«È una vera emergenza!». Non usa toni di circostanza Nicola Borrelli, direttore generale per il cinema del Mibac, nel suo intervento al convegno “Dal 35mm al digitale. L’ora dello switch off” tenutosi durante il Festival del cinema di Venezia. L’occasione è data dalla presentazione di Media Salles dei dati aggiornati sullo stato dell’arte in Italia e in Europa del passaggio al cinema digitale da parte delle sale. I dati, aggiornati a gennaio 2012, presentano una situazione italiana molto preoccupante. Su un totale di 3.814 schermi quelli non digitalizzati sono ancora 2.292 (pari al 60% del totale), mentre il tasso di digitalizzazione dei multiplex e multisale (con più di 5 schermi) raggiunge il 63%, 1.000 schermi digitalizzati su un totale di 1.586.
A destare allarme è la situazione delle sale tradizionali. Solo il 23% degli schermi è digitalizzato, 522 su un totale di 2.228. A questi numeri va aggiunta la stima di circa 300 schermi digitalizzati nel primo semestre 2012, di cui 250 attribuibili a multiplex e multisale, che alzerebbe l’asticella degli schermi digitalizzati al 47% del totale. Anche con un dato corretto da questa stima, l’Italia si pone comunque sotto la media europea di digitalizzazione delle sale.
I dati europei, questi aggiornati al 30 giugno 2012, presentano un tasso di digitalizzazione degli schermi del 60,5% (21.789 su un totale di circa 36.000 schermi) con un aumento nel primo semestre del 17% rispetto al 2011. Ma a fare le differenza sono i 6 principali mercati europei, di cui l’Italia fa parte insieme a Francia, Uk, Germania, Spagna e Russia. Quando la Gran Bretagna, oggi all’86%, e la Francia a oltre l’80% di schermi digitali concluderanno lo switch off, prevedibilmente entro fine anno, la domanda di pellicola subirà un crollo e i distributori offriranno una quantità limitata di contenuti in 35 mm. Se a ciò si aggiunge la già annunciata scelta delle major di non distribuire più copie in pellicola dal gennaio 2013 e la recente notizia che anche la Fujifilm (terzo produttore al mondo per quota di mercato) non produrrà più la pellicola dalla prossima primavera, ecco che si capisce l’allarme lanciato a Venezia.
Ma come affrontare questa “emergenza”? Il direttore del Mibac ha ricordato che vi sono a disposizione 42 milioni di euro in Tax credit, ora spendibili grazie alle modifiche apportate lo scorso giugno con il decreto crescita. Un credito di imposta del 30% sui costi affrontati dall’esercente per digitalizzare la sala, ora cedibile a terzi. Potrebbero essere le grandi case produttrici di proiettori digitali ad offrire all’esercente un “pacchetto chiavi in mano” utilizzando loro il beneficio del credito di imposta, dando un aiuto ai piccoli esercenti che per scarsa dimensione aziendale non potrebbero beneficiarne.
Negli ultimi mesi si è registrato anche un positivo attivismo da parte delle Regioni. Sono già 8 le Regioni “virtuose” che hanno attivato bandi economici per sostenere gli esercenti ad affrontare i costi per la modernizzazione delle sale utilizzando fondi strutturali europei.
Un buon segnale, ma non risolutivo dato che le risorse economiche finora attivate sono ben al di sotto del fabbisogno necessario per scongiurare la chiusura delle sale. Purtroppo con la ripresa della stagione dopo la pausa estiva in diverse città si sta assistendo alla non riapertura di sale storiche.
Solo a Roma sono quattro i cinema che non hanno ripreso le attività. Mentre gli esercenti con il presidente dell’Anec, Lionello Cerri, invoca un intervento “alla francese”, dove il Governo ha investito 120 milioni in 2 anni per sostenere la digitalizzazione delle sale, è l’Anica a mettere sul tavolo veneziano una richiesta forte al Governo. Egidio Viggiani, della giunta Anica, sull’esempio dell’esperienza dello switch off della tv digitale, chiede al Governo di istituire in tempi rapidi una Cabina di Regia con l’intera filiera del settore e la partecipazione delle Regioni. Con un ruolo di guida che spetta al ministero dei beni culturali, ma con il coinvolgimento attivo del ministero per la Coesione Territoriale, del ministro Fabrizio Barca, che detiene la “cassaforte” dei fondi europei, indispensabili per affrontare l’emergenza delle sale cinematografiche italiane.