Nuovo ciclo di audizioni in Canada per l’esame, davanti alla Corte suprema della Colombia britannica, della possibile estradizione verso gli Stati Uniti di Meng Wanzhou. La figlia del fondatore e presidente di Huawei Ren Zhengfei era stata arrestata nel dicembre 2018 su mandato degli Stati Uniti, che vorrebbero processarla per frode bancaria e cospirazione per i presunti rapporti commerciali della sua azienda, attraverso una controllata, con l’Iran Iran. Se trasferita negli Stati Uniti per il processo e riconosciuta colpevole, potrebbe subire una condanna di oltre 30 anni di carcere. Oggi Meng Wanzhou vive in libertà vigilata in Canada, ed è tenuta costantemente sotto controllo tramite un braccialetto elettronico.
L’ultima tornata di udienze nel caso dell’ex manager finanziaria di Huawei dovrebbe concludersi il 20 agosto, ma una decisione non è prevista prima di diverse settimane. La procedura di estradizione, secondo la legge canadese, in caso di appello potrebbe anzi durare ancora svariati anni.
I dubbi del giudice della Corte Suprema
E l’ipotesi è tutt’altro che peregrina: secondo il quotidiano canadese “The Globe and Mail“, che cita come fonte Robert Frater, avvocato della procura generale, il giudice Heather Holmes della Corte suprema della Columbia Britannica, che deve decidere sul processo di estradizione, sostiene di non comprendere le accuse mosse dagli Usa. “Ho avuto grandi difficoltà a capire (…) Quello che non comprendo è se il semplice fatto di trattare col governo in Iran sarebbe da ritenere come una violazione delle sanzioni”, avrebbe detto Holmes a Frater, chiedendo di esaminare dei documenti definiti Report on compliance. D’altra parte Frater ha osservato che si può dedurre che alcuni rapporti fossero legali, poiché Wanzhou “ammette che stanno facendo affari in Iran. Ammette che lavorano con Skycom. Non ha senso fare questa ammissione se tutte le attività in Iran sono vietate”.
L’escalation giudiziaria tra Canada e Cina
I rapporti tra Canada e Cina, intanto, si sono ulteriormente complicati questa settimana per le vicende giudiziarie di due cittadini canadesi condannati da tribunali cinesi. Il 10 agosto l’Alta corte popolare di Liaoning ha reso noto di aver respinto l’appello di Robert Schellenberg, giudicato colpevole di contrabbando di oltre 222 chilogrammi di metanfetamine dalla Cina verso l’Australia e condannato alla pena di morte. Il giorno seguente il tribunale di Dandong ha condannato a 11 anni di carcere Michael Spavor, dichiarato colpevole di spionaggio. I due erano finiti in manette subito dopo l’arresto di Meng Wanzhou. Il governo di Ottawa ha protestato per le “detenzioni arbitrarie” e il mancato rispetto degli “standard minimi richiesti dal diritto internazionale”, proteste a cui si sono uniti anche altri Paesi. Inoltre, un ex diplomatico canadese, Michael Kovrig, è in carcere in Cina, secondo Ottawa “detenuto arbitrariamente”.
La Cina d’altra parte ha duramente criticato il governo canadese, respingendo le proteste di Justin Trudeau seguite alla condanna di Spavor, definita dal premier di Ottawa “assolutamente inaccettabile e ingiusta”. Trudeau ha tra l’altro parlato di “mancanza di trasparenza nel processo legale” e ha definito il procedimento “privo dei benché minimi standard richiesti dal diritto internazionale”. Il ministero degli Esteri cinese e l’ambasciata in Canada hanno replicato, dicendo che queste accuse “hanno gravemente interferito nella sovranità giudiziaria della Cina”.