Una PA più digitale, più partecipata, più trasparente sarà il pilastro della ripartenza post Covid. Non è un caso che il Piano nazionale di ripresa e resilienza dedichi un ampio capitolo all’innovazione della macchina burocratica con risorse, che ad oggi, superano i 13 miliardi. Risorse da destinare agli investimenti in infrastrutture – la realizzazione di un cloud nazionale è prioritaria – ma anche alla formazione delle persone, vera “killer app” della trasformazione. In questo scenario si inserisce l’edizione 2021 di Forum PA, che si è svolta 21 al 25 giugno.
Di quali azioni mettere in campo per dare sprint alla ripartenza del Paese ne discutiamo con Gianni Dominici, direttore generale di FPA (Gruppo Digital 360), che organizza la kermesse.
Dominici, se lo scorso anno Forum PA è stata palcoscenico dell’Italia che resisteva alla pandemia, sperimentando per la prima volta in maniera massiva nuove modalità di operare – penso allo smart working o alla Dad – quest’anno qual è stato l’obiettivo?
In un momento in cui si sta disegnando il Paese del futuro che, secondo le indicazioni Ue deve essere più green e più digitale, abbiamo funzionato come una piattaforma che abiliti l’innovazione, che metta insieme le intelligenze “creative” del Paese, quelle che hanno ci hanno permesso di resistere nei mesi più bui dell’emergenza sanitaria e che ora devono diventare protagoniste anche della ripartenza, della ripresa economica e sociale. Un luogo fisico e virtuale dove abbiamo sperimentato azioni e modelli di open innovation. Che dovrebbe essere anche la bussola del nuovo Pnrr.
E non lo è?
Il rischio che vedo è che la nuova stesura del Pnrr sia calata dall’alto, completamente autoreferenziale e non interessata ad ascoltare e a confrontarsi con quello che “dal basso” è stato prodotto in questi mesi. Rilevo una tendenza a puntare su grandi progetti, senza prima aver aperto un dialogo con territori e associazioni che invece hanno molto da dire sul tema del “new normal”. Credo che questo possa rappresentare una debolezza del governo che, invece, dovrebbe operare in ottica di social innovation.
Perché?
Il Pnrr funzionerà solo se dietro c’è un tema federatore ovvero un motivo che mette insieme tutte le competenze e le intelligenze verso un obiettivo comune che, appunto, è la creazione di un Paese più digitale, più sostenibile, più giusto. Va cercata una “reason why” per la quale marciare uniti, così come è accaduto durante il lockdown. Ma questo è possibile solo se il governo apre al dialogo con tutti i player in campo: enti locali, imprese, associazioni del terzo settore.
In questo contesto che ruolo può giocare la PA?
È oramai diffusa la consapevolezza che la ripresa debba necessariamente partire dalla PA. E anche le prime mosse del ministro Brunetta vanno in questa direzione. La pubblica amministrazione ha dimostrato una straordinaria capacità di resilienza ma anche di innovazione, in questi ultimi mesi. Ora, per mettere a regime e a valore quanto fatto finora, si deve puntare su quattro azioni chiave: recuperare la filosofia di open government perché il percorso di ripresa sia realmente condiviso; rilanciare sugli open data per mettere in atto politiche data driven che rispondano a bisogni di cittadini e imprese; puntare sulla sharing economy e sullo smart working. Si tratta di azioni che, in maniera diseguale e a macchia di leopardo, sono state praticate ma che ora bisogna trovare il modo di sistematizzare. Proprio per costruire quella PA flessibile, trasparente ed efficiente che ha in mente Brunetta.
E qui l’investimento sulle competenze è fondamentale. Non a caso il ministro ha subito dato il via a nuovi concorsi pubblici per reclutare skill all’avanguardia, ingegneri, data analyst. Che idea vi siete fatti su questo?
Come FPA evidenziamo da danni l’urgenza di sbloccare il turn over, anche per innovare le competenze del personale. Insieme al Forum Disuguaglianze e Diversità e a Movimenta abbiamo elaborato un vademecum per “assumere bene” nella PA.
Di cosa si tratta?
In sostanza si tratta di un rapporto che spiega come si può assumere velocemente non solo in emergenza ma anche nel new normal, senza rinunciare appunto al “fattore umano” ossia all’autonoma e responsabile discrezionalità di selezionatori qualificati, esercitata all’interno di un rapporto di conoscenza tra persone. La “guida” spiega come questi rinnovamento si possa realizzare con bandi veloci ed efficaci, facendo riferimento ad alcune best practice: dall’esperienza brillante della Città Metropolitana di Bologna e il suo Piano di Fabbisogno di Personale- chiedersi prima cosa sia necessario fare, poi chi dovrà farlo” – al bando Mef per 400 per funzionari o quello del Comune di Milano per 11 dirigenti. Amministrazioni che hanno saputo realizzare bandi veloci ed efficaci e che possono essere un modello perché oggi abbiamo bisogno di “copiare dai migliori”.
Tornando all’evento, quali sono state le novità di quest’anno?
Lo scorso anno abbiamo inaugurato un nuovo formato tutto digitale, che replicheremo anche nell’evento di quest’anno, inserendo però tante novità nella piattaforma di diretta, nelle modalità di interazione e anche nella location. Abbiamo scelto un nuovo set per ospitare i principali appuntamenti di scenario del Forum PA digitale. Il Salone delle Fontane a Roma, un gioiello dell’architettura razionalista, diventerà un moderno studio televisivo da cui trasmetteremo l’edizione 2021. Abbiamo rafforzato anche le media partnership perché la nostra vision venga comunicata capillarmente. Insieme alla diffusione dei contenuti nelle testate del gruppo Digital360, c’è stata l’alleanza con il Sole 24 Ore e, ancora, quelle con CityNews per coprire il Centro Nord e con DigiTrend per il Sud.
Avete avuto ospiti di caratura internazionale, da Joseph Stiglitz fino a Francesca Gino passando per Carlo Ratti, tanto per citarne alcuni…
Abbiamo scelto personalità “disruptive”, allineate alla nostra visione di un’innovazione aperta, creativa in grado di aprire il dibattito sulla necessità di immaginare un nuovo modello di sviluppo attraverso le competenze alte e la creatività. Talenti in qualche modo “ribelli” rispetto alla narrazione mainstream, quelli che servono oggi per far fare al Paese il salto nella modernità.