Meta (Facebook) ha perso 36 posizioni nella classifica dei posti migliori dove lavorare negli Stati Uniti stilata da Glassdoor: il costante scrutinio dei regolatori e dell’opinione pubblica pesano anche sui dipendenti e portano l’azienda al 47mo posto nel ranking 2021 “Best places to work” contro l’11mo del 2020. Quello dell’anno scorso rappresenta il posizionamento più basso per Facebook, presente da 12 anni nella classifica di Glassdoor.
Lavorare per Facebook: pro e contro
I dipendenti di Meta hanno sottolineato i vantaggi offerti dall’azienda di Menlo Park, come l’autonomia nel proprio lavoro, i tanti benefit, i team affiatati e la soddisfazione di lavorare su prodotti che vengono usati in tutto il mondo.
Ma molti hanno descritto come aspetti negativi il fatto di essere sempre sotto i riflettori pubblici, la mancanza di azione da parte dei manager sui problemi della piattaforma social e i dubbi sulla futura direzione dell’azienda dopo la presentazione del progetto del metaverso.
Più smart working contro Omicron
Il rebranding come Meta – l’ombrello che raccoglie tutte le piattaforme e i prodotti dell’azienda – e i nuovi progetti per il futuro rientrano nei tentativi di Mark Zuckerberg di mettere alle spalle gli scandali – tra mancata protezione dei dati personali e insufficiente controllo su fake news e hate speech – che si legano al nome Facebook.
Menlo Park cerca anche di essere più attenta alle esigenze e al benessere dei dipendenti: nel momento di picco dei contagi da Covid dovuti alla variante Omicron Meta ha ritardato il rientro del personale in ufficio al 28 marzo (anziché il 31 gennaio come previsto) e ha anche chiesto di presentare per quella data la certificazione sull’avvenuta vaccinazione con la dose booster.
I dipendenti che lo desiderano potranno presentare richiesta di estensione del lavoro a distanza top il 28 marzo, per un periodo o di tre o di cinque mesi.
Le sfide del 2022: la causa dell’antitrust Usa va avanti
Sull’immagine di Facebook nel 2021 hanno pesato in particolare le rivelazioni della ex dipendente Frances Haugen, che ha portato nuovamente alla luce le ripercussioni delle piattaforme social gestite da Menlo Park sui suoi utenti: hate speech, bullismo, problemi alimentari e depressione nei teenager, soprattutto con riferimento a Instagram.
Sono anni che Facebook finisce sotto i riflettori del pubblico e dei governi. Dopo lo scandalo Cambridge Analytica, che ha portato alla luce le problematiche sulla privacy e la manipolazione dell’opinione pubblica per fini politici, il social network è stato nell’occhio del ciclone per la diffusione di fake news sul Covid-19 e i vaccini.
I guai di Meta non finiscono però col cambio di brand. Facebook deve ancora fronteggiare le inchieste aperte negli Stati Uniti sulle sue pratiche di business e, in particolare, la causa antitrust intentata dalla Federal trade commission. L’accusa sostiene che Facebook abbia usato il suo potere di mercato per comprarsi aziende più piccole che potevano diventare pericolose concorrenti, in particolare Instagram e WhatsApp.
Il governo ha chiesto al tribunale di valutare l’ordine di vendere le due app; il social network ha fatto appello a sua volta perché la richiesta venga respinta, ma senza successo. Il giudice ha sentenziato che la Ftc ha basi plausibili per sostenere la sua tesi. La causa va avanti.