Smart working o rientro in ufficio? Una via di mezzo: quasi un italiano su 2 preferisce un modello ibrido (con un mix tra casa e ufficio) nel nuovo scenario lavorativo. Emerge dalla ricerca Linkedin Future of Work 2021, secondo cui i professionisti italiani hanno “accettato di buon grado il rientro in ufficio” si legge nel report, ma richiedono garanzie in termini di sicurezza, salute e rispetto delle regole. Sono i lavoratori più giovani a risultare maggiormente svantaggiati dallo smart working prolungato in termini di adattamento ai nuovi contesti e soft skill da assimilare.
Preferenze dei professionisti italiani
Dalla ricerca emerge che il 47% dei professionisti italiani che hanno partecipato al sondaggio preferiscono un modello ibrido tra il lavoro in ufficio e il lavoro da casa, il 30% preferirebbe invece lavorare a tempo pieno in ufficio, e quasi il 23% preferirebbe lavorare a tempo pieno da casa.
Andando ad analizzare i dati per genere, sia per donne che uomini, il modello di lavoro ibrido rimane il favorito, però il dato diventa particolarmente incisivo per le donne, le quali rispetto agli uomini (41,9%) hanno mostrato una maggiore preferenza per questo modello al 52,9%. In questo ambito, considerando le differenze per fascia d’età, risulta notevole che la categoria dei professionisti più giovani (fino a 24 anni) è l’unica fascia che preferisce lavorare in ufficio rispetto che lavorare in modalità ibrida.
Chi preferisce lo smart working
Per chi ha espresso la preferenza di lavorare da casa (full time o part time) la percentuale più alta (37%) dichiara di preferire il lavoro da remoto per mantenere un migliore equilibrio tra vita personale e lavoro, il 32% dichiara di voler evitare le difficoltà legate al pendolarismo e il 21% dichiara di essere più produttivo a casa rispetto che in ufficio.
Tra le persone che preferiscono lavorare in ufficio, il motivo principale, per il 44% degli intervistati, risulta essere il piacere di essere circondati da altre persone e colleghi durante l’orario lavorativo, mentre invece il 36% pensa di essere più produttivo lavorando in ufficio.
Il 33% trova che la possibilità di cambiare scenario (tra casa e ufficio) possa portare degli indubbi benefici, mentre quasi il 30% (28,5%) dichiara di essere più sedentario nel lavorare da casa, fattore che influisce sulla sanità fisica e mentale. Il 13% dichiara invece di spendere più soldi quando lavorano da casa e quindi di preferire il lavoro in ufficio. In particolare, dalla ricerca emerge che le donne sono molto attente al tema della sedentarietà, infatti il 32,44% dichiarano di essere più sedentarie nel lavoro da casa.
Chi preferisce il lavoro in ufficio
Ma non sono solo la routine e l’attività fisica a preoccupare i professionisti italiani rispetto alla prospettiva di lavorare da casa alla riapertura degli uffici. Infatti, il 38% degli intervistati ha il timore che i propri colleghi che hanno scelto di tornare in ufficio possano essere avvantaggiati dai superiori rispetto a chi lavora da remoto, il 31% pensa che la scelta di rimanere a casa possa influire negativamente sul proprio percorso professionale in generale, mentre tantissimi altri professionisti da remoto (il 34%) temono che la qualità delle interazioni con i propri colleghi in ufficio possa peggiorare nel tempo. Esiste anche una parte di lavoratori italiani, il 27,5%, che pensa che lavorando da casa si perderebbero il divertimento del lavoro in ufficio.
Inoltre, già a molti lavoratori è stato richiesto dalle aziende di poter tornare a lavorare in ufficio in maniera più o meno continuativa. Come hanno reagito gli italiani a questa richiesta? Quasi la metà degli intervistati (il 44,5%) ha accettato il regolamento impostato dalla propria azienda e sono tornati o ritorneranno nel posto di lavoro, mentre il 26% hanno chiesto al proprio datore di lavoro di rientrare al lavoro con un orario flessibile, così da poter lavorare part time anche da casa; mentre il 14,7% ha chiesto alla propria organizzazione di poter lavorare in un luogo nel quale potessero sentirsi più sicuri. C’è anche chi, il 12% circa dei partecipanti, sta cercando un nuovo lavoro dove si possa lavorare da remoto full time e l’11,66% stanno considerando di lasciare il lavoro attuale.
Le reazioni al ritorno in ufficio
Una percentuale residuale di persone, il 6,7%, che ha dichiarato di aver già lasciato il lavoro perché gli è stato chiesto di tornare in ufficio a tempo pieno, adducendo diverse motivazioni, tra le quali la possibilità di potersi prendere meglio cura dei propri figli (circa il 50% dei partecipanti) o dei parenti anziani (39%); il 42% ha affermato che il lavoro ibrido aiuta loro ad avere un miglior livello di sanità mentale, mentre il 40,6% dice che lavorare da casa, o in un modello ibrido, ha evitato i costi e i fastidi dati dal pendolarismo quotidiano.
Il certificato vaccinale
Un tema particolarmente delicato in questo periodo è legato alla possibile richiesta da parte dei datori di lavoro del certificato vaccinale ai propri dipendenti, prima del rientro effettivo in ufficio. Da questo punto di vista, la sensibilità da parte dei lavoratori italiani risulta abbastanza chiara, infatti per circa il 75% dei partecipanti alla ricerca è molto o abbastanza importante richiedere che tutti i dipendenti siano vaccinati per il ritorno in ufficio.
Inoltre, il 43% degli intervistati ha dichiarato che chiederanno ai propri colleghi con i quali interagiscono regolarmente se hanno ricevuto il vaccino, e il 33% lo chiederanno solo se si troveranno in una situazione in cui ritengono necessario saperlo. In linea generale, solo l’8% afferma che non farà questa richiesta perché non si sente a proprio agio nel farlo, e un altro 8% pensa che non sia una richiesta appropriata in una situazione di lavoro.
La nuova sfida per le aziende
Infine, la ricerca indaga sui più giovani che si sono trovati ad iniziare il proprio percorso lavorativo proprio nel periodo della pandemia e dei vari lockdown. A tal proposito, per il 70% degli intervistati cominciare la carriera durante la pandemia influenza i nuovi modelli di lavoro a distanza, e circa il 67% pensa che i membri del proprio team all’inizio della loro carriera abbiano perso l’opportunità, a causa della pandemia, di imparare alcune soft skill tipiche della vita di ufficio, come empatia e intelligenza emotiva.
“Dai dati della nostra ricerca emerge che gli italiani si dimostrano un popolo professionalmente molto flessibile – dice Marcello Albergoni, Country Manager di Linkedin Italia – e apprezzano sia le opportunità di confronto e arricchimento offerte dall’ufficio in azienda, così come la possibilità di avere un migliore worklife balance lavorando da casa. I prossimi mesi saranno fondamentali per assimilare al meglio le nuove regole e vivere in maniera produttiva e felice tutte le possibilità offerte da questo nuovo scenario, supportando il più possibile soprattutto i più giovani ad assimilare nuovi modelli e apprendere le skill fondamentali in ambito lavorativo”.
Più formazione per non perdere i talenti
“I dati parlano chiaro, metà dei lavoratori italiani vuole lavorare in modo ibrido, un quarto addirittura in full remote: qui sta la sfida per le aziende, la capacità di costruire davvero un modo di lavorare smart, superando i concetti di orario, timbratura, controllo e costruendo il lavoro per obiettivi – spiega Alessandro Rimassa, fondatore di Radical HR -. Non è facile, lo sappiamo bene: per riuscirci serve un enorme sforzo di formazione per i manager e per tutti i lavoratori. Investire in formazione è l’unica soluzione possibile, perché a rischio questa volta c’è la salute delle aziende: le imprese che non implementeranno un lavoro ibrido e un vero smart working perderanno i lavoratori – a partire dai più talentuosi – mettendo a rischio crescita e tenuta dell’azienda stessa. Permettere alle persone di superare il contrasto tra lavoro e vita privata e aiutare i lavoratori a sviluppare un vero Life Balance e Wellbeing entrerà, alla pari della retribuzione, tra le cose che permetteranno alle aziende di attrarre e trattenere persone di talento”,