Non sfonda la digital tax italiana: per il 2020 il gettito dell’imposta sui servizi digitali per ammonta a 233 milioni di euro a fronte del 780 attesi.
A dare i numeri il ministro dell’Economia, Daniele Franco, nel corso del question time alla Camera. “Il termine per il pagamento della prima rata per l’imponibile anno 2020 è stato prorogato al 17 maggio 2021, fissando al 30 giungo il termine per invio della dichiarazione annuale – ha spiegato Franco – A oggi sono stati ripartiti versamenti effettuati con modello F24 fino al 17 maggio per un importo di 98 milioni da parte di 49 soggetti, 40 società di capitali e 9 soggetti non residenti, e sono stati rilevati alla Rgs bonifici effettuati direttamente in Tesoreria per un importo di 135 milioni, complessivamente quindi risulta un gettito dell’imposta sui servizi digitali per il 2020 ammonta a 233 milioni”.
Cos’è e come funziona la digital tax italiana
Si tratta di un’imposta pari al 3% dei ricavi derivanti da determinati servizi digitali realizzati da imprese di rilevanti dimensioni. In particolare, l’imposta è dovuta da imprese, anche non residenti, con ricavi globali pari ad almeno 750 milioni di euro, a condizione che abbiano conseguito almeno 5,5 milioni di euro di ricavi derivanti da determinati servizi digitali realizzati in Italia. Il versamento dell’imposta avverrà a partire dal 2021 in relazione ai servizi digitali prestati nel 2020.
Il modello per comunicare i dati
Il 25 gennaio l’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile, nella sezione “Modelli” del proprio sito-web, la modulistica e le istruzioni per trasmettere le informazioni sull’imposta sui servizi digitali.
Il modello deve essere presentato direttamente dai soggetti abilitati a Entratel o Fisconline, ovvero tramite i soggetti incaricati.
Con la stessa dichiarazione è anche possibile chiedere il rimborso, nel caso in cui l’imposta sia stata pagata in eccesso, oppure riportare l’eventuale credito all’anno successivo.
I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate ha fornito dei chiarimenti in merito al perimetro di applicazione dell’imposta sui servizi digitali (Isd): la Circolare n. 3/E fornisce dettagli interpretativi attesi dagli operatori per l’applicazione dell’Isd. La circolare fa seguito al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 15 gennaio scorso e tiene conto dei numerosi contributi inviati dagli operatori in esito alla consultazione pubblica conclusasi in data 31 dicembre 2020.
- Ambito di applicazione – La circolare fornisce indicazioni per l’individuazione della platea dei soggetti interessati dall’imposta, rendendo chiarimenti in merito all’applicazione delle soglie dimensionali, della nozione di impresa e della definizione di gruppo. È, inoltre, approfondito l’ambito di applicazione oggettivo, con particolare riferimento al contenuto di ciascuno dei servizi digitali assoggettati ad imposta (veicolazione di pubblicità mirata, messa a disposizione di interfacce digitali che mettono in contatto gli utenti favorendone l’interazione o facilitando la fornitura diretta di beni o servizi, trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale). Per facilitare la corretta individuazione dei servizi inclusi e di quelli esclusi, vengono rappresentate una serie di fattispecie esemplificative.
- Criteri di geolocalizzazione e base imponibile – Coerentemente con l’obiettivo che ha ispirato l’introduzione dell’imposta, ossia quello di tassare i ricavi derivanti dalla monetizzazione dei contributi forniti dagli utenti che si trovano nel territorio dello Stato, la circolare affronta il tema della geolocalizzazione per determinare la proporzione di ricavi imponibili in Italia. La circolare inoltre illustra le modalità di determinazione della base imponibile e di eliminazione di eventuali fenomeni di imposizione “a cascata” che potrebbero generarsi in relazione modelli di business che coinvolgono più soggetti passivi d’imposta nell’erogazione di un unico servizio imponibile.
- Oneri strumentali e solidarietà – La circolare tratta degli obblighi di identificazione, di versamento, di dichiarazione, e delle modalità di fruizione di eventuali rimborsi. Viene, inoltre, approfondito il ricorso all’istituto della designazione che consente di delegare ad una consociata l’adempimento degli oneri strumentali. In tale contesto, è esaminato il rapporto tra la responsabilità solidale della società designata e la solidarietà passiva gravante sulle consociate residenti in Italia.
- Contabilità e sanzioni – L’obbligo di un’apposita contabilità previsto dalla legge di bilancio 2019 viene assolto con la tenuta del Prospetto analitico e della Nota esplicativa, redatti secondo l’Allegato 1 al Provvedimento del 15 gennaio, entro il termine di versamento dell’imposta. Considerate le potenziali difficoltà ele obiettive condizioni di incertezza riscontrabili in sede di prima applicazione degli obblighi contabili, per il primo anno d’imposta, eventuali irregolarità o errori commessi in sede di trasmissione e compilazione dei dati richiesti non danno luogo all’applicazione delle sanzioni, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, dello Statuto dei diritti del contribuente.
Le trattative Usa-Ue
La proposta americana di fissare “almeno al 15%” l’aliquota minima sui profitti delle multinazionali potrebbe essere una base di partenza per riaprire le trattative in merito a una tassazione globale delle big tech. Come spiegato dal ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire, “la questione chiave non è la cifra ma avere un accordo politico il prima possibile, vale a dire durante la riunione del G20 a Venezia in Italia all’inizio di luglio“
La proposta di un’imposta societaria minima globale di almeno il 15% è stata avanzata dal governo Biden nel corso di una riunione dell’Ocse: un’aliquota notevolmente inferiore al minimo proposto dalla Ue del 21%.
“Il Tesoro – si legge in una nota del dipartimento Usa – ha sottolineato che il 15% è una soglia minima”. Mentre Francia e Germania hanno finora sostenuto l’aliquota al 21%, altri paesi hanno spinto per un tasso più basso. Le precedenti discussioni dell’Ocse sul dossier si erano concentrate sul 12,5%, lo stesso tasso applicato dall’Irlanda.
La svolta sulla tassa unica globale arriva dunque anche grazie all’impegno degli Stati Uniti, che sotto l’amministrazione Trump avevano bloccato di fatto la trattativa internazionale sulla riforma del fisco e, in particolare, sulla digital tax. Il segretario al Tesoro Janet Yellen ha ribadito che l’America sostiene la tassa minima globale come sistema equo per far partecipare le multinazionali alla creazione di valore per i singoli Stati e evitare la concorrenza sleale tra imprese sottoposte a regimi fiscali disomogenei.
Il pressing dell’amministrazione Biden per risolvere la questione della digital tax e della tassazione minima globale si è confermato con l’invio da parte della Casa Bianca all’Ocse di una proposta di nuovo modello di tassazione che prevede che le multinazionali paghino le imposte in ogni Stato in cui sono presenti in base alle vendite. Il piano inviato ai 135 Paesi che stanno negoziando sulla tassazione, visionato dal Financial Times, include i grandi gruppi tecnologici statunitensi, a prescindere dalla loro presenza fisica nei singoli Stati. L’obiettivo, scrive il Financial Times, è quello di fermare la diffusione delle digital tax nazionali e impedire che le multinazionali continuino a evitare di pagare le imposte spostando le proprie sedi nei paradisi fiscali.