In Australia gli editori locali si preparano ad aprire formalmente il negoziato collettivo con Google e Facebook per cercare un accordo sulla commissione che le piattaforme digitali dovranno pagare per pubblicare i loro contenuti.
L’associazione della stampa regionale australiana Cpa (Country Press Australia), che rappresenta 81 editori per un totale di circa 160 testate cartacee locali, ha ricevuto dall’Australian Competition and consumer commission (Accc) la prima bozza del documento con le linee guida dell’Antitrust per la trattativa.
L’Antitrust argina “lo strapotere negoziale” delle Big tech
“Permettere agli editori di 160 giornali di condurre una contrattazione collettiva con Google e Facebook dovrebbe aiutare a risolvere parte dell’enorme squilibrio nel potere negoziale tra i colossi del digitale e queste testate locali”, ha affermato il presidente dell’Accc, Rod Sims.
Il negoziato collettivo degli editori australiani con Facebook e Google era stato autorizzato in modo temporaneo dall’Accc ad aprile. Il documento definitivo sarà probabilmente una concessione della durata di dieci anni.
L’autorizzazione dell’Antitrust serve anche a permettere agli editori di trattare fra di loro e scambiarsi informazioni sui negoziati. Senza questo permesso, fa sapere l’autorità, gli accordi collettivi rischierebbero di violare le norme sulla concorrenza perché le piattaforme digitali non sono ancora previste dalla legge australiana sulla contrattazione collettiva nel mercato dei media.
La guerra delle news dall’Australia agli Usa
Il governo australiano ha chiesto l’anno scorso all’Antitrust di stilare un codice di condotta obbligatorio per le piattaforme social e i big del tech. L’obiettivo è regolare i rapporti di questo settore con l’editoria in modo tale che le grandi piattaforme come Facebook e Google paghino per i contenuti che pubblicano. A inizio anno, il governo australiano ha approvato una legge che ha reso obbligatorio per i colossi tecnologici americani pagare gli editori per i contenuti proprietari pubblicati sulle piattaforme online.
Anche negli Stati Uniti patria delle Big tech si cerca un compromesso tra le innovazioni del mondo digitale e i diritti degli editori e degli autori di notizie: a marzo è stato presentato al Congresso il Journalism Competition and Preservation Act, una proposta di legge che consentirebbe alle testate giornalistiche di contrattare collettivamente con le piattaforme online i termini per l’utilizzo delle risorse derivanti dalla pubblicazione online.
Secondo il Pew Research Center il 90% degli americani legge notizie utilizzando smartphone, computer o tablet: Facebook e Google rappresentano la maggior parte dei referral e raccolgono inoltre la fetta più grande del mercato pubblicitario online. Una “pubblicità digitale”, osservano i promotori della legge, che “ha contribuito a licenziamenti e ristrutturazioni nel settore, in particolare per i giornali locali”.