Accelerazione digitale per le 220mila Pmi italiane. Ma ancora non basta. Se è vero infatti che la pandemia sta spingendo le piccole e medie imprese verso l’e-commerce, l’adozione di soluzioni di gestione digitalizzata dei documenti e i servizi in Cloud, è anche vero però che la trasformazione digitale rimane limitata a specifici servizi e strumenti operativi. E il 42% delle Pmi dichiara di possedere competenze digitali basse.
Lo sottolineano gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano secondo cui a parità di settore, dimensione e area geografica, le Pmi più mature digitalmente mostrano una più elevata resilienza e migliori performance economiche.
Più resilienza nelle Pmi digitalmente mature
“Nella sua drammaticità, la pandemia ha costretto le Pmi a riflettere sulla loro visione di futuro, portandole sempre più ad abbracciare il digitale come strumento di sviluppo – spiega infatti Andrea Rangone, Responsabile Scientifico degli Osservatori Digital Innovation -. Sul campione analizzato, le Pmi più mature digitalmente mostrano una più elevata resilienza e produttività: risultano avere in media prestazioni economiche migliori rispetto alle altre in termini di utile netto (+28%), margine di profitto (+18%), valore aggiunto (+11%), ed Ebitda (+11%), oltre ad avere riscontrato minori rallentamenti operativi quando si è verificata l’emergenza da Covid-19”.
Il digitale ha rappresentato un’ancora di salvezza per molte imprese, rendendo più evidenti ritardi e opportunità già presenti prima dell’avvento del Covid-19, e spingendo forzatamente le Pmi verso le tecnologie digitali. E a livello di Sistema Paese, l’attenzione politica verso la digitalizzazione delle Pmi è alta, come dimostrato dal contenuto del Pnrr presentato in Commissione Europea qualche settimana fa.
Dal Covid spinta alla digitalizzazione
Nell’ultimo anno la crisi ha rappresentato per le Pmi una spinta obbligata verso quegli strumenti digitali che aiutassero da un lato a portare avanti l’operatività aziendale e, dall’altro, a sostenere i fatturati in forte contrazione. Questo quanto emerge dai risultati della survey realizzata in collaborazione con Capterra e presentati in occasione del convegno “Obiettivo innovazione digitale: il Next Gen EU per trasformare le PMI italiane” della prima edizione dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle Pmi.
Le Pmi che fanno e-commerce, storicamente in ritardo rispetto alle grandi imprese e alle controparti europee, sono cresciute di oltre il 50% rispetto al periodo pre-Covid: tale aumento è imputabile prevalentemente ad una maggiore presenza su piattaforme di terze parti, cui le Pmi si sono rivolte per riuscire a raggiungere nuove fette di clienti durante i periodi di chiusura forzata dei canali fisici. Per 4 Pmi su 10, infatti, l’e-commerce sarà una priorità di investimento per il 2021.
Le soluzioni digitali adottate in pandemia
Il ricorso al lavoro da remoto, le pratiche di rotazione dei turni dei dipendenti e le esigenze di distanziamento sociale hanno portato ad un incremento di adozione di soluzioni digitali per lo scambio di dati e informazioni aziendali. Da un lato 9 Pmi su 10 gestiscono in maniera elettronica almeno una parte dei propri documenti aziendali, quali documenti di trasporto o conferme d’ordine. Dall’altro, si è registrato un forte aumento dei servizi in Cloud, fruiti dal 69% delle Pmi, dovuto principalmente ad un maggiore utilizzo dei servizi software di base, e in minor parte a investimenti infrastrutturali in Cloud.
Ma il know-how è il grande assente
“Al netto di questi segnali incoraggianti, però, la trasformazione digitale delle PMI rimane limitata a specifici servizi e strumenti operativi, faticando a decollare verso una revisione strategica dei processi: i dati evidenziano infatti una situazione ancora critica sia dal punto di vista culturale e di competenze, sia da quello tecnologico – dice Giorgia Sali, Direttrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano -. Solo il 21% delle Pmi ritiene di essere molto avanti o a buon punto del percorso di trasformazione digitale; un ulteriore 36% afferma di stare puntando maggiormente sul digitale anche in risposta alla crisi da Covid-19. Rimane di contro una buona parte di imprese (43%) che continua a mostrare delle resistenze legate ai costi troppo alti (15%) e all’idea che il digitale sia marginale per il proprio settore di attività (27%)”.
A mancare è in primo luogo il know-how: il 42% delle Pmi dichiara di possedere competenze digitali basse (17%) o distribuite in maniera non omogenea tra il personale aziendale (25%), che rendono difficile l’implementazione e l’utilizzo diffuso di nuove tecnologie.
Gap culturale delle Pmi: il ruolo del NextGenEU
L’accessibilità dei dati e delle informazioni al di fuori degli edifici aziendali, raggiunta completamente da solo il 3% delle Pmi, rimane ancora un obiettivo lontano da conseguire. Nella maggior parte dei casi, infatti, l’accesso è consentito esclusivamente (18%) o prevalentemente (53%) presso la sede.
In termini di piattaforme, solo il 36% delle Pmi è dotato di un Erp aziendale che integri le viste derivanti dai diversi processi, con un preoccupante 33% che invece non conosce la tecnologia o non ne prevede l’introduzione.
Se è vero poi che si rileva un crescente interesse verso la sicurezza informatica e l’analisi dei dati, non è diffuso un approccio consapevole a questi temi: ad esempio, solo il 37% delle Pmi utilizza soluzioni avanzate di security e solo il 12% ha svolto progettualità che sfruttano i big data.
Per una Pmi, intraprendere un percorso di trasformazione digitale non significa soltanto adottare tecnologie e soluzioni lungo i processi aziendali, ma anche lavorare sulla cultura digitale, strategica e operativa. E su questo i risultati di ricerca evidenziano ancora un gap culturale: costruendo un indice di maturità a partire da queste due dimensioni e segmentando il campione sulla base di questo, emerge che solo il 9% delle realtà possiede un approccio “avanzato” rispetto al digitale, ossia cerca di anticipare il cambiamento con una visione strategica del percorso di innovazione. Per stimolare la digitalizzazione delle Pmi il NextGenEU può giocare un ruolo importante.
“Sono senza dubbio positivi gli investimenti previsti dal Pnrr per la digitalizzazione delle Pmi, come ad esempio il potenziamento della banda larga e della connettività e il miglioramento dell’accesso al credito per le imprese. È ancora più cruciale, però, investire sulle competenze, sia specialistiche sia manageriali – conclude Sali -. Inoltre, migliorare la conoscenza delle misure da parte degli imprenditori, declinare i piani (come il ‘Transizione 4.0’) in un’ottica pluriennale, lavorare sulla chiarezza dei testi di legge e sulla semplificazione delle procedure sono iniziative fondamentali da implementare, per consentire un utilizzo sempre più intensivo delle tecnologie ed una revisione strategica dei processi aziendali in chiave digitale”.