“Il Parlamento europeo è deluso dal fatto che la Commissione non abbia ancora presentato proposte legislative sulle le nuove fonti di risorse proprie per l’Ue”. Così il presidente della commissione bilancio del Parlamento europeo, Johan Van Overtveldt (Ecr), in reazione alla notizia che la Commissione Ue ha sospeso i lavori sulla nuova tassa digitale come nuova fonte di risorsa propria per il bilancio Ue. Commentando la decisione della Commissione ,il commissario Ue per il bilancio, Johannes Hahn, ha spiegato che una proposta sul tema arriverà solo “dopo la riunione del G20 di ottobre e indipendentemente dal fatto che ci sia o meno un accordo”.
In una nota gli eurodeputati della commissione bilancio hanno commentato che “la Commissione Ue così facendo viola l’accordo interistituzionale di dicembre 2020, che contiene una tabella di marcia giuridicamente vincolante verso l’introduzione di proposte per nuove risorse proprie Ue”.
La Commissione ha deciso di sospendere il progetto di una web tax europea per consentire al G20 e all’Ocse di completare entro ottobre il lavoro per raggiungere un accordo completo sulla tassazione globale, che comprenda anche una digital tax.
Ma second gli eurodeputati “senza nuove risorse proprie non ci saranno fondi sufficienti per rimborsare i prestiti per il piano di rilancio “NextGenerationEU” senza aumentare i contributi nazionali al bilancio Ue”, concludono .
In Francia boom di ricavi per la web tax
In Francia intanto sale il gettito di ricavi della web tax. Nel 2020 lo Stato ha incassato 375 milioni di euro a fronte dei 277 del 2019 con un aumento del 35%. I numeri li ha resi noti la Direzione generale delle Finanze pubbliche del ministero dell’Economia.
La tassa francese è del 3% sul fatturato sulle big tech con un volume di affari di almeno 750 milioni in tutto il mondo, di cui il 25% generato in Francia.
Il “balzello” dovrebbe decadere nel 2023 una volta entrato in vigore l’accordo Ocse sulla tassazione globale delle multinazionali.
Come funzionerà la global tax
La global tax è un pacchetto fondato su due pilastri. Il pilastro uno assicurerà una più equa distribuzione degli utili e dei diritti fiscali tra i Paesi per quel che riguarda la tassazione delle multinazionali, incluse le grandi aziende digitali. Ricollocherà parte dei diritti di tassare le multinazionali verso i Paesi dove queste imprese operano e generano profitti, indipendentemente dal fatto che abbiano una sede fisica. Il pilastro due cerca di rendere equa la concorrenza sulla tassa sul reddito aziendale introducendo un’aliquota minima globale.
Questa aliquota minima globale è del 15% si applica alle multinazionali con ricavi superiori a 750 milioni di euro. Se un’azienda paga le tasse in un Paese in cui la tassazione effettiva è inferiore al 15%, la percentuale che rimane per arrivare a questa soglia dovrà essere pagata nello Stato di residenza.
Il primo pilastro è quello che riguarda più da vicino le Big tech perché interessa le multinazionali con ricavi oltre i 20 miliardi di dollari e un margine operativo superiore al 10% del fatturato. Una porzione dei profitti di queste aziende, pari al 20-30% degli utili che eccedono il 10%, sarà tassato nei Paesi in cui quelle società realizza le vendite, al netto della sede nominale in qualunque paradiso fiscale. Scopo di questa misura è quello di redistribuire parte del gettito fiscale tra i vari Paesi in cui la multinazionale è opera. Le stime dell’Ocse parlano di 100 miliardi di dollari l’anno che verranno riallocati nei mercati dove le multinazionali operano.
Quanto pesa la tassa sulle Big tech
Questo secondo elemento, sottolineano i ricercatori dello European Network for Economic and Fiscal Policy Research, riguarda un numero molto più ristretto di multinazionali, 78. Il gettito stimato dall’istituto è di 87 miliardi di dollari complessivi. Quasi il 45% di questo totale (cioè 39 miliardi di dollari) sarà versato dalle Big tech americane: Amazon, Apple, Microsoft, Alphabet, Intel o Facebook da soli pagheranno circa 28 miliardi di dollari.