Pomigliano, ma anche Sevel e Melfi: i sindacati lanciano l’allarme sulla tenuta dell’industria dell’automotive e in particolare sul “caso Stellantis”. Il quid è la difficoltà nell’approvvigionamento dei chip, componenti sempre più essenziali per i veicoli – in allarme anche General Motors, Toyota e Volkswagen – che a catena sta avendo ripercussioni a livello mondiale in tutta la filiera e che nel mettere in difficoltà la produzione potrebbe sortire impatti importanti sul fronte dell’occupazione.
“È stato comunicato in queste ore che, oltre agli stabilimenti come Pomigliano che sarebbero dovuti ripartire ma sono rimasti chiusi, la crisi di approvvigionamento di componenti elettronici ora colpirà altri stabilimenti a partire dalla Sevel (in Abruzzo ndr.). Ma è evidente che anche gli effetti di questa mancanza di forniture potrà colpire le lavoratrici e i lavoratori di tutti gli altri impianti di assemblaggio come Melfi. A questo si aggiungono le incertezze sul polo torinese a partire da Maserati. La crisi di componenti elettronici rischia anche di scatenare un effetto a catena su tutta la componentistica”, hanno evidenziato in una nota congiunta lo scorso venerdì Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive, e Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil.
Crisi occupazionale alla Sevel in Abruzzo
Secondo i sindacati si tratta di “un’emergenza annunciata su cui l’assenza di politiche industriali scarica sui metalmeccanici gli effetti già negativi pagati per la mancanza di innovazione e investimenti”. Una mancanza di visione che “oltre alla confusione sulle crisi industriali come Gkn, Gianetti Ruote e Timken c’è il rischio occupazionale che riguarda sia lavoratori a tempo indeterminato che precari come i 700 della Sevel su cui chiediamo la stabilizzazione”. Urgente la “riapertura del tavolo con Stellantis per programmare il futuro e non procedere stabilimento per stabilimento. La tensione nel settore automotive cresce in assenza di ricerca di soluzioni sia da parte del Governo che dell’associazione delle imprese che prende parola più che per difendere il tessuto industriale per coprire chi per pura speculazione chiude interi impianti. È ora di un confronto serrato, vero che generi un provvedimento straordinario con risorse aggiuntive e specifiche per innovare e garantire l’occupazione e il salario e impedire le delocalizzazioni”.
Riguardo specificamente allo stabilimento della Sevel in Abruzzo i sindacati annunciano che sono in pericolo 705 posti di lavoro e anche il futuro stesso dello stabilimento. “Non è mai successo nella storia di Fca e Fiat che i livelli occupazionali del personale interno fosse così bassi e il numero dei lavoratori somministrati fosse invece così elevato e per un periodo così lungo”, sottolinea il Segretario nazionale Fim Cisl Ferdinando Uliano evidenziando che si è conclusa con un nulla di fatto la seconda riunione tra direzione, le segreterie provinciali e Rsa, volta ad evitare il conflitto. “Alcuni dati per comprendere l’assurdità di questa situazione: nel 2016 si sono prodotti 290.000 furgoni e i lavoratori Sevel a tempo indeterminato erano 6059; nel 2021 l’obiettivo è oltre 300.000 veicoli e i lavoratori Sevel sono 5670 e i somministrati sono attualmente 705 (625 somministrati in staff leasing e 80 a tempo determinato)”. “Sappiamo che a livello mondiale il gruppo Stellantis decide le assegnazioni dei microchips nei vari plant, è fondamentale che la direzione chiarisca se c’è stata una riduzione complessiva o se questa ha riguardato in misura maggiore gli stabilimenti italiani”.
Toyota, a settembre talio della produzione del 40%
La casa automobilistica giapponese Toyota Motor Corp. ha annunciato che la sua produzione globale è aumentata dell’11,9% nel mese di luglio ma il ritmo di aumento è stato rallentato tra la pandemia Covid-19 e la carenza globale di semiconduttori. La principale casa automobilistica giapponese si aspetta un taglio della produzione a causa delle crescenti difficoltà nell’assicurare i componenti: la produzione globale nel mese di settembre dovrebbe essere tagliata del 40%, o circa 360.000 unità, rispetto al piano originale.
Tmsc aumenta fino al 20% i prezzi dei microchip
Intanto il più grande produttore al mondo di microchip Tsmc alza i prezzi fino al 20%, misura che con tutta probabilità sortirà rincari in vista sui prodotti finali. L’azienda ha annunciato che alzerà i prezzi fino al 10% per i componenti più avanzati e fino al 20% per quelli meno avanzati utilizzati dalle case automobilistiche.
“A nostro avviso la notizia, se confermata, avrà l’effetto di un aumento dei prezzi a cascata da parte dei clienti di Tsmc che includono la maggioranza delle aziende di semiconduttori a livello globale oltre ad alcuni importanti produttori come ad esempio Apple”, evidenziano gli analisti di Equita. “Riteniamo inoltre che la maggioranza delle aziende americane avranno un limitata crescita del fatturato nel 2022 visto che la produzione è esternalizzata. Per tale motivo pensiamo che tali società riusciranno ad aumentare i prezzi ma non i margini mentre riteniamo che Infineon e Stm, che hanno un modello integrato con la produzione interna che supera il 70% dei volumi, in cui hanno continuamente investito anche durante la fase Covid, dovrebbero beneficiare di un maggiore aumento della top line con aumento di prezzi accompagnato da leva operativa e miglioramento dei margini”.
L’annuncio dei rincari da parte di Tmsc ha fatto intanto balzare in Borsa i titoli collegati, come quello di StMicroelectronics.