Allarme rosso nell’industria dei trasporti europea a causa della carenza di microchip. Dopo il “caso Stellantis” ora tocca a Scania, il colosso svedese dei camion – si proprietà di Traton, la divisione camion della tedesca Volkswagen – che ha deciso di sospendere per una settimana la produzione di veicoli in Svezia, Francia e Paesi Bassi. E un analoga misura potrebbe coinvolgere anche Argentina e Brasile.
“Il periodo è difficile e troppi fattori si muovono nella direzione sbagliata, per questo abbiamo deciso di abbassare il tasso di produzione per qualche giorno”, commenta Karin Hallstan, portavoce di Scania. Si tratta del primo stop da aprile 2020, quando le attività erano state fermate per oltre un mese a causa della prima ondata della pandemia. “Siamo riusciti a mantenere la macchina in funzione durante questa crisi, per un anno e mezzo. Speriamo di poter recuperare lavorando il più possibile, ma è chiaro che non saremo in grado di recuperare tutto”, ha detto Hallstan, spiegando che la produzione di autobus proseguirà normalmente. L’azienda produce circa 100.000 camion e autobus all’anno, l’80% dei quali in Europa. Nel 2020 le vendite erano scese a circa 72.000.
Stellantis, i sindacati sul piede di guerra
Discutere del cronoprogramma che porterà all’avvio della produzione del nuovo modello Alfa Romeo Tonale, e per capire come la carenza di microchip stia impattando sulla produzione in Italia. Questa la richiesta dei sindacati Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Aqcfr a Stellantis. Le organizzazioni sindacali annunciano che in mancanza di riscontri proclameranno “una iniziativa di sciopero da definire nei prossimi giorni”.
L’annuncio arriva a seguito della sospensione della produzione della Panda nello stabilimento di Pomigliano d’Arco (Napoli), chiuso da inizio luglio a causa di mancanza di semiconduttori e poi rimasto fermo per le ferie estive. “Il problema dei semiconduttori – sottolinea Aniello Guarino, coordinatore del settore automotive per la Fim di Napoli – sta mettendo in ginocchio il sistema produttivo dell’automotive europeo ed Internazionale. Non riusciamo a comprendere perché le case automobilistiche non riescono a dotarsi di nuovi fornitori o addirittura a produrre in Europa i semiconduttori che mancano”. I rappresentanti sindacali, quindi, chiedono l’incontro con i vertici aziendali per discutere del cronoprogramma per la produzione del Tonale e per “arrivare ad una discussione che porti ad una forte riduzione dell’utilizzo della cassa integrazione che da diversi mesi pesa fortemente in maniera negativa sulle buste paga dei lavoratori del GB. Vico di Pomigliano e Nola”.
“Va aperto un confronto rapido, serrato con azienda e istituzioni, per avere rassicurazioni e garanzie per la produzione dello stabilimento Sevel e della Val di Sangro, che è il polo industriale che gira introno alla Sevel, perché fermo quello, fermo anche l’indotto. In prospettiva la situazione è preoccupante”, aggiunge Simone Marinelli, coordinatore nazionale Automotive Fiom-Cgil. Lo stabilimento Sevel, spiega Marinelli, “produce un prodotto di punta per Stellantis, c’è un rischio che ci preoccupa, che quello stabilimento possa essere ridimensionato per non rispondere più alla domanda di mercato, perché nel frattempo c’è questa apertura, pare come anticipazione, dello stabilimento in Polonia”. A partire dal fermo produttivo fino al 4 settembre, aggiunge il sindacalista, “c’è il rischio di ridimensionamento dello stabilimento, con la mancanza di garanzie occupazionali per i lavoratori”, e “siamo disponibili a trovare soluzioni” per i lavoratori precari: “noi chiediamo stabilizzazioni, ma c’è anche la possibilità di mandare in pensione chi può e c’è il contratto di espansione”. “Pesa una mancanza di politica industriale del governo, stiamo chiedendo di ripartire in fretta con i tavoli, per parlare di Stellantis, del piano industriale, della situazione della componentistica, la crisi dei semiconduttori: abbiamo bisogno di innovazione, garanzie occupazionali e impedire delocalizzazioni”.
Borsa, Stm ai massimi da 2002
Nuovo scatto a Piazza Affari per il titolo STMicroelectronics, tra i migliori a metà seduta con +1,14% a 37,72 euro, sui nuovi massimi dal 2002. A spingere gli acquisti è l’onda lunga del rumor riportato dal Wall Street Journal circa l’intenzione del colosso dei chip Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (Tsmc) di aumentare i prezzi fra il 10% ed il 20% fra la fine del 2021 e l’inizio del 2022. Se confermato, l’incremento avrà l’effetto di un aumento dei prezzi a cascata da parte dei clienti di Tsmc che includono la maggioranza delle aziende di semiconduttori a livello globale, come Infineon e STMicroelectronics. E ciò potrebbe tradursi anche in un aumento dei margini.