Telecom Italia, lo scorporo della rete è assai di più che un’ipotesi astratta. È una prospettiva molto concreta su cui il top management dell’operatore telefonico sta lavorando con molto impegno. “Stiamo guardando con grande attenzione e serietà alla possibilità di fare un passo che nessun altro incumbent al mondo ha fatto sinora”, ha spiegato oggi il presidente esecutivo Franco Bernabè presentando a Torino i piani e le tecnologie di sviluppo del broadband nei prossimi anni in Italia.
Non cambiano i “paletti” già emersi nelle scorse settimane per portare avanti l’operazione (ottenere il controllo della maggioranza del capitale della nuova società della rete e una valorizzazione adeguata dell’infrastruttura conferita alla newco). Sta però cambiando, drasticamente, il quadro regolatorio su cui Telecom Italia dovrebbe potere operare in futuro. Ed è proprio questo a rendere interessante un’operazione che soltanto qualche mese fa appariva come una penalizzazione per Telecom Italia.
A smuovere le acque è stata ad inizio estate la commissaria europea all’Agenda digitale Neelie Kroes quando ha avviato la procedura per la messa a punto di un framework regolatorio del tutto diverso dall’attuale. Tre i pilastri su cui si baserà la nuova normativa: riconoscimento del risk investment nelle nuove reti piuttosto che tariffe orientate ai soli costi come oggi; prezzi del rame non più penalizzanti ed in calo per i possessori della rete tradizionale (garantendo così il cash flow per gli investimenti nelle Ngan); stabilità regolatoria fino al 2020.
La giravolta della Kroes non deve stupire: gli obiettivi dell’Agenda digitale europea sono molto ambiziosi ma gli investimenti degli incumbent (indispensabili per movimentare le grandi somme necessarie per realizzare le nuove reti) si sono fatti vedere con molta lentezza. Col tipico pragmatismo olandese, Neelie Kroes ha deciso di cambiare strada puntando sull’equality of input, la parità delle condizioni di accesso per tutti gli operatori: Olo o incumbent che siano.
Le conseguenze per Telecom Italia sono evidenti: possibilità di rendere economicamente convenienti gli investimenti nelle nuove reti (innanzitutto accelerando il deployment del Fiber to the cabinet integrato dall’Ftth nelle aree di mercato più interessanti); valorizzazione della rete in rame che, come mostra l’evoluzione tecnologica di questi anni è tutt’altro che afflitta da osteoporosi. Piuttosto, sta mostrando sette vite come i gatti anche per la continua evoluzione tecnologica: dall’attuale vectoring (promette 100 Mbit/s in downsream) che accompagnerà lo sviluppo immediato dell’FTTcab al futuribile G.Fast (1 Gbit/s), tutti basati sull’accesso in rame.
Telecom Italia è già partita (entro il prossimo anno cablerà un centinaio di città in ultrabroadband: il ritmo attuale è di 5.000 nuovi utenti al giorno collegati in FTTcab) ma si trova le mani legate proprio da obblighi regolatori troppo stringenti. Un esempio: ad inizio aprile TI ha presentato all’Agcom la propria proposta di offerta wholesale per le Ngan. Sono passati molti mesi, ma manca ancora la risposta per potere presentare l’offerta commerciale al mercato e chissà quando arriverà.
“Subiamo vincoli troppo rigidi nell’impostare le nostre campagne commerciali – spiega Franco Bernabè – se vogliamo fare un’offerta retail dobbiamo prima pesentare all’Agcom un’offerta wholesale dedicata agli altri operatori; quindi dobbiamo aspettare che Agcom faccia le sue valutazioni e soltanto dopo possiamo partire. Spesso passano mesi, col risultato di togliere mordente alle nostre campagne”. “Troppi vincoli, troppe incertezze regolatorie non ci consentono di essere veloci, reattivi, performanti”, aggiunge il presidente operativo di Telecom Italia.
Se si facesse una società della rete separata, che garantisce a tutti le stesse condizioni di accesso, Telecom Italia avrebbe le mani commerciali decisamente più libere. E se il prezzo da pagare fosse lo scorporo della rete, senza ovviamente perderne il controllo, Bernabè appare disponibile a pagarlo ben volentieri. Ovviamente, prima di muoversi vuole certezze. La nuova direttiva Ue dovrebbe arrivare ad inizio del prossimo anno, mentre in Italia l’Agcom dovrebbe avviare una nuova analisi di mercato. Ci vorrà del tempo. Franco Bernabè lo sa ma è pronto ad accelerare le decisioni, se ci saranno le condizioni: “Abbiamo una profonda disponibilità ad approfondire tutti gli aspetti positivi e negativi – osserva –. Non vogliamo attendere che tutte le regole siano definite, ma ovviamente vogliamo avere ragionevoli certezze sull’evoluzione e sulla stabilità del quadro regolatorio. Entro fine anno decideremo se andare avanti o meno. La nostra, comunque, non sarà una scelta finanziaria ma industriale, da cui tutto il Paese potrà avere vantaggi”.
Nel viaggio verso lo scorporo della rete, se mai si farà, Telecom Italia non intende ballare da sola. “Il dialogo con la Cassa Depositi e Prestiti è sempre aperto, ma vi sono anche molti fondi internazionali che potrebbero essere interessati ad investire nella nuova società della rete”, spiega Bernabè.