Le aziende sono sempre più disposte a pagare per ottenere commenti positivi sui social media: lo rivela una recente indagine di Gartner, società internazionale di ricerche sulle nuove tecnologie, secondo la quale entro il 2014 le “recensioni” pagate direttamente dall’impresa per farsi bella sulle reti sociali rappresenteranno il 10-15% di tutte le valutazioni espresse.
“Con oltre la metà di tutta la popolazione di Internet impegnata sui social network – spiega Jenny Sussin, ricercatrice della Gartner – le organizzazioni stanno lottando per cercare nuovi modi di creare piattaforme di follower più ampie, riuscire a generare un maggior numero di connessioni video, raccogliere valutazioni migliori dei propri concorrenti e ottenere più “likes” sulla propria pagina Facebook. Di conseguenza – prosegue – molti uomini del marketing hanno cominciato a retribuire gli autori di commenti favorevoli in contanti oppure con coupon o promozioni”.
La pratica, però, è considerata illegale negli Usa. Nel 2009 la Federal Trade Commission (Ftc), organismo indipendente impegnato nella tutela del consumatore e contro i monopoli, ha stabilito che retribuire qualcuno per avere in cambio giudizi positivi senza esplicitare la modalità e la natura dell’avvenuta transazione può essere considerata pubblicità ingannevole ed è quindi perseguibile per legge. Perciò il centro di ricerche stima che, nei prossimi due anni, almeno due delle “Fortune 500 brands” (le prime 500 imprese statunitensi secondo la lista compilata dalla rivista “Forbes”) finiranno in tribunale a causa delle recensioni “false. Ma, sottolinea ancora Gartner, le aziende che si comportano male, oltre a dover fronteggiare eventuali sanzioni e cause, rischiano di perdere credibilità e quindi, nel lungo periodo, profitti.
D’altra parte, mentre la Ftc sta cominciando a sanzionare questa pratica, i “reputation manager” di alcune compagnie stanno adottando un approccio completamente diverso alla questione: invece di mettere in rete giudizi buoni ma comprati, si stanno attivando per identificare le recensioni false e diffamanti (ci sono anche quelle) e chiedere la rimozione dei post o dei siti coinvolti, minacciando azioni legali. Secondo gli analisti di Gartner, dunque, è destinato ad emergere un mercato di specialisti in “reputation defense” (difesa della reputazione) contro quello già esistente di “reputation creation” (creazione della reputazione).