LO SCENARIO

Gender gap, il bilancio torna in rosso. Von der Leyen: “Una legge contro il soffitto di cristallo”

La crisi pandemica allarga la forbice della disparità di genere. La presidente della Commissione Ue: “Guidato da una donna solo il 7% delle grandi aziende europee”. Rilancia l’allarme la sottosegretaria Mef Guerra: “Scende la curva del tasso di occupazione femminile”. E uno studio di DigitAlly avverte: “Ragazze più predisposte alle e-skill, ma penalizzate dalla selezione nel lavoro”

Pubblicato il 21 Gen 2022

von der leyen

Torna a segnare profondo rosso il bilancio del digital gender gap. In Europa e in Italia. Lanciano l’allarme i vertici della comunità Ue e del governo del nostro Paese mentre uno studio mette l’accento sul divario di genere nel mondo del lavoro a fronte di e-skill più sviluppate fra le ragazze nelle giovani generazione. “Il soffitto di cristallo resta fermo ai vertici delle aziende europee – ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen in occasione dell’European Women on Boards’ Gender Diversity Award -. Solo il 7% delle più grandi aziende europee è guidato da una donna”.

Il soffitto di cristallo in Europa

Sono passati 10 anni da quando la Commissione ha fissato l’obiettivo del 40% di donne nei cda di società europee quotate in borsa. “E per 10 anni, i nostri sforzi per mettere in atto una legislazione europea sono stati bloccati” dice von der Leyen. Secondo il Gender Diversity Index tra le oltre 600 aziende presenti nell’indice il 35% dei membri dei board. Per questo, dice la von der Leyen, “dobbiamo fare molto di più. Quando il cambiamento non avviene naturalmente, è necessaria un’azione normativa. I numeri parlano da soli. In qualità di Presidente della Commissione, insisterò affinché la nostra proposta sulle donne nei consigli di amministrazione diventi legge dell’Ue. Non possiamo permetterci di perdere altri dieci anni”.

Italia, la pandemia penalizza il lavoro delle donne

Fronte ancora più conflittuale in Italia dove l’analisi dei divari tra uomini e donne evidenzia come la crisi generata dalla pandemia da Covid-19 abbia avuto effetti differenziati in base al sesso.

L’allarme viene lanciato dalla sottosegretaria al ministero dell’Economia e delle Finanze Maria Cecilia Guerra che nei prossimi giorni presenterà in Parlamento il Bilancio di genere edizione 2021 relativo all’esercizio finanziario 2020 dello Stato. “Diversamente rispetto alle crisi precedenti – spiega Guerra – l’impatto di quella pandemica è stato particolarmente negativo sulle donne: si è tradotto non solo in una significativa perdita di posti di lavoro in settori dominati dalla presenza femminile, ma anche in condizioni di lavoro peggiori, in una accresciuta fragilità economica e in un conflitto vita-lavoro ancora più aspro del passato”.

Dei 128 indicatori utilizzati nella relazione al Parlamento sull’analisi del bilancio dello Stato secondo una prospettiva di genere, i più rilevanti in questa edizione sono proprio quelli sull’occupazione e sulla conciliazione dei tempi di vita.

Scende il tasso di occupazione fenmminile

Per la prima volta dal 2013 la curva del tasso di occupazione femminile scende: nel 2020 è al 49%. Particolarmente critico è il dato relativo alle donne giovani (33,5%) e a quelle residenti nel Sud del Paese (32,5%).

Cresce ancora il divario tra tasso di occupazione femminile e maschile che arriva a 18,2 punti percentuali. “Avevamo faticosamente superato la soglia psicologica del 50% nel tasso di occupazione femminile e con la pandemia siamo rovinosamente scivolati indietro – spiega la sottosegretaria – per altro senza che si sia ancora riusciti a recuperare il terreno nonostante la ripresa economica”. Il dato sull’occupazione femminile è tanto più grave se viene letto in confronto con la media europea che si attesta al 62,7%, con un divario di genere pari a 10,1 punti percentuali.

Ma le e-skill vanno forte fra le ragazze italiane

Numeri preoccupanti anche a fronte di nuove evidenze nella “vocazione” tecnologica delle donne. Secondo una ricerca di DigitAlly le ragazze risultano infatti più predisposte dei maschi, ma a inizio carriera emerge ancora l’influenza degli stereotipi di genere nella selezione di talenti. 

L’indagine si basa sulle risposte a un test di Digital Assessment. Il 70% del cluster femminile ha ottenuto i punteggi più alti, contro il 65% di quello maschile. Osservando però le skill tecniche più spesso acquisite in azienda, le cose cambiano. Infatti, se i risultati in ambito di digital strategy sono simili alle prime esperienze di lavoro, intorno ai 30 anni tendono ad essere superiori tra gli uomini. Un dato che fa riflettere sugli stereotipi di genere, che spesso influenzano processi di selezione e crescita a inizio carriera.

Cosa emerge dall’analisi DigitAlly

L’obiettivo dello studio era misurare il livello di “digital mindset”, un insieme di competenze essenziali nella transizione digitale dell’economia. Non solo conoscenze tecniche, ma anche soft skill, capacità di personal branding, conoscenza dell’inglese, attitudine a risolvere i problemi e sfruttarli come opportunità di crescita.

Pur senza molti anni di esperienza e spesso con una formazione scolastica poco focalizzata sul digitale, la maggior parte dei rispondenti (68%) ha raggiunto un profilo semi-pro, a un passo dal gradino più alto occupato dai professionisti. Il semi-pro tipo è una donna, ha un background in economia e comunicazione, un range di età tra i 22-27 anni e un livello alto di soft skill, in particolare nell’ambito relazionale, growth mindset e intelligenza emotiva.

Solo poco meno di un terzo corrisponde al profilo professional, ma in questo caso sono gli uomini ad aver totalizzato i punteggi più alti (32% vs 26% di ragazze). Se le ragazze hanno mostrato un digital mindset complessivo mediamente più alto, i ragazzi presentano un livello maggiore di competenze sul ragionamento logico e digital strategy.

Tra le donne si registrano invece livelli più elevati di skill relazionali, di padronanza dell’inglese e un atteggiamento costruttivo verso sfide, critiche e cambiamenti della nuova società digitale.

Laurea in Stem leva di formazione

I punteggi migliori appartengono a chi ha un background in comunicazione (75%) ed economia (73%), davanti anche a chi proviene da lauree Stem (65%). I più bassi si riferiscono invece a lauree umanistiche e scienze politiche-legal (63%). Ancora scarse complessivamente le competenze sul ragionamento logico e matematico, ad eccezione di chi ha un background Stem.

“I dati dell’indagine sono incoraggianti, se pensiamo ai numeri che la disoccupazione giovanile e femminile ha raggiunto con la pandemia – commenta Francesca Devescovi, Ceo di DigitAlly. “Lavoriamo da anni con decine di grandi aziende, per sopperire al crescente bisogno di profili digitali: ai giovani serve più consapevolezza riguardo alle competenze su cui puntare. I nostri sforzi vanno da sempre in questa direzione, ma ora serve un fronte comune da parte di tutto l’ecosistema italiano di HR, formazione e recruiting”.

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