I videogiochi non sono soltanto entertainment, ma hanno e in prospettiva possono acquisire un valore sociale sempre più importante. A evidenziarlo è il primo rapporto “Il valore economico e sociale dei videogiochi in Italia”, realizzato da Censis in collaborazione con Iidea, l’Italian Interactive & Digital Entertainment Association, che rappresenta l’industria dei videogames in Italia. Tra i dati salienti del report c’è innanzitutto la fotografia del comparto su scala nazionale, che evidenzia per il 2020 un fatturato dalle vendite di videogames da 2,2 miliardi di euro, con un +21,9% rispetto al 2019. Guardando al futuro, lo studio prevede la possibile creazione di mille nuovi posti di lavoro qualificato per i giovani in cinque anni, che potrebbero arrivare come conseguenza degli investimenti che il Pnrr programmerà per il settore dei videogiochi. Quanto infine al valore sociale del comparto, dalle risposte degli intervistati si evince che, al di là del divertimento nel tempo libero, il gaming è utile per la divulgazione scientifica secondo il 59% del campione, ha una funzione terapeutica per alcune patologie (58%), è utile alla didattica nelle scuole (52%) e contribuisce allo sviluppo di nuove competenze (52%).
Il settore dei videogiochi in Italia
Oggi le imprese del comparto dei videogiochi in Italia sono complessivamente 160, e contano in tutto su 1.600 addetti, dei quali circa otto su dieci hanno un’età inferiore ai 36 anni, e su un fatturato da 90 milioni di euro. Se da una parte la ricerca evidenzia come quello dei videogiochi sia un campo in cui è alto il tesso di talento, creatività e innovazione, dall’altra emergono ancora grandi margini di sviluppo, che potrebbero ricevere un boost dalle politiche pubbliche. Così, secondo le previsioni del Censis, investendo nel gaming 45 milioni di euro in cinque anni – parliamo in questo caso a titolo di esempio della somma prevista dal Pnrr alla voce finanziamento delle piattaforme di servizi digitali per gli sviluppatori e le imprese culturali – il fatturato delle imprese italiane del settore salirebbe fino ad arrivare a 357 milioni di euro nel 2026, creando come dicevamo circa mille nuovi posti di lavoro. Secondo le stime l’intervento pubblico attiverebbe a sua volta 360 milioni di euro di investimenti privati, arrivando a generare 81 milioni di gettito fiscale aggiuntivo.
Il ruolo dei videogiochi nella ripresa e a supporto del Made in Italy
Dalla ricerca realizzata dal Censis emerge il fatto che gli italiani ripongono fiducia nelle prospettive del settore dei videogiochi: il 59,4% del campione confida nel fatto che possa generare molti nuovi posti di lavoro, nella maggior parte dei casi per i giovani. Il 57,9% degli intervistati inoltre è convinto che il talento e la creatività degli sviluppatori italiani renderanno il gaming un ambasciatore nel mondo del made in Italy, e il 54,2% (o il 58,9% se si considerano i soli laureati) crede che lo sviluppo del settore contribuisca alla ripresa economica nazionale.
L’entertainment…
Se anche la funzione dei videogiochi va al di là del semplice intrattenimento per il tempo libero, questo rimane prevalente per il 71,6% del campione, che diventa l’85,9% se si restringe il punto di vista soltanto ai giovani. Secondo il 68,2% degli intervistati (l’82,1% tra i giovani) sono coinvolgenti “perché sanno appassionare e trasmettono emozioni”, mentre il 60,8% li trova intuitivi e facili da utilizzare. Ma a questo si aggiungono altre caratteristiche che vanno al di là del gioco: il 52% (ma si tratterebbe del 70,9% dei giovani e del 58,6% dei laureati) si dice convinto che aiutino a sviluppare nuove abilità e soft skill, come quelle necessarie per risolvere rapidamente i problemi o prendere decisioni in maniera veloce. Per il 42,2% del campione, inoltre, il gaming favorisce la socializzazione, incoraggiando le attività di gruppo.
…e le altre funzioni dei videogiochi
Andando a indagare su quali siano le principali funzioni dei videogiochi se si esclude il semplice divertimento, dalla ricerca emerge che il 59,1% degli italiani pensa che dai videogame possa arrivare un importante contributo alla divulgazione scientifica e alla diffusione in modo semplice dei risultati di studi e ricerche. Il 57,9%, inoltre, sottolinea la funzione terapeutica che i videogiochi possono svolgere per alcune patologie specifiche, come il deficit dell’attenzione o l’iperattività, mentre il per il 56,5% del campione i giochi elettronici promuovono il turismo e la conoscenza dei luoghi in cui sono ambientati. Oltre a questi aspetti, il 51,6% degli intervistati considera i videogame come utili alla didattica scolastica, il 45,8% li ritiene un ausilio per la selezione e la valutazione delle risorse umane, e il 44,9% crede che possano supportare la formazione professionale e il trasferimento delle competenze.
Esports in spolvero
All’interno del campo generale dei videogiochi c’è un “verticale” che sta rapidamente guadagnando visibilità presso il pubblico e gli appassionati, ed è quello degli esports, le competizioni di videogames. A dimostrarlo c’è il fatto che il 58,5% degli italiani li conosce o ne ha sentito parlare. Tra questi, il 40,5% ne dà un giudizio positivo, mentre il 17,7% non li ama. Tra le persone che conoscono il gaming competitivo il 52,4% lo ritiene una bella forma di intrattenimento (52,4%), il 40,7% un modo sano di competere, il 36,7% uno strumento per sviluppare nuove competenze e capacità e il 29,1% un volano per la relazionalità. Per il 73,3% degli intervistati gli esports sono una esperienza originale, diversa dalle gare sportive tradizionali.
“È giunto il momento di accendere un cono di luce sul settore del gaming – afferma Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis – Non soltanto per il rilevante contributo economico e occupazionale dell’industria italiana dei videogiochi. Ma anche per le funzioni sociali che può svolgere, finora sottovalutate: dal supporto alla didattica nelle scuole allo sviluppo delle abilità cognitive dei giovanissimi. Gli italiani dimostrano in larga parte di esserne consapevoli, ora va svecchiata una certa narrazione stereotipata”.
“I risultati di questa indagine mettono in luce in maniera evidente la percezione versatile del mondo del gaming, considerato non più soltanto come fenomeno di intrattenimento e di gioco, ma anche come una risposta sociale ai bisogni delle persone una soluzione innovativa per la didattica, un base di confronto e di scambio relazionale – aggiunge Marco Saletta, presidente di Iidea – La pandemia ha certamente accelerato questa nuova “personalità” dei videogiochi, ora occorre supportarne la crescita, sia sotto il profilo tecnologico, sia verso un modello di intrattenimento a ‘trazione sociale’, mettendo al centro la forte interattività relazionale tra le persone”.