LA STRATEGIA

Cloud, ecco in anteprima le nuove regole Ue

Domani il commissario Ue per l’Agenda digitale, Neelie Kroes, presenterà la versione finale del documento visionato oggi dal Corriere delle Comunicazioni. Sul versante copyright via ogni riferimento alle licenze. Riflettori puntati su standard comuni. All’Etsi il ruolo di coordinamento

Pubblicato il 25 Set 2012

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Dopo una gestazione alquanto travagliata la strategia europea sul cloud computing è finalmente pronta ai blocchi di partenza. Domattina la Commissione dovrebbe alzare il velo sulla bozza finale del documento. Un punto d’onore per il titolare all’Agenda Digitale Neelie Kroes, che non ha mai fatto mistero di annoverare l’iniziativa tra le priorità strategiche del suo ultimo scorcio di mandato. A buon diritto probabilmente. Le stime che accompagnano il testo sono di per sé molto eloquenti: lo sviluppo della nuvola digitale, scrive l’Esecutivo europeo, potrebbe avere un “impatto cumulativo sul PIL europeo di 957 miliardi di euro con 3.8 milioni di posti di lavoro in più di qui al 2020”.

Nel giugno scorso, il Corriere delle Comunicazioni aveva passato allo scandaglio in anteprima assoluta le principali novità del pacchetto, dandone per prossima la pubblicazione. Poi, come spesso accade a Bruxelles, qualcosa è andato storto. Nella fattispecie, il pilastro della strategia inteso a semplificare la gestione e la concessione di licenze multiterritoriali su opere musicali per l’uso online è finito sotto il fuoco incrociato delle major discografiche e dei servizi della stessa Commissione responsabili per il mercato interno. Entrambi paventavano il rischio che la misura potesse ostacolare i prelievi di copyright.

Morale della favola: dal testo rivisto e corretto – che il Corriere delle Comunicazioni ha potuto visionare – che Neelie Kroes si appresta a licenziare alla stampa è stato bandito ogni riferimento alla questione delle licenze. Come nella prima bozza, le linee direttrici a cui la Commissione si affida restano comunque tre: dare una netta sforbiciata alla “giungla” di standard differenti; “condizioni e termini contrattuali più certi e sicuri”; “il lancio di una partnership sul cloud per spingere innovazione e crescita sul fronte delle PA”.

La prima misura punta a promuovere una maggiore integrazione dei differenti servizi cloud agevolando la messa a punto di criteri tecnici comuni. Contro la tentazione di molti fornitori di “intrappolare” gli utenti in tecnologie non compatibili con altre piattaforme della nuvola, l’esecutivo europeo propone un meccanismo d’incentivi per accrescere la trasparenza “nell’interoperabilità, nello scambio e nella sicurezza dei dati”. Di fianco, viene proposto un sistema più affidabile e indipendente di certificazione. Tutte iniziative il cui coordinamento sarà affidato all’Etsi, l’Istituto Europeo per gli Standard nelle Telecomunicazioni.

Una criticità messa in rilievo nel documento risiede nei rapporti tra i fornitori e gli acquirenti dei servizi cloud, spesso e volentieri tarati su condizioni obsolete. La Commissione, al riguardo, si prefigge di discutere assieme alle parti interessate la definizione di modelli standard di contratti commerciali che riflettano l’intrinseca flessibilità delle funzionalità della nuvola e assicurino inoltre più certezza nel trattamento dei dati personali.

Infine, il terzo provvedimento chiave chiama direttamente in causa il settore pubblico, in quanto ha “un ruolo importante da giocare nel modellare il mercato del cloud”. Ed inoltre “essendo il principale acquirente di servizi IT in Europa”, deve poter sviluppare condizioni più stringenti su una lunga serie di aspetti tecnici, che vanno dall’interoperabilità al trasporto dei dati. In questo senso, l’esecutivo europeo si prepara a creare una Partnership europea sul cloud che dovrebbe portare “esperti dell’industria e attori delle PA a lavorare insieme” per promuovere l’erogazioni di servizi di cloud proprio da parte delle amministrazioni.

In coda al documento, la Commissione tocca anche i nodi della cooperazione internazionale (specialmente con stati all’avanguardia quali Giappone e Stati Uniti) e delle eventuali misure di stimolo che sarebbe pronta a schierare mobilitando i programmi di finanziamento comunitari legati allo sviluppo delle infrastrutture e alla ricerca, come ad esempio Horizon 2020.

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