L'OSSERVATORIO DEL POLIMI

Analytics, il mercato italiano oltre i 2 miliardi. Ma resta il gap sulla “cultura dei dati”

La crescita trainata dalla componente software, con punte di oltre il 30% per le piattaforme di Data governance e Data science & Ai. Assicurazioni, manifatturiero e telco & media i comparti a più elevate performance. Sale il fabbisogno di competenze, ma poche aziende sono veramente data-driven e hanno progetti maturi

Pubblicato il 23 Nov 2021

Osservatorio Big data analytics 2021

Nel 2021 il mercato Analytics italiano raggiungerà un valore stimato superiore ai 2 miliardi di euro, in crescita del 13%, dopo che nel 2020 la pandemia aveva fortemente rallentato gli investimenti in ambito gestione e analisi dei dati. La crescita è trainata soprattutto dalla componente software, che registra un incremento del 17% (con punte di oltre il 30% per le piattaforme di Data governance e Data science & Ai), e dai servizi di consulenza e personalizzazione tecnologica, che crescono in doppia cifra, mentre la spesa in risorse infrastrutturali aumenta meno della media del mercato. La ripresa coinvolge tutti i settori merceologici, con investimenti in Data management & analytics in aumento di oltre il 10%. Assicurazioni, manifatturiero e telco & media sono i comparti che segnano la crescita più marcata. Un quinto degli investimenti in soluzioni di Analytics passa da servizi in Public & hybrid cloud, +21% rispetto al 2020. Quasi otto grandi aziende su dieci lavorano all’integrazione di dati provenienti da diverse fonti interne o esterne e il 54% ha avviato almeno una sperimentazione in ambito Advanced analytics (era il 46% nel 2020).

Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics della School of Management del Politecnico di Milano, presentata  durante il convegno La Data Science è ripartita: siete pronti a seguirla?”.

Insieme ai progetti cresce anche il fabbisogno di competenze: complessivamente il numero di Data scientist è aumentato nel 28% delle grandi imprese, ma questa crescita riguarda le aziende che già avevano investito negli scorsi anni. Non aumenta in modo trasversale la diffusione di figure professionali dedicate. Inoltre, nonostante i progressi dell’ultimo anno, soltanto il 27% delle realtà può definirsi un’azienda data science driven, ovvero un’impresa con competenze diffuse e numerose sperimentazioni e progetti a regime in tutta l’organizzazione.

Mercato in ripresa sulla data-driven strategy

“Nonostante la crescita registrata nel 2021, non possiamo ancora considerare colmato quel gap tra aziende già a buon punto nella valorizzazione dei dati e quelle all’inizio del percorso – spiega Carlo Vercellis, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics –. Queste ultime hanno perso ulteriore terreno a causa della pandemia. Inoltre, nonostante una diffusa voglia di sperimentazione, poche aziende italiane oggi possono essere considerate veramente data driven, cioè capaci di portare l’intera organizzazione a una piena valorizzazione dei dati a disposizione. Per far sì che la Data science abbia un impatto concreto, è necessario creare una cultura dei dati che, a diversi livelli, avvicini sempre più lavoratori ad un uso quotidiano di insights e risultati delle analisi”.

“Il 2021 è un anno di ripresa, non solo in termini di dinamica di mercato – aggiunge Alessandro Piva, Responsabile della ricerca dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics -. Si avverte l’urgenza di investire, specialmente in tecnologie di integrazione e governance dei dati, mentre nuove realtà iniziano a sperimentare in ambito Advanced analytics. La prossima sfida per le imprese sarà sviluppare una data-driven strategy basata su competenze e iniziative mature in tutte e tre le sue dimensioni, che sono il Data management, la Data science e la Data literacy, su cui ad oggi emergono ancora percorsi sbilanciati”.

Migliora il Data management, ma poche aziende mature

Nel 2021 il 78% delle grandi organizzazioni ha lavorato all’integrazione di dati che provengono da diverse funzioni aziendali o dall’esterno. Ma, se si considera la capacità di gestire e governare i dati con l’obiettivo di rendere accessibile e valorizzare l’intero patrimonio informativo e non soltanto con finalità di sicurezza e integrità, soltanto il 18% appare proattiva sul tema, con tecnologie e competenze presenti e ben distribuite. Il 55% delle grandi aziende mostra invece una diffusa immaturità nella gestione dei dati, mentre le rimanenti stanno adottando nuove tecnologie o identificando figure di responsabilità in questo ambito.

Le sperimentazioni di Advanced analytics

Negli ultimi tre anni oltre la metà delle grandi imprese ha avviato almeno una sperimentazione in ambito Advanced analytics, +8% rispetto a un anno fa. Circa quattro aziende su dieci hanno progetti operativi in almeno una funzione aziendale, ma nella maggior parte dei casi la diffusione è limitata ad alcune aree. Le principali difficoltà riscontrate dalle aziende nella fase di implementazione sono la scarsa qualità e integrazione dei dati, la parziale mancanza di competenze interne, la difficoltà di valutare i benefici del singolo progetto e infine il complesso coinvolgimento dell’utente di business.

Le competenze di Data science

L’accelerazione del mercato e l’aumento delle sperimentazioni richiedono nuove competenze. Il 49% delle grandi aziende ha in organico almeno un Data scientist e il 59% almeno un Data engineer. I numeri in termini di diffusione sono stabili rispetto allo scorso anno, ma le realtà che avevano già introdotto questi profili in precedenza hanno continuato a investire: il numero di Data scientist è cresciuto nel 28% del campione.

Poche aziende data science driven

L’Osservatorio ha analizzato la maturità delle grandi organizzazioni nell’ambito Advanced analytics sulla base della consapevolezza delle opportunità, le sperimentazioni attivate nell’ultimo triennio, la presenza di competenze interne e di progetti operativi. Solo il 27% del campione può definirsi data science driven; il 14% è in una fase Sperimentale, con alcune competenze interne, numerose sperimentazioni e progetti a regime in alcune funzioni aziendali; il 28% si colloca nel gruppo Primi passi, con in corso le prime sperimentazioni e l’inserimento delle prime competenze; il 16% è Consapevole, ovvero sta valutando idee progettuali nell’ambito; il 15%, infine, è Tradizionale, senza interesse per l’argomento.

Gli Analytics nelle Pmi

Il 44% delle piccole e medie imprese ha investito in Analytics nel 2021 o prevede di farlo entro fine anno e un altro 44% ha dichiarato che la pandemia ha avuto un ruolo determinante nell’acquisire maggiore consapevolezza sulla necessità di valorizzare i dati a disposizione. Ancor di più che negli scorsi anni si notano importanti differenze tra la maturità delle medie e delle piccole imprese: il 58% delle prime ha investito in risorse fisiche o umane di Analytics o prevede di farlo entro fine anno, contro il 41% delle piccole aziende.

Rispetto al 2020, non ci sono stati progressi né per quanto riguarda le tipologie di analisi dati sviluppate né la gestione organizzativa dell’analisi dei dati, tematiche che probabilmente nuove realtà affronteranno nei prossimi anni, mentre è aumentato l’impegno sugli investimenti tecnologici, con circa un’azienda su due che afferma di aver lavorato per integrare i dati interni.

La maggior parte delle Pmi svolge oggi analisi predittive (62%), ma le sperimentazioni di Advanced analytics sono presenti solo in una ristretta minoranza (14%). Un terzo del campione ha figure dedicate alla gestione dell’analisi dei dati nella funzione It o distribuite nelle diverse funzioni aziendali, in particolare Data analyst.

Lo scenario: la via europea alla valorizzazione dei dati

La gestione dei Data analytics è da tempo prioritaria per i Cio (Chief information officer) delle grandi organizzazioni, in Italia come a livello internazionale, e sta attirando un’attenzione crescente anche da parte delle istituzioni europee. Gli organi dell’Unione europea stanno lavorando, anche in termini normativi su due ambiti d’interesse: la creazione di un mercato unico dei dati e lo sviluppo di una regolamentazione volta a ridurre i rischi di un utilizzo scorretto dei dati in applicazioni di analytics che richiedano impiego di intelligenza artificiale.

L’obiettivo è arricchire il patrimonio informativo a disposizione di aziende e a e cogliere le opportunità delle metodologie di analisi più innovative. L’Unione propone una “via europea” alla valorizzazione dei dati, basata su princìpi quali sovranità e interoperabilità dei dati, connubio tra algoritmi e intervento umano, governance dello sviluppo e dell’utilizzo degli algoritmi.

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