Apple al centro delle polemiche. La Mela è nel mirino in Russia e nel Regno Unito per presunta violazione delle regole sulla concorrenza, mentre negli Usa un’indagine rivela che la novità prevista dal nuovo sistema operativo iOS, ovvero chiedere all’utente la possibilità di monitorare la sua attività a fini pubblicitari da parte delle app installate sul proprio iPhone, non piace. O almeno, piace solo a una persona su 10.
La multa da parte dell’antitrust di Mosca
In Russia Apple ha presentato ricorso contro la multa di 12 milioni di dollari dell’autorità antitrust per concorrenza sleale. Il Servizio Federale Antimonopoli russo (Fas) ha multato il mese scorso il gigante tecnologico della Silicon Valley per 906 milioni di rubli, accusandolo di abusare della sua posizione dominante nel mercato delle app: in precedenza aveva stabilito che Apple ha bloccato ingiustamente l’applicazione di controllo parentale Safe Kids della società russa di cybersicurezza Kaspersky, mentre contemporaneamente ha lanciato Screen Time, una funzione che offre un servizio simile. Le udienze iniziali sono previste per il 21 giugno.
Secondo il database del tribunale, Apple dovrà fornire prove a sostegno delle sue richieste, mentre la Fas dovrà fornire una dichiarazione scritta di difesa. Il Fas ha detto il 27 aprile che Apple ha peggiorato le condizioni per le app concorrenti dando ai propri prodotti un vantaggio competitivo. Apple ha detto nel 2019, quando il caso è stato lanciato per la prima volta, che aveva rimosso diverse app di controllo parentale perché minacciavano la privacy e la sicurezza degli utenti utilizzando una tecnologia “altamente invasiva”. Kaspersky, secondo quanto riferito dal Moscow Times, ha accusato la politica di Apple di ridurre la competitività degli sviluppatori di terze parti.
Azione legale collettiva in Gran Bretagna
Nel Regno Unito, invece, almeno 19,6 milioni di utenti potrebbero avere diritto a un ingente risarcimento da parte di Apple. Il colosso tecnologico è accusato di aver infranto la legge britannica sulla concorrenza e la richiesta di risarcimento potrebbe superare la cifra di 1,7 miliardi di euro per aver addebitato costi eccessivi agli utenti per l’acquisto delle app sul proprio portale App store. L’azienda sarebbe colpevole di escludere deliberatamente la concorrenza costringendo i possessori di prodotti Apple a utilizzare il proprio sistema di elaborazione dei pagamenti, generando così profitti eccessivi. Il reclamo, al quale potrebbero partecipare potenzialmente milioni di utenti Apple nel Regno Unito, è stato depositato presso il tribunale d’appello per la concorrenza.
In base all’azione legale, la politica di Apple di costringere gli sviluppatori a utilizzare i suoi sistemi di pagamento per gli acquisti attraverso app e di addebitare delle commissioni pari sino al 30 per cento su tali transazioni rappresenta una pratica iniqua. L’azione collettiva del Regno Unito è stata promossa dalla dottoressa Rachael Kent, esperta di economia digitale e docente al King’s College di Londra, che accusa l’azienda di aver assunto un comportamento monopolistico, poiché l’App Store rappresenta l’unico modo per scaricare app su iPhone o iPad.
Secondo la promotrice del ricorso, ogni possessore di un iPhone o di un iPad del Regno Unito che abbia effettuato qualsiasi acquisto tramite app nella versione britannica dell’App Store dal primo ottobre del 2015 potrebbe quindi avere diritto a un risarcimento per “pratiche anticoncorrenziali”.
Le altre azioni contro la Mela
Quella britannica non è la prima azione legale contro l’azienda di Palo Alto. Negli ultimi mesi sono state sollevate crescenti preoccupazioni in merito alle politiche dell’App Store. Ad aprile, la Commissione europea ha accusato Apple di aver abusato della propria posizione dominante nel mercato dello streaming musicale con le regole dell’App Store sui pagamenti tramite app, a seguito di una denuncia di Spotify. Anche negli Stati Uniti Apple è al centro di un caso giudiziario. Epic Games, sviluppatore del celebre videogioco Fortnite, ha accusato l’azienda di utilizzare l’App Store e le commissioni dal 15 per cento al 30 per cento sugli acquisti in-app come strumenti per soffocare la concorrenza. Apple non ha ancora commentato la nuova azione legale nel Regno Unito, ma in precedenza aveva difeso l’App Store definendolo “un motore di crescita economica”, che crea posti di lavoro e altre opportunità per gli sviluppatori.
E il tracciamento per la pubblicità non piace
E intanto, la Mela finisce nel mirino anche delle indagini di mercato. Pare infatti che solo 1 persona su 10 accetti di farsi tracciare a fini pubblicitari, come previsto dall’aggiornamento del sistema operativo iOS rilasciato ad aprile (secondo cui ora l’utente può dire no al monitoraggio della propria attività a fini pubblicitari da parte delle app installate sul proprio iPhone). Dai dati di Flurry Analytics, una società americana di analisi del flusso dei dati su dispositivi mobili, emerge che da quando è stato lanciato l’aggiornamento iOS 14.5 solo il 13% degli utenti ha dato il consenso al tracciamento da parte delle app. Percentuale che scende al 5% negli Stati Uniti. Il campione al momento non è molto rappresentativo, circa 2,5 milioni di utenti attivi al giorno, ma comunque mostra la tendenza crescente che la maggioranza degli utenti preferisce avere il controllo della privacy. Una preferenza che cambierà il business della pubblicità online. Tanto che, prima ancora del debutto della funzionalità di Apple, Facebook – che base la maggior parte dei suoi ricavi dalla pubblicità – l’ha criticata salvo poi cambiare idea, consigliando però agli utenti l’attivazione del tracciamento.