Tutte le riflessioni sulle smart cities sono concentrate sulle tecnologie e sul loro potere magico, capace di risolvere tutti i problemi. Questo approccio affrettato medita poco sulla specificità e priorità dei problemi da risolvere (e delle opportunità da cogliere), a loro volta identificati proprio in base al loro “essere affrontabili con le nuove tecnologie”. L’imperante tensione semplificante tende peraltro a ignorare le complessità dell’ecosistema urbano: la città è una realtà plurima e composita, non leggibile con le banali segmentazioni che suddividono la sua popolazione in studenti, cittadini attivi, lavoratori, pensionati, turisti e immigrati.
Prendiamo ad esempio la terza età, vero e proprio universo in forte crescita numerica, che necessita di sotto-segmentazioni ulteriori per essere compreso e affrontato con efficacia: vita attiva/passiva, specifici interessi, isolamento o collegamento a un nucleo familiare fisicamente prossimo, propensione o timore per le nuove tecnologie, sono alcune delle variabili significative necessarie a spiegarne i comportamenti.
La vera assente dalle attuali segmentazioni è forse proprio la donna: non si tratta, ovviamente, di definire una sorta di “quote rosa urbane”, ma di coinvolgere una fondamentale componente dell’ecosistema urbano – tipica per la sua capacità di accoglienza e generatività – in riflessioni e percorsi per costruire il futuro delle nostre città.
Perennemente esposte ai lati più deteriori di uno sviluppo urbano privo della partecipazione dei cittadini, ne affrontano errori progettuali e derive negative con astuzia, ingegno e senso del dovere, spesso “nascondendone” gli aspetti peggiori alla controparte maschile, per ridurre tensione e stress. Le donne sono ben consapevoli delle problematiche urbane, e possiedono punti di vista, idee e soluzioni cui prestare attenzione.
È dunque necessario costruire la futura città “con le donne”, superando l’incomunicabilità e la ghettizzazione descritta da Federico Fellini nel film “La città delle donne” (1980), per arrivare alla (futura) “città per le donne”, l’Hofuf in via di costruzione in Arabia Saudita, tentativo di armonizzare l’aspirazione a una carriera lavorativa con la divisione dei sessi imposta dalla stretta osservanza della sharia.
Quello che serve è un coinvolgimento maggiore e sistematico delle donne nell’ideazione e nella progettazione delle Smart Cities. La loro lontananza dal tema non è distrazione, ma consuetudine: la tecnologia, l’innovazione, la ricerca scientifica sono considerate il più delle volte “roba da uomini” (nonostante la storia della scienza sia costellata da insigni scienziate). Basta vedere il gender di chi partecipa ai convegni sulle Smart Cities per averne conferma.
La sensibilità e l’energia creativa che le donne potrebbero mettere a disposizione di questo tema è tuttavia grandissima. Ne sono un esempio le riflessioni nate dalla terza edizione del progetto Osservatorio Cera di Cupra, promosso dalla Farmaceutici Dottor Ciccarelli, sul tema “città delle donne”. L’iniziativa, mirata ad ascoltare e dare voce alle donne di oggi sul loro ruolo nella società e su tematiche vicine all’universo femminile, ne ha esplorato il rapporto con il vivere urbano, per comprendere quanto le nostre città siano effettivamente “a misura di donna”, anche in riferimento ai molteplici ruoli gestiti nel quotidiano. I risultati sono chiari: la voce femminile che ne esce è “l’ottimismo nonostante tutto”.
Secondo Simona Scalone, studentessa all’Università degli Studi di Bari, vincitrice di una delle borse di studio messe in palio dall’Osservatorio: “La città delle donne sarebbe […] una città che, come le donne, sa accogliere i suoi cittadini, perché chi meglio di una donna può farlo?! Lei che per natura accoglie per prima il seme della vita nel suo grembo […] saprebbe prendersi cura di ognuno. Dalla culla alla tomba. Una presenza che genera senso di sicurezza, che ti permette di esplorare al di fuori di essa, una base sicura”.
Ma c’è di più: solo una sensibilità tipicamente femminile può essere capace di scoprire, e valorizzare adeguatamente, gli antichi saperi artigiani che rischiano di scomparire, ma che sono diffusamente presenti nella Capitale. Roma&Roma (www.romandroma.it) è il tentativo di riscattare la città dall’anonimato e dal caos, nato dall’intento di tre donne romane di “svelare”, condividendoli sul web, alcuni tra gli aspetti più intimi e meno stereotipati – e per questo più caratteristici – della Città Eterna.