GIG ECONOMY

Riders & co, appello dei sindacati europei: “Garantire stessi diritti dei dipendenti”

In vista del varo della direttiva sui lavoratori delle piattaforme, la Ces chiede alla Ue di stabilire regole certe e parità di trattamento: “Le aziende non si approfittino delle zone grigie della legge”

Pubblicato il 30 Nov 2021

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Una lettera aperta indirizzata alla Commissione europea che l’8 dicembre presenterà l’attesa direttiva sul miglioramento delle condizioni dei lavoratori sulle piattaforme digitali. A scriverla in previsione del dibattito politico che si accenderà su un dossier caldissimo in molti paesi, è il sindacato europeo, la Ces, che rivendica in sostanza la parità di diritti tra chi lavora per una piattaforma e quanto previsto per i lavoratori dipendenti, passando da una regolamentazione della gestione dell’algoritmo e da una sua maggiore trasparenza. E a questo affiancano la richiesta che le piattaforme siano tenute a rispettare le stesse regole di qualsiasi altra società ”offline” in situazioni transfrontaliere, sia che si tratti di legislazione del lavoro, sociale o fiscale.

A firmare la lettera anche il ministro del Lavoro, Andrea Orlando e i suoi colleghi di Belgio, Spagna, Portogallo e Germania. “Spesso, i lavoratori delle piattaforme digitali non guadagnano nemmeno il salario minimo, o non sono coperti da contratti collettivi, non hanno ferie retribuite, sono esposti a rischi per la salute e la sicurezza, non hanno diritto a congedi per malattia retribuiti o ad alcuna protezione sociale – si legge nella missiva – Gli orari di lavoro sono spesso lunghi e, in alcune piattaforme, un notevole divario retributivo di genere e altri tipi di discriminazione sono tollerati o rafforzati sulla base di pregiudizi algoritmici”.

Il Ces sollecita dunque “regole atte a garantire che le piattaforme digitali non possano sfruttare le zone grigie della legge per fare grandi profitti attraverso il falso lavoro autonomo con l’intento di evitare obblighi settoriali per corrette retribuzioni, condizioni di lavoro e sicurezza sociale”.

D’altra parte, consegne di alimenti a domicilio, servizi di taxi e lavoro domestico sono solo la punta dell’iceberg: il lavoro basato sulle piattaforme digitali si sta espandendo ai settori commerciale, ingegneristico, assistenziale e infermieristico, edile e dei servizi. “Assistiamo alla cosiddetta ‘piattaformizzazione’ anche in altri settori”, denuncia ancora la Ces bocciando l’eventualità che si possa creare un “terzo stadio intermedio” tra lavoratori autonomi e dipendenti.

“Questo priverebbe il lavoratore sia di un’adeguata protezione sia dell’autonomia”, denunciano sollecitando la Commissione ad esprimersi anche su quell’algoritmo con cui le aziende fissano il prezzo dei servizi e decidono l’attribuzione dei compiti.

“Sono l’equivalente di scatole nere per i lavoratori”, commentano. Se dunque la Commissione europea “intende seriamente migliorare la situazione dei lavoratori delle piattaforme, la regolamentazione della gestione algoritmica dovrebbe essere un elemento chiave della sua proposta” assieme, concludono sollecitando anche una regolazione più trasparente delle informazioni relative alle piattaforme digitali nell’Ue: “Dovrebbero essere tenute a registrarsi presso un’autorità pubblica e a rendere trasparenti i dati chiave sulle loro attività”. E per Per esse dovrebbero valere le stesse regole di qualsiasi altra società ”offline” in situazioni transfrontaliere, che si tratti di legislazione del lavoro, sociale o fiscale.

Cosa prevede la direttiva Ue sui lavori da piattaforma

Inuno studio realizzato in vista della direttiva, la Commissione europea ha valutato l’impatto della proposta che andrebbe a riguardare circa 28 milioni di lavoratori. Si tratta di 4 miliardi – derivanti da tasse sul lavoro e contributi sociali – in più che andrebbero nelle casse degli Stati collegati allo stop ai falsi autonomi (riders e autisti di Uber ad esempio) e al ricoscimento di contratti da lavoro dipendente.

Nella direttiva, stando a quanto risulta a CorCom, Bruxelles sarebbe orientata a seguire la richiesta del Parlamento Ue di introdurre la “presunzione di subordinazione”. con l’inversione dell’onere della prova. Oggi se un rider, ad esempio, si considera un dipendente sta a lui dimostrarlo davanti ai tribunali. La nuova direttiva scardina questo principio , stabilendo che debba essere l’impresa a dover dimostrare che il rapporto di lavoro non è subordinato al momento della stipula del contratto.

La direttiva imporrà altri requisiti alle piattaforme: tra questi una maggiore trasparenza dell’uso degli algoritmi per evitare discriminazioni nei confronti dei lavoratori. Inoltre dovrebbero essere previsti una serie di requisiti di protezione sociale validi per tutti, autonomi e dipendenti nonché misure per rafforzare la sicurezza di rider e autisti sul lavoro.

A oggi, ci sono circa 500 piattaforme attive nell’Unione europea. Sempre lo studio della Commissione europea, tra il 2018 e il 2020 gli introiti delle piattaforme digitali nell’Ue sono passati da 8 a 14 miliardi di euro all’anno.

Secondo l’Osservatorio 2021 sul food delivery elaborato da Just Eat, il settore continua la sua corsa inarrestabile, registrando una crescita del 59% rispetto al 2020 e generando un valore di 1,5 miliardi di euro. Una spinta che oggi permette l’accesso al servizio al 68% della popolazione e che è guidata da un lato dall’evoluzione tecnologica, dall’altro dall’accelerazione dovuta all’emergenza pandemica, durante la quale il food delivery si è dimostrato essere uno strumento essenziale tanto per le persone, quanto per la ristorazione. Solo Su Just Eat, nell’ultimo anno il +50% dei ristoranti ha scelto il digitale per ampliare il proprio business e la clientela; inoltre, si è registrato un ulteriore 12% di espansione e rafforzamento della presenza territoriale.

Uber Eats, un nuovo general manager per l’Italia

Davide Tronzano è il nuovo general manager di Uber Eats Italia: nel suo nuovo ruolo si occuperà di rafforzare l’espansione della piattaforma Uber Eats nel nostro paese, ad oggi presente in 70  città (per un totale di oltre 250 comuni), da una parte rafforzando le  partnership con i ristoranti presenti sull’app in Italia, e dall’altra sviluppando attività volte a consolidare il legame con il brand presso i consumatori italiani.

Con una carriera iniziata nel 2006 in LVMH come Retail Analyst, Davide Tronzano è un manager che vanta una consolidata esperienza nei settori della tecnologia, dell’eCommerce e della consulenza. Prima del suo ingresso in Uber Eats Italia, Davide ha lavorato negli ultimi 2 anni come consulente a Londra per diverse startup attive nel settore dell’eCommerce, dal beauty al grocery, sui temi di strategia, operations ed espansione del brand a livello globale. Fino al 2018, è stato manager di Accenture, sempre nel Regno Unito, alla guida di un team multidisciplinare focalizzato nei settori dell’automotive e del retail. Nel 2016 invece è stato in Google nell’headquarter europeo a Dublino ricoprendo una posizione di strategy & operations, mentre nel biennio 2013-2015 è stato co-fondatore di una startup fashion tech. Nei primi anni della carriera, Tronzano è stato brand manager in Bacardi, a Torino, dal 2007 al 2011.

Laureato in General Management presso l’Università Bocconi di Milano e ha conseguito un MBA presso la London Business School.

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