Questa volta il teatro di guerra fra piattaforme online e editori si sposta negli Usa. Dopo il caso Australia (concluso con una vittoria degli editori), è l’America ad alzare la voce contro le big tech e a proporre una legge per ridurre le perdite delle testate giornalistiche. Ma sarà una guerra dura: Facebook e Google non ci stanno.
E’ di pochi giorni fa infatti la presentazione al Congresso del Journalism Competition and Preservation Act, una proposta di legge che consentirebbe alle testate giornalistiche di contrattare collettivamente con le piattaforme online i termini per l’utilizzo delle risorse derivanti dalla pubblicazione online.
Sul tavolo la pubblicità digitale
Secondo il Pew Research Center il 90% degli americani legge notizie utilizzando smartphone, computer o tablet: Facebook e Google rappresentano la maggior parte dei referral e raccolgono inoltre la fetta più grande del mercato pubblicitario online. Una “pubblicità digitale”, osservano i promotori della legge, che “ha contribuito a licenziamenti e ristrutturazioni nel settore, in particolare per i giornali locali”.
La mossa aumenta la pressione sulle aziende tecnologiche, che stanno affrontando anche negli Usa cause antitrust e minacce di una maggiore regolamentazione.
Google e Facebook rifiutano di commentare la proposta. Ma Google afferma di essere “uno dei maggiori sostenitori del giornalismo” grazie alle maggiori entrate pubblicitarie e ai diritti di licenza dei contenuti forniti ai media. Secondo i calcoli dell’azienda il suo motore di ricerca invia i lettori ai siti degli editori 24 miliardi di volte al mese.
Piattaforme online contrarie al disegno di legge
Si oppongono al disegno di legge anche due associazioni dell’industria tecnologica cui appartengono Facebook e Google: la Computer & Communications Industry Association e NetChoice.
“La copertura delle notizie è un bene pubblico, ma non pensiamo che il modo per finanziare quel bene pubblico sia fare cartello”, ha detto il presidente della Ccia.
Secondo NetChoice il disegno di legge dovrebbe “almeno essere limitato a giornali piccoli”, escludendo le grandi testate come il Washington Post o il New York Times.
Inoltre secondo alcuni analisti del settore la proposta potrebbe avvantaggiare in modo sproporzionato le società di private equity e gli hedge fund che hanno conquistato catene di giornali di medie e grandi dimensioni. Giornali come il Chicago Tribune e il Miami Herald sono controllati da grosse società (come Alden Global Capital e Chatham Asset Management).