Biblioteche italiane in ritardo sulla digitalizzazione. La fotografia è scattata da censimento Istat sulle “Biblioteche pubbliche e private”, rivolto a più di 9.000 realtòà. Dai dato emerge che, se la quasi totalità delle biblioteche è organizzata per offrire un servizio di prestito locale (l’83,3%), sono poco più del 40% le strutture che riescono a garantire all’utenza prestiti e consultazioni di documenti tramite piattaforme o dispositivi digitali.
Al 31 dicembre 2019 solo il 30% delle biblioteche ha avviato un processo di digitalizzazione del proprio patrimonio librario. Del resto, la quota di biblioteche organizzate per fornire in remoto un servizio inter-bibliotecario di riproduzioni di documenti (il 32,5%) e il numero di transazioni totali effettivamente fornite in remoto in un anno (circa 350 mila) dimostrano una bassa propensione delle biblioteche a utilizzare reti e sistemi territoriali o nazionali per effettuare, sia come “richiedente” che come “prestante”, servizi a distanza. Gli “utenti attivi”, cioè gli iscritti alla biblioteca che hanno effettuato almeno una transazione in un anno, sono 7 milioni 788 mila, circa 1.200 per biblioteca.
L’impatto della pandemia
Le biblioteche hanno potenziato i servizi online per fronteggiare l’emergenza Covid-19. Nella seconda metà del 2020 quasi una biblioteca su tre (il 31,9%) si è vista costretta a sospendere completamente ogni attività. Il 68,1% delle biblioteche invece, ha messo a disposizione le proprie risorse e competenze per cercare di incrementare i servizi online rivolti all’utenza, e compensare la mancanza di servizi in presenza.
Più di un terzo delle biblioteche (il 35,9%) si è dedicato soprattutto al Digital reference e al Quick reference, rispondendo ai bisogni informativi dell’utente tramite chat, mail, telefono, oppure ha deciso di incrementare il prestito digitale, prevedendo la possibilità per il pubblico di accedere gratuitamente al materiale – quotidiani, riviste, e-book, audiolibri, film, musica, banche dati – già digitalizzato (il 30,1%). Non sono mancate le biblioteche (il 22,4%) che hanno convertito in modalità online le attività – gruppi di lettura, laboratori didattici, letture ad alta voce, ecc – prima effettuate in presenza. Il 6% delle biblioteche ha addirittura attivato corsi di Information Literacy per gli utenti, utilizzando tutorial sul web o altri strumenti per l’apprendimento a distanza.
Durante il periodo di lockdown il 43,3% delle biblioteche ha consentito al personale impiegato di svolgere la propria attività in modalità di “lavoro agile”, il 36,2% è ricorsa a ferie, congedi et similia per coprire il periodo di sospensione lavorativa del proprio organico. Il 16,9% delle biblioteche ha utilizzato la cassa integrazione ordinaria o in deroga soprattutto nei confronti del personale che svolgeva la propria attività presso la biblioteca anche se non alle dirette dipendenze (l’11,1% contro il 5,8% del personale interno) mentre il 14,7% ha impiegato lo strumento della turnazione degli orari di lavoro in particolare per gli addetti interni (12,1% contro 2,6% degli esterni).
Tra le biblioteche che, al momento del primo Dpcm dell’8 marzo 2020, avevano in essere contratti con società, cooperative, titolari di partita Iva per la co-gestione della struttura (il 78,6%), il 59,7% ha confermato gli accordi precedentemente firmati, il 18,1% li ha momentaneamente sospesi e solo una esigua minoranza (lo 0,8%) li ha cessati totalmente.
Dove investire nel futuro (prossimo)
Anche a seguito dell’esperienza di lockdown, i servizi digitali che le biblioteche ritengono più strategici e su cui pensano sia necessario investire, sono l’ampliamento dei servizi di prenotazione in modalità online (29,5%), l’incremento del numero dei prestiti digitali attraverso l’uso di piattaforme specialistiche (23,6%) e il potenziamento dei servizi che permettono all’utenza di ottenere informazioni o consulenze a distanza, tramite chat, mail, videochiamate, ecc. (20.8%). Meno numerose le biblioteche che considerano prioritarie la digitalizzazione dei materiali posseduti (19,7%) e la formazione per lo sviluppo delle competenze digitali del personale impiegato (17,1%).