In un momento particolarmente critico per la nostra economia in cui è imprescindibile l’esigenza di rilancio di competitività, l’Italia digitale appare ferma al palo, con i principali indicatori sull’informatizzazione che ci collocano tra i Paesi follower. In molti vedono nel cloud computing una possibile via di uscita: un modello che offre l’opportunità di recuperare produttività, permettendo al tempo stesso di ridurre di costi, razionalizzare le infrastrutture e migliorare i tempi di risposta.
Per le piccole imprese in particolare, il cloud potrebbe rappresentare un’opportunità di accedere ai benefici della digitalizzazione, saltando quei gap di risorse e competenze da troppo tempo accumulati nell’ambito dell’Ict tradizionale. Ma se a livello internazionale il cloud sembra essere un trend già prepotentemente in atto, gran parte delle nostre aziende e delle PA appaiono di fatto ancora ferme ai blocchi di partenza. Il mercato cloud in Italia è stato stimato quest’anno valere appena il 2,5% del mercato IT. I tassi di crescita, attorno al 25% anno su anno, sebbene interessanti e allineati con quelli dei principali partner europei, non consentono di colmare il gap di informatizzazione con altre nazioni che partono da una maggiore maturità e vedono dinamiche di crescita del mercato Ict più vivaci: Germania +2,3%, Francia +0,3%, Uk -0,7%, rispetto ad una stima del -4,1% per l’Italia.
Le grandi imprese italiane, pur dimostrando interesse per il cloud, lo stanno approcciando in modo tattico: solo una grande impresa su 5, infatti, si è ad oggi dotata di un piano di sviluppo pluriennale. Ancora più sconfortante la situazione tra le pmi, il 76% delle quali non ha alcuna iniziativa cloud e, in 6 casi su 10, si dice non interessata ad attivarne. Al di là di barriere e timori più o meno fondati, sembra esserci una scarsa maturità dell’offerta, spiazzata da un cambiamento di paradigma che sfida le competenze e i modelli di business tradizionali.
Particolarmente critico è il ruolo giocato dalle imprese del canale Ict: lo spostamento da un’ottica di prodotto ad una di servizio, infatti, impone a questi attori un profondo ripensamento del proprio modello di business, creando inevitabili resistenze e timori. Quanto costa questo ritardo al nostro Paese? Stiamo perdendo l’ennesimo treno, l’ennesima opportunità di recuperare competitività? Anche limitandosi alla sola stima di risparmio di costi, che risulta uno soltanto dei benefici associati al cloud, i benefici conseguibili rilevati dall’Osservatorio Cloud e Ict as a Service del Politecnico di Milano sono concreti e significativi. Per quanto riguarda il public cloud i progetti analizzati hanno portato riduzioni del total cost of ownership stimabili tra il dal 10 al 20% del Tco, in funzione dell’ambito, della situazione di partenza e dell’efficacia dell’approccio di adozione. Analoghe stime di beneficio, sebbene subordinate a investimenti iniziali rilevanti e progetti di più lunga durata, possono essere fatte per il private cloud.
Proiettando questi dati rispetto alla crescita del mercato il cloud potrebbe comportare un risparmio cumulato entro il 2015 di circa 450 milioni di euro, risparmio che potrebbe essere portato fino ad un miliardo qualora si arrivasse a percentuali di adozione del cloud rispetto alla spesa IT analoghe a quelle previste per Paesi leader come gli Usa e a riduzioni del Tco prossime al 20%, conseguite nei casi di approcci maturi. Si tratta di vantaggi troppo rilevanti per essere trascurati, risorse che potrebbero essere utilmente rimesse in circolo per l’innovazione.
Particolarmente interessante e promettente potrebbe essere l’impatto del cloud sulla Pubblica amministrazione: la razionalizzazione in un’ottica di cloud interno dei data center, del parco client e del patrimonio applicativo, ad esempio, consentirebbe non solo di ridurre la spesa, ma anche di favorire l’interoperabilità, valorizzare il patrimonio di dati e informatizzare quelle amministrazioni che ad oggi non dispongono delle risorse e competenze interne necessarie.
Una politica di sostegno e sviluppo dell’offerta di prodotti e servizi cloud, inoltre, potrebbe trovare nella domanda da parte della PA un potente fattore di accelerazione e di radicamento sul territorio di un’offerta di servizi e competenze che altrimenti potrebbero tendere ad una progressiva delocalizzazione.
Il cloud rappresenta, dunque, una grande opportunità per il nostro Paese, un driver di crescita e competitività che non possiamo permetterci di trascurare. I numeri e la dinamica del fenomeno ci confermano che occorre però muoversi subito e formulare chiare roadmap di adozione. In caso contrario rischiamo di arrivare ancora una volta troppo tardi e veder ulteriormente aumentato il nostro vero “spread”, che è quello di produttività e innovazione.