“L’archiviazione da parte di Agcom dell’istruttoria avviata ai sensi della norma cosiddetta ‘salva Mediaset’ nei confronti di Vivendi – e separatamente di Sky, istruttoria ugualmente archiviata – dimostra che non vi era nulla da cui Mediaset dovesse essere salvata. Semmai è la tutela del pluralismo quale presidio irrinunciabile dello Stato democratico a dover tornare centrale nel dibattito pubblico e istituzionale, come garantito dalla nostra Costituzione”. Lo dice Elisa Giomi (M5S), Commissaria dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e docente di Sociologia dei Media, che ha espresso voto contrario sia all’avvio che all’archiviazione dei procedimenti.
Gli obiettivi dell’istruttoria
L’istruttoria su Vivendi era stata avviata il 15 dicembre 2020 per verificare eventuali violazioni del pluralismo ad opera della media company francese alla luce delle sue partecipazioni azionarie in Telecom Italia e in Mediaset, ai sensi della norma transitoria adottata dal governo (Decreto-Legge 7 ottobre 2020, n. 125, articolo 4bis) per sopperire al vuoto normativo generato dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 3 settembre 2020, la quale ha imposto la disapplicazione dell’art. 43, comma 11 del Tusmar, il Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (erede della “Legge Gasparri”).
La Corte ha infatti dichiarato che l’articolo 43, comma 11 del Tusmar (“Posizioni dominanti nel Sistema Integrato delle Comunicazioni”) non è conforme alle norme europee né è idoneo a conseguire l’obiettivo che persegue: fissa soglie di mercato, basate sui ricavi, che non sono sufficienti a determinare se e in quale misura un’impresa sia effettivamente in grado di influire sul contenuto dei media e pertanto di generare rischi per il pluralismo informativo.
Nuovi strumenti per l’era digitale
“Nel metodo – spiega la Commissaria Giomi – non si vede in che modo i 6 criteri utilizzati nell’istruttoria per verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni lesive del pluralismo possano superare i rilievi della Corte di Giustizia dell’Unione europea, dato che rispondono a quella stessa impostazione, meramente economica, alla base dell’art. 43 comma 11 del Tusmar che la Corte ha censurato – sottolineando che – nel merito, poi, le conclusioni dell’istruttoria poggiano su circostanze prospettate come puramente ipotetiche, ad esempio, il rischio di coordinamento di strategie concorrenziali tra le società che deriverebbe dalle partecipazioni di Vivendi in Telecom Italia e Mediaset. E se di pure ipotesi si tratta, difficilmente esse possono generare effetti anti-competitivi e quindi, nella logica dell’istruttoria, lesioni del pluralismo. Viceversa, se dovessero risultare fondate su informazioni e fatti circostanziati, sussisterebbe il dovere per Agcom di informarne Agcm”.
“La Legge di Delegazione europea 2021 prevede inoltre che venga adottato un nuovo testo unico idoneo a costituire un nuovo strumento, adeguato all’era digitale. Quale momento più propizio per il Legislatore per recepire le indicazioni della Corte di Giustizia europea sulla nozione di pluralismo informativo, privilegiando quei media, generi e formati che più influiscono nella rappresentazione della realtà e nella formazione dell’opinione pubblica?” ha infine concluso Giomi.