È un Sud Italia che non ti aspetti quello che emerge dalla fotografia scattata nel “Panorama economico di mezz’estate del Mezzogiorno” pubblicato da Srm, Centro Studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo (QUI IL DOCUMENTO). Il Mezzogiorno è l’area con il più elevato tasso di imprenditorialità giovanile (10%, in Italia 8,4%), vanta la più alta diffusione delle discipline Stem (scelte dal 25,3% dei giovani contro il 24,6% medio nazionale), conta oltre 15.000 imprese innovative, il 17% del dato nazionale, in crescita di circa il 52% a fronte del 34% della media nazionale. E su un campione di 300 imprese manifatturiere del Sud intervistate da Srm, il 34% dichiara di aver effettuato investimenti nell’ultimo triennio con forte propensione (circa il 50% degli investimenti) all’innovazione ed alla sostenibilità.
“I dati dimostrano che esiste un Mezzogiorno che nonostante tutto riesce ad essere competitivo. La fase di ripresa economica a livello nazionale – con il supporto delle risorse del Pnrr e delle riforme necessarie a modernizzare il Paese – può essere la vera occasione per consentire un recupero almeno parziale dello storico gap con il resto di Italia e permettere al Mezzogiorno di contribuire alla ripartenza dell’intero Paese”, commenta Paolo Scudieri, Presidente di Srm.
La strada però è ancora in salita perché il quadro che emerge dal report è a doppia faccia: i dati positivi fanno il paio con alcune cattive notizie. Nei processi innovativi, le regioni meridionali si collocano nella fascia medio-bassa del gruppo dei “Moderate” del Regional Innovation Scoreboard europeo, anche se si intravedono alcuni segnali positivi come la diffusione di Pmi innovative (418, +77% nell’ultimo biennio, Italia +73%) e startup innovative (3.378, +33,5% nell’ultimo biennio, Italia +30,9%). C’è, inoltre, un divario nel livello di digitalizzazione: nel 2020, l’87% delle imprese meridionali con almeno 10 addetti si colloca a un livello “basso” o “molto basso” d’adozione dell’Ict, contro l’82% del dato nazionale. Anche in questo caso si evidenziano alcuni segnali di reazione alle difficoltà emerse negli ultimi tempi a causa della pandemia, come ad esempio la rilevante crescita della quota di imprese che forniscono sui propri siti web informazioni sui prodotti offerti (dal 28,2% nel 2019 al 47,7% nel 2020).
Non mancano, inoltre, elementi che possono favorire lo sviluppo di un ecosistema innovativo adeguato come l’accentuata voglia d’impresa (Sud, prima area del paese per numero di iscrizioni di nuove imprese), la presenza di 6 dei 24 poli tecnologici nazionali, importanti iniziative di collegamento tra il mondo accademico e l’economia reale.
“Il percorso futuro di crescita è legato a doppio filo alla capacità del Paese e del Mezzogiorno di utilizzare al meglio le risorse disponibili del Pnrr che assegna al Sud circa 82 miliardi di euro e che dovranno essere spesi in modo efficiente ed efficace. Gli obiettivi di spesa dovranno guardare agli scenari competitivi ed alle sfide che interessano il Mediterraneo (in particolare la sponda sud) e l’Europa”, si legge nel report. Formazione, Sostenibilità, Innovazione, Digitalizzazione ed Economia Sociale sono i quattro pilastri evidenziati da Srm.
Il Ministero per il Sud e la Coesione territoriale stima una crescita del Pil meridionale, nel quinquennio 2021-2026, del 24% circa rispetto al valore assoluto del 2020. Diretta conseguenza dell’applicazione completa delle misure del Piano sarebbe – stima il centro studi -, un maggior peso del Pil meridionale su quello nazionale, riducendo di fatto il gap oggi esistente tra le due macroaree del Paese. Nello specifico, qualora le misure del Piano siano pienamente applicate, la rappresentatività del Mezzogiorno potrebbe passare dall’attuale 22,7% ad oltre il 24% nel 2026.