Vivendi non molla. E anzi rilancia, andando a fare asse con Cassa depositi e prestiti e aprendo al progetto di rete unica a controllo statale. Nel ribadire il proprio ruolo di investitore di lungo periodo l’azionista francese tenta dunque più che ostacolare l’ingresso degli americani di Kkr. Una notizia che non ha premiato in Borsa: sull’onda del timore di un passo indietro degli americani il titolo Tim è stato riammesso agli scambi in mattinata dopo un congelamento dovuto a un calo teorico del 5,25% ed essere sceso sotto la soglia degli 0,445 euro ad azione.
“Certamente puntiamo a riportare Tim su una traiettoria di crescita. Le valutazioni in corso vertono su questo obiettivo. Vivendi è interessata a qualsiasi soluzione che promuova l’efficienza e la modernità infrastrutturale della rete, preservando il valore del proprio investimento. In questa prospettiva, l’ipotesi di un controllo statale della rete, se fosse propedeutico ad un progetto strategico a guida istituzionale verrà certamente valutata con apertura”: questa la dichiarazione di un portavoce del gruppo francese al quotidiano Repubblica.
“Si tratta di coniugare i necessari percorsi di innovazione tecnologica per il Paese con la valorizzazione delle risorse ed il rilancio di uno dei più rilevanti gruppi italiani. Vivendi ha già rappresentato la propria ferma intenzione di essere un azionista affidabile, di lungo termine, foriero di un dialogo costruttivo volto a rafforzare Tim, con l’obiettivo di lavorare a fianco delle istituzioni italiane nell’interesse di tutti gli azionisti e degli altri stakeholder di Tim. La priorità di tutti gli stakeholders di Tim è tornare a rivedere la società al centro delle strategie di sviluppo ed innovazione e protagonista, con le proprie migliori risorse, sul mercato delle telecomunicazioni”.
E a proposito di mercato delle Tlc il neo direttore generale di Tim Pietro Labriola nonché ceo di Tim Brasil, in un videomessaggio ai dipendenti nel ringraziare il cda “per l’opportunità, dopo 20 anni, che mi viene data di rivestire un ruolo così importante all’interno di un’azienda che sinceramente ho amato e continuo ad amare”, sottolinea che “il settore delle Tlc sta cambianndo” e che “la competizione è sempre più accesa e complessa”. Se le Tlc “prima erano al centro di tutto” ora diventano “tanti business ancillari che vanno a erodere parte del business con una velocità di innovazione e di cambiamento tecnologico sempre più rapido”. “Nessuno di noi è in grado da solo di cambiare la nostra azienda. Insieme è la parola chiave”, ha proseguito Labriola assicurando “la massima attenzione al cliente, che decide dove stare e il futuro della nostra azienda”. Labriola nel rivolgersi ai dipendenti ha aggiunto: “Potete contare su di me e tutto quello che potrò fare, tutto il tempo che potrò dedicare e tutti gli sforzi che potrò, li metterò a disposizione dell’azienda, ma potrò fare qualcosa solamente se insieme continueremo e riusciremo a lavorare”.
Open Fiber e il nuovo piano industriale
Intanto in casa Open Fiber è stato formalmente effettuato il passaggio di quote a seguito dell’uscita di scena di Enel ed è stata nominata la nuova squadra di vertice nonché presentato il nuovo piano da circa 12 miliardi, che rappresenta il più grande finanziamento di una rete di Tlc in Europa.
In dettaglio il piano vede in campo le banche (una quindicina fra quelle nazionali e internazionali), con linee di credito committed per 7,175 miliardi di euro, in forte rialzo dai precedenti 4,1 miliardi. Le altre risorse fanno capo ai fondi Bei e a quelli messi in campo dai soci.
Riguardo al nuovo vertice la carica di amministratore delegato è stata affidata a Mario Rossetti, alla presidenza va a Barbara Marinali. Nel cda anche Alessandro Tonetti e Roberta Battaglia designati da Cdp Equity e Nathan Luckey e Geoffrey David Shakespeare espressione di Macquarie Asset Management. A Franco Bassanini l’incarico di Senior Advisor.
La spaccatura politica: la giornata di Beppe Grillo
Infiamma lo scontro politico sul da farsi in merito al futuro di Tim e dopo le esternazioni dei principali partiti oggi esce allo scoperto anche Beppe Grillo con un blogpost. “Cdp può dare finalmente la stabilità all’azionariato di Telecom che manca da oltre 20 anni e che la sottopone ciclicamente a processi di crisi oramai quasi irreversibili. Con una struttura azionaria stabile e uno stato patrimoniale rafforzato Telecom è nelle condizioni di competere sul mercato e guidare il processo di digitalizzazione del Paese”. Secondo Grillo Cassa depositi deve uscire da Open Fiber e rafforzare il proprio ruolo istituzionale in Telecom Italia, “reinvestendo la importante plusvalenza che si determina dalla vendita della quota di controllo di OF ai fondi interessati (Macquarie, KKR, ecc)” e il rafforzamento patrimoniale di Telecom, deve passare attraverso “un aumento di capitale dedicato a Cdp, o sotto altra forma, che la metta nelle condizioni di migliorare il rating complessivo dell’azienda, diminuire l’eccessivo debito e recuperare la flessibilità finanziaria necessaria per sostenere gli investimenti futuri”. E ancora, secondo Grillo è necessaria la “salvaguardia della sicurezza nazionale legata agli asset “sensibili”, mettendo sotto la supervisione pubblica tutte le attività maggiormente esposte ai cyber-risk” e la “difesa del know-how e dei livelli occupazionali di Telecom, attraverso la protezione dell’azienda dal rischio “spezzatino” con la vendita dei “gioielli di famiglia”,grazie ad un consolidamento della società con una prospettiva industriale futura”.