In Italia persiste ancora un evidente digital divide. A dirlo è il rapporto Svimez 2021. Più nello specifico, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno sottolinea che nelle regioni del Sud è più elevata la frequenza di persone senza competenze digitali (4,3% della popolazione) o con competenze basse (47,8%), mentre nelle regioni settentrionali prevalgono coloro che hanno un alto livello di competenze digitali (32% nel Nord- Ovest e 30,8% nel Nord-Est).
Nel 2020, meno di un italiano su tre (29%) ha utilizzato Internet per interagire con la Pa, contro una media Ue del 57% e una media del 37,5% registrata nei paesi Ocse. A livello territoriale, osservando i dati dal 2011 al 2020, emerge un persistente divario tra le diverse aree, in particolar modo tra le regioni del Nord-Est (in media 4 punti percentuali sopra la media italiana) e le regioni del Sud, le quali si attestano al di sotto della media italiana di circa 6 punti percentuali e al di sotto di circa 10 punti percentuali rispetto alla media delle regioni del Nord est (-13 punti percentuali solo nel 2020).
Le imprese meridionali e l’integrazione con le soluzioni digitali
Il Mezzogiorno mostra un forte ritardo anche per quanto concerne l’integrazione delle tecnologie digitali da parte delle imprese. In particolare, la performance del Sud risulta essere la peggiore in cinque casi su sette: in relazione all’uso dei sistemi Erp, all’uso dei social media, all’uso dei big data, all’acquisto di servizi cloud e alla quota di fatturato derivante dalle vendite on line. Ne consegue che le imprese meridionali sono in media in ritardo nell’uso delle tecnologie Ict.
Tuttavia, se si considerano specifici indicatori si rilevano alcune prestazioni regionali degne di nota. Per esempio, è vero che il Mezzogiorno si conferma come la ripartizione geografica con i risultati meno lusinghieri per quanto riguarda il ricorso al cloud, ma i dati della Puglia e della Sicilia (61,8% e 65,1%, rispettivamente) sono superiori a quelli medi nazionali.
Il tema del trasferimento tecnologico
Se il trasferimento tecnologico è la leva decisiva dell’innovazione, bisogna affrontare gli attuali gap territoriali costruendo prospettive di riequilibrio, nota Svimez. Finora l’azione di sostegno pubblico non è stata in grado di bilanciare le dinamiche di mercato che spingono i soggetti chiave dei processi innovativi ad aggregarsi laddove già esiste una domanda di innovazione espressa e matura. Secondo l’European Patent Office, nel 2020 l’Italia ha depositato 4.600 domande di brevetto, il 2,5% del totale delle domande presentate dai 38 Stati membri, che include anche tutti i paesi dell’Unione europea. Considerando il ranking dei primi 30 paesi, nel 2020 l’Italia si collocava al 20esimo posto. Nel 2020 le domande provenienti dal Centro-Nord hanno rappresentato il 94,5% del totale delle domande nazionali, mentre la quota di domande dal Mezzogiorno si attesta sul 5,5%, sostanzialmente stabile rispetto al 2019. Ciò deriva dalla capacità dei sistemi produttivi territoriali di promuovere attività ad alta intensità di conoscenza scientifica e di sviluppare percorsi di innovazione di natura sistemica.
Dai dati emerge inoltre che esistono squilibri a livello territoriale, relativi agli spin off accademici, alle startup innovative e, soprattutto, agli incubatori. A marzo 2021 risultavano attivi nel Centro-Nord 1.471 spin off, mentre il loro numero si attestava per le regioni del Mezzogiorno a 478, pari al 24,5% del totale. Per di più, il gap tra le due macroaree del Paese è da ricondurre anche a un deficit di offerta di capitale umano qualificato per gestire processi di trasferimento tecnologico.
In questo senso appare utile considerare l’offerta di formazione terziaria non accademica, espressa dalla rete degli Istituti Tecnici Superiori (Its). Guardando alla loro distribuzione territoriale, si rileva che sui 111 Its attualmente operanti sul territorio nazionale quelli localizzati nel Mezzogiorno sono 42, pari al 37,8% del totale. Ma se si osserva il dato relativo al numero di percorsi formativi attivati, si scopre che l’offerta formativa è molto più articolata al Centro-Nord: 490 dei 649 percorsi di formazione superiore (75,5%) sono erogati da Its localizzati in questa area geografica a fronte dei 159 erogati da Its localizzati nel Mezzogiorno (24,5% del totale).
Sul fronte degli interventi di policy orientati al riequilibrio territoriale delle condizioni di accesso all’innovazione e alla creazione di nuovi mercati per la generazione di innovazione in contesti dove tali condizioni risultano più carenti, un primo passo si è fatto con la Legge di Bilancio 2021. Sono stati stanziati 150 milioni a supporto della nascita nel Mezzogiorno dei nuovi ecosistemi dell’innovazione in ambiti urbani marginalizzati e da rigenerare previsti nel Piano Sud 2030, nell’ottica di coniugare innovazione tecnologica e innovazione sociale. Successivamente la prima bozza del Pnrr stanziava a sostegno degli ecosistemi dell’innovazione meridionali 600 milioni, nelle successive versioni decurtati a 350. Complessivamente, sommando tutte le allocazioni finanziarie previste tra il 2021 e il 2026 dalla politica europea e nazionale, saranno destinati oltre 5,3 miliardi al potenziamento delle attività di trasferimento tecnologico.
Le proposte di Svimez
Svimez, si legge nel rapporto, ritiene che il divario digitale esistente in Italia sia concausa delle diseguaglianze sociali del nostro Paese. Oggi il digital divide è un fenomeno che interessa la dotazione infrastrutturale, la Pubblica Amministrazione, le imprese e le competenze degli individui e ritardi si osservano tanto nei confronti internazionali con gli altri paesi quanto tra le regioni italiane. L’obiettivo di colmare il digital divide diventa strategico per accelerare la ripresa economica dell’Italia e consentire a tutti di trarre pieno beneficio dalla transizione digitale.
Il Pnrr, che ai temi della digitalizzazione dedica la Missione 1, dovrebbe produrre un impatto significativo sulle aree a maggior fabbisogno di investimenti per il completamento delle infrastrutture digitali, soprattutto per 53 gli interventi sulla connettività a banda ultra-larga che per il 45% saranno destinati al Mezzogiorno.
Il Pnrr enfatizza inoltre l’effetto atteso della digitalizzazione degli Enti pubblici del Sud che mostrano un ritardo notevole di offerta on line di servizi pubblici al cittadino. A maggior rischio di assorbimento sono esposti invece gli incentivi fiscali del Piano Transizione 4.0. Resta ancora aperto il tema delle complementarità strategiche, finanziarie ed attuative tra le diverse programmazioni (soprattutto Pnrr e politica di coesione del nuovo ciclo 2021-27) che coinvolgono per di più Amministrazioni centrali e regionali chiamate ad uno sforzo non indifferente di coordinamento
Sul piano del trasferimento tecnologico, per favorire un riequilibrio nel medio periodo con una specifica attenzione al Mezzogiorno, Svimez propone una possibile direzione di intervento che valorizzi le complementarietà tra il Pnrr e il nuovo ciclo della politica di coesione 2021-27.
Ciò significa orientare la nascita dei nuovi ecosistemi dell’innovazione e attribuire priorità agli hub di ricerca di base di eccellenza già presenti al Sud, facendone il fulcro dello sviluppo successivo di nuove attività maggiormente rivolte al mercato, dislocate a livello locale in prossimità del nodo principale. Avviando, infine, come auspicato dal “Programma Nazionale per la Ricerca” 2021-2027, uno specifico piano di intervento, guidato dal centro, indirizzato a colmare le carenze esistenti al Sud di figure specializzate nella gestione delle collaborazioni “ricerca-impresa”. In questa prospettiva, all’interno delle Università meridionali dovrebbero essere potenziati gli Uffici per il trasferimento tecnologico e i dottorati in materie scientifico-tecnologiche.