Virginia “Ginni” M. Rometty è la nuova presidente di Ibm. Da trent’anni all’interno dell’azienda, tra le maggiori al mondo nel settore informatico, la 55enne dirigente era già stata nominata dal primo gennaio amministratore delegato del gruppo ma dal primo ottobre occuperà anche la presidenza, sostituendo Sam Palmisano.
Laureata in informatica e ingegneria elettronica, e recentemente inclusa dalla rivista Fortune tra le 10 donne in carriera più influenti del mondo, Ginni è considerata dagli addetti ai lavori “esperta nelle operazioni e nelle vendite”, “con una mentalità internazionale” e in grado di “espandere le relazioni con le altre aziende”.
Veterana dell’azienda, Rometty attirò l’attenzione di Palmisano nel 2002 quando contribuì all’operazione da 3,9 miliardi di dollari per l’acquisizione di PwC Consulting, l’affare più importante nella storia dell’Ibm.
Palmisano la promosse vicepresidente senior nel 2005 e, nei suoi primi due anni di attività, la dirigente contribuì all’aumento dei profitti del 42%.
Dal primo ottobre il suo mentore Palmisano, 61 anni, diventerà un consulente senior di Ibm, per poi andare in pensione il primo dicembre.
La nomina di Gimetty, prima donna Ceo di Ibm, ha suscitato vari commenti, quasi tutti positivi. Tuttavia secondo alcuni, come Charles Elson, docente all’Università del Delaware, la scelta di affidare a una stessa persona il ruolo di Ceo e di presidente non è delle più felici. “Una buona pratica della governance – ha osservato il professore – è dividere i ruoli perché così è più facile per il consiglio di amministrazione opporsi al Ceo se fa qualcosa di sbagliato”.
Alla notizia della nomina di Gimetty le azioni Ibm hanno perso meno dell’1% alla Borsa di New York.
Negli ultimi anni il gruppo ha mantenuto una crescita costante nei profitti grazie al taglio delle spese e alle vendite di software. Proprio dal software Ibm conta di ricavare metà dei suoi guadagni entro il 2015, puntando sempre di meno su hardware e servizi.