È rottura tra Almaviva Contact e sindacati sull’applicazione della cassa integrazione straordinaria ai 632 lavoratori del sito di via Lamaro a Roma. Nessun accordo è stato trovato ieri tra i delegati dell’azienda attiva nel settore dei servizi informatici e dei call center e le rappresentanze sindacali riuniti alla Regione Lazio, perciò la procedura per la cigs è stata avviata.
Durante la riunione l’azienda aveva avanzato una proposta alternativa che prevedeva “permanenza delle principali commesse sulla sede di via Lamaro, rinnovo del contratto di affitto di un anno e opzione per ulteriori due anni, cassa integrazione straordinaria per 12 mesi a rotazione al 50% e percorsi di formazione da effettuare nel periodo di cigs”.
Inoltre il gruppo di proprietà della famiglia Tripi imponeva una serie di verifiche sugli standard lavorativi tra cui l’ “utilizzo dei dati qualitativi e di presenze (…) in modo da evidenziare i casi anomali”, la “rilevazione dei dati di produttività e di efficienza a livello di gruppo di lavoro e individuale”, la “verifica formale a livello trimestrale con i sindacati dell’andamento dei dati qualitativi, produttivi ed economico-finanziari del sito”. Infine si impegnava, “qualora dopo 9 mesi fosse stato ritrovato un equilibrio economico-finanziario”, a “interrompere a scadenza la cassa integrazione straordinaria e a indirizzare sul sito di via Lamaro tutti i volumi atti a saturare il lavoro del personale”.
La proposta, però, non è stata accettata. “Il gruppo ha tentato la mossa della cassa integrazione a rotazione, introducendo parametri di qualità – dice Michele Azzola, segretario nazionale della Slc Cgil – ma l’offerta è stata rifiutata perché legata al controllo a distanza. È una posizione inaccettabile chiudere un sito come quello di via Lamaro – prosegue – che tra l’altro evoca scenari storici: da lì sono partite le lotte sindacali dei call center, quando i lavoratori erano costretti addirittura a pagare per avere una propria postazione”. Azzola annuncia future iniziative di mobilitazione, che saranno definite nel corso delle prossime giornate.
A detta della stessa azienda il sito romano perde 4,5 milioni di euro l’anno. Nel comunicato diffuso al termine della riunione di ieri, il gruppo ha ribadito di aver mandato i lavoratori in cigs perché “le commesse non ripagano neanche i costi diretti del lavoro di via Lamaro”, insistendo sulla “bassa produttività, bassa qualità e assenteismo” degli operatori di questa sede.
Almaviva continua a respingere al mittente come “strumentali” le accuse di voler spostare commesse al Sud per ottenere incentivi pubblici e ricorda di essere “l’unica realtà italiana che a livello di statuto si è imposta il divieto di delocalizzare e ha conseguentemente interrotto ogni attività in lingua italiana fuori dal territorio nazionale”. In ogni caso Almaviva Contact continua a dirsi pronta a rinunciare a qualunque contributo o agevolazione che dovesse derivare dal trasferimento delle commesse presso altri siti produttivi.