Stop alle web tax “nazionali”. Gli Stati Uniti e cinque Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno raggiunto un accordo sulla base del quale di impegnano ad abolire le tasse sui servizi digitali e Washington ritira i dazi punitivi del 25% su alcune categorie di prodotti.
Nella pratica Italia, Francia, Spagna, Regno Unito e Austria bloccheranno le digital tax nazionali dal 2023, quando entrerà in vigore il nuovo regime su cui è stato raggiunto l’accordo in sede Ocse. C’è anche l’impegno a rifondere la parte di prelievo fiscale superiore a quanto le aziende hi-tech avrebbero pagato se l’intesa sulla global minimum tax fosse entrata in vigore prima.
“Questo compromesso rappresenta una soluzione pragmatica che aiuta a garantire che i Paesi citati possano concentrare i loro sforzi collettivi sulla riuscita attuazione dello storico accordo del Quadro Inclusivo OCSE/G20 su un nuovo regime fiscale multilaterale e consente la cessazione delle misure commerciali adottate in risposta alle imposte sui servizi digitali – si legge in una nota del ministero dell’Economia e delle Finanze – Nel complesso, questo accordo politico bilancia attentamente le prospettive di diversi paesi ed è un’ulteriore dimostrazione del nostro impegno a lavorare insieme per raggiungere un consenso e per realizzare riforme multilaterali di vasta portata che aiutino a sostenere le nostre economie nazionali e le finanze pubbliche”.
La tassa sui servizi digitali, precisa ancora la nota “è salvaguardata fino al 2023 e le entrate che garantisce potranno continuare a finanziare servizi pubblici indispensabili”.
L’Ufficio del rappresentante per il Commercio Usa, ha salutato con favore l’accordo, dichiarando poi che gli Stati Uniti continueranno a opporsi all’imposizione unilaterale di imposte sui servizi digitali da parte di altri partner commerciali.
La global tax
L’accordo sulla global tax, siglato al G7 dello scorso giugno, prevede che l’imposta riguarderà gli utili eccedenti una soglia del 10% sui margini di redditività (quindi la quota di utili al di sotto di questa soglia è esentata). Inoltre, sulla quota eccedente questa soglia “almeno il 20%” sarà oggetto di “ricerca di una equa soluzione di allocamento” con i Paesi in cui vengono realizzate le attività fatturate.
Si prevede dunque un meccanismo per imporre alle Big Tech di pagare dove registrano le vendite. Sul tutto è prevista una tassazione minima di “almeno il 15%” che verrà stabilita da ogni Paese.
Anche a livello numerico, la platea di gruppi che dovrebbero essere coinvolti da questo accordo ha un confinamento e dovrebbe toccare un centinaio di compagnie.
La tassa riguarderà gli utili eccedenti una soglia del 10% sui margini di redditività (quindi la quota di utili al di sotto di questa soglia è esentata). Inoltre, sulla quota eccedente questa soglia “almeno il 20%” sarà oggetto di “ricerca di una equa soluzione di allocamento” con i Paesi in cui vengono realizzate le attività fatturate.
Si prevede dunque un meccanismo per imporre alle Big Tech di pagare dove registrano le vendite. Sul tutto è prevista una tassazione minima di “almeno il 15%” che verrà stabilita da ogni Paese.