Una quota minima di istituzioni pubbliche, pari al 3,6%, aveva adottato iniziative strutturate di smart working prima dello scoppio della pandemia, mentre con la crisi sanitaria la situazione ha subito un cambiamento drastico e il lavoro agile è divenuto la modalità ordinaria di prestazione dell’attività lavorativa. E se lo smart working ha avuto l’impatto positivo maggiore sull’aspetto della soddisfazione e del benessere del lavoratore, poco meno della metà delle istituzioni pubbliche (il 44,8%) ha invece dichiarato un effetto positivo in termini di produttività dell’ente.
Costituiscono un’eccezione le Città metropolitane per le quali l’incidenza sale al 75% senza alcuna segnalazione di impatto negativo, dichiarato invece dal 7,8% del totale delle istituzioni pubbliche. E’ quanto emerge dai primi risultati della rilevazione multiscopo legata al censimento permanente delle istituzioni pubbliche condotta dall’Istat. Quanto invece ai servizi erogati a cittadini e imprese le istituzioni dichiarano a larga maggioranza (53,6%) che lo smart working non ha avuto alcun impatto.
Nel semestre marzo-settembre 2021, una istituzione pubblica su cinque si è dichiarata favorevole ad adottare iniziative strutturate di smart working in forma stabile dopo la fase emergenziale, una su due ha rimandato la decisione a valutazioni successive mentre una istituzione su quattro ha risposto di essere contraria. La maggiore propensione all’utilizzo del lavoro agile in forma strutturata si rileva presso le Amministrazioni centrali (85,3%), le università pubbliche (85,7%) e le Città metropolitane (78,6%). Sono i dati preliminari della rilevazione multiscopo dell’Istat legata al censimento permanente delle istituzioni pubbliche.
I risultati riguardano tutte le istituzioni pubbliche ma non il personale delle scuole. A livello territoriale, le istituzioni propense ad adottare in futuro iniziative strutturate di smart working sono localizzate maggiormente nel Nord-est e nel Centro, rispettivamente nel 20,2% e nel 19,5% dei casi, contro il 16,7% medio nazionale.
Spicca l’Emilia-Romagna con il 29,7%, seguita dal Lazio con il 21,7% e dalla Toscana con il 21,5%. Nelle medesime ripartizioni geografiche si trovano la maggior parte di istituzioni pubbliche che avevano introdotto iniziative strutturate di lavoro agile prima dell’emergenza sanitaria. Al contrario, la percentuale di amministrazioni che si riservano di valutare o che escludono questa possibilità è prevalente nelle restanti ripartizioni, in particolare nel Sud.
La dotazione tecnologica
Per far fronte all’emergenza, le istituzioni pubbliche hanno adottato una serie di provvedimenti per consentire lo svolgimento dell’attività lavorativa da remoto. Le amministrazioni di maggiori dimensioni, più strutturate e complesse, si sono attrezzate in maniera più diffusa ed efficace per fornire le dotazioni tecnologiche necessarie e per organizzare iniziative di comunicazione e formazione atte a favorire un utilizzo ottimale delle risorse.
In particolare, ha fornito dispositivi hardware (es. Pc) ai dipendenti che non avevano dotazioni personali per lavorare da remoto la totalità delle Città metropolitane, oltre il 94% delle amministrazioni dello Stato e organi costituzionali e/o a rilevanza costituzionale (ossia organi di governo centrale, ministeri, Presidenza del consiglio, Agenzie dello stato) e delle università pubbliche, a fronte del 47,6% del complesso delle istituzioni pubbliche.
Anche le Regioni e le Province, in misura pari rispettivamente al 75% e all’80,9%, sono riuscite ad assicurare una consistente fornitura di Pc ai loro dipendenti. Diversa risulta invece la situazione dei Comuni, con meno di un Comune su due (46,4%) e prevalentemente per pochi dipendenti (22,9%); risultano maggiormente penalizzati i lavoratori dei Comuni con meno di 5mila abitanti e degli enti pubblici non economici. Oltre il 60% dei piccoli Comuni e il 58,7% degli enti pubblici non economici non hanno fornito dispositivi hardware ai propri dipendenti.
Il gap di formazione
Per il 67% delle istituzioni pubbliche è la mancanza di adeguata formazione in materia Ict il principale ostacolo al processo di digitalizzazione. Lo dichiarano in misura prevalente le amministrazioni locali, in particolare il 76,6% dei Comuni (78,5% per i Comuni con meno di 5 mila abitanti) e il 71,4% delle Città metropolitane e, in misura minore, le amministrazioni centrali (44,1%).
La carenza di staff qualificato in materia di Ict, indicata complessivamente dal 66,7% delle istituzioni rispondenti, è un ostacolo rilevante sia per le amministrazioni centrali (55,9%) sia per le amministrazioni locali (76,5%). La spesa elevata per l’Ict (63,8%), la mancanza di risorse finanziarie (63,3%), la mancanza di piani strutturati per investimenti in innovazione (59,7%) e la scarsa capacità di fare rete tra diverse istituzioni pubbliche per progetti di digitalizzazione (56,5%) sono ulteriori barriere alla digitalizzazione, che toccano in particolare le amministrazioni locali.
Il piano assunzioni targato Brunetta
Nei prossimi cinque anni nella Pubblica amministrazione ci sarà oltre un milione di nuovi assunti a tempo determinato grazie ai progetti e alle risorse del Pnrr. Lo ha annunciato nei giorni scorsi il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta presentando il nuovo Portale nazionale del reclutamento inPA.gov.
La piattaforma digitale unica di accesso al lavoro nella Pubblica amministrazione è stata sviluppata dal Dipartimento della Funzione pubblica in collaborazione con Almaviva e che si avvarrà della partnership con Linkedin.
Il portale aggrega l’offerta di lavoro della Pa e le candidature dei professionisti superando le lungaggini della burocrazia: grazie ai concorsi solo digitali la selezione avverrà in meno di 100 giorni.
Come primo caso concreto, ci sarà l’assunzione di 1000 professionisti, sempre previsti dal Pnrr, per il supporto alle amministrazioni territoriali nella gestione dei procedimenti amministrativi complessi ovvero per la semplificazione e la digitalizzazione. Il portale raccoglierà tutte le candidature e renderà disponibile alle Pa interessate l’elenco dei professionisti che si sono candidati ai singoli avvisi.