PA  per non avere designato il Rdp entro il termine stabilito ed avere provveduto alla nomina e alla comunicazione al Garante dei dati di contatto con notevole ritardo. Il Garante, fin dal maggio 2017, ha avviato una articolata attività informativa rivolta a tutti i ministeri, indicando proprio la nomina del Rpd tra le priorità da tenere in considerazione nel percorso di adeguamento al nuovo quadro giuridico del Regolamento.

La mancata nomina, è emersa nel corso di una istruttoria, aperta dall’Ufficio anche a seguito di alcune segnalazioni, con la quale è stata accertata la presenza sul sito del ministero di una pagina web con un elenco di manager nella quale erano visibili e liberamente scaricabili i dati personali di più di cinquemila professionisti: nominativo, codice fiscale, e-mail, curriculum vitae integrale con telefono cellulare e, in alcuni casi copia del documento di riconoscimento e della tessera sanitaria. All’elenco avrebbero dovuto attingere le piccole e medie imprese, destinatarie dei voucher previsti dalla legge di bilancio 2019, per l’acquisto di consulenze volte a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale.

Dal sito era inoltre possibile scaricare anche il decreto direttoriale con il quale l’elenco era stato approvato, contenente dati e informazioni di tutti i manager. Nel rilevare l’illiceità del trattamento, il Garante ha ritenuto che il decreto direttoriale richiamato dal Mise, contrariamente a quanto da esso sostenuto, non costituisce una adeguata base normativa per la diffusione dei dati online.

L’Autorità ha ritenuto, inoltre, che la pubblicazione integrale dei curricula, senza alcun filtro, rappresenta un trattamento di dati sproporzionato, non in linea con i principi del Gdpr. Per consentire l’incontro tra la domanda delle società e l’offerta di consulenza da parte dei manager sarebbe stato sufficiente utilizzare strumenti meno invasivi rispetto alla pubblicazione sul web dei dati e delle informazioni di tutti i manager, evitando così il rischio di esporli ad utilizzi non legittimi da parte di terzi (es.: furti d’identità, profilazione illecita, phishing, ecc.).

Secondo il Garante si sarebbero potute prevedere, ad esempio, forme di accesso selettivo ad aree riservate del sito istituzionale mediante l’attribuzione di credenziali di autenticazione (es. username o password), oppure ancora tramite gli strumenti previsti dal Cad, che permettessero la consultazione solo alle Pmi interessate.

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