I driver principali delle trasformazioni in atto nel mercato del lavoro? Sono due: le competenze digitali (il 71% delle imprese ha investito in trasformazione digitale nel 2021) e la transizione verso un’economia più sostenibile (il 53% investe in competenze green), i due grandi temi entro cui si muovono gli investimenti previsti nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza.
E’ lo scenario delineato dal Bollettino annuale 2021 del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, secondo cui, a fine 2021, le imprese con lavoratori dipendenti operanti nell’industria e nei servizi che hanno pianificato assunzioni hanno raggiunto la quota del 60%, superando di 1,9 punti percentuali la quota del 2019. Il relativo flusso di assunzioni previsto si è attestato a circa 4,6 milioni di unità attestandosi sostanzialmente sui livelli pre-pandemia (+0,5% rispetto al 2019). Crescono in tutti i settori e sono sempre di più difficile reperimento le ricerche di personale specializzato: operai specializzati (+13,1% rispetto al 2019, +8,8 p.p. quello della difficoltà di reperimento) e laureati (+7,5% e +2,7 p.p.). Diminuiscono però le richieste per le professioni impiegatizie (-11,4%) e la domanda di diplomati e qualificati (-12,9%), anche se le difficoltà di reperimento sono in aumento per quasi tutti i profili professionali
“La ripresa dell’economia – commenta il presidente di Unioncamere, Andrea Prete – porta con sé una ripresa anche per l’occupazione. Ma permane il gap tra domanda e offerta di lavoro che ha diverse ragioni. Per i profili più qualificati c’è indubbiamente una carenza numerica ed è fondamentale per questo lavorare sull’orientamento all’interno dei percorsi scolastici. Per i profili meno qualificati, invece, un tema chiave è quello dell’esperienza e occorre insistere sulla utilità per i giovani di avere, già dalla scuola, un primo contatto con il mondo del lavoro e di sperimentare sul campo le proprie inclinazioni e abilità”.
Operai specializzati: mismatch sino ai tre quarti delle richieste
La necessità di adattarsi rapidamente al mutato scenario della ripresa economica che ha caratterizzato il 2021 ha modificato la domanda delle imprese con un consistente aumento delle difficoltà nel reperire i profili professionali ricercati. Questa ha riguardato 1/3 delle entrate programmate (32,2%). Un incremento di quasi 6 punti percentuali rispetto al 2019 determinato dalla mancanza di candidati nel 16,2% dei casi (+3,6 punti percentuali), o dalla preparazione non adeguata (12,8% delle difficoltà, +1,7 punti percentuali).
Più della metà delle figure professionali con elevata difficoltà di reperimento (16 su 30) sono operai specializzati nell’ambito industriale (ad esempio, meccanici collaudatori, saldatori, falegnami, elettricisti nelle costruzioni civili, installatori di impianti di isolamento) e nell’ambito dei servizi (ad esempio, installatori e manutentori di apparecchiature informatiche, operai specializzati nell’installazione e riparazione di apparati di telecomunicazione): per tali profili il mismatch supera sempre il 50% delle richieste delle imprese e può arrivare a coprirne fino quasi ai tre quarti. I settori che incontrano maggiori difficoltà di reperimento del proprio personale sono nell’ordine: commercio e riparazioni di veicoli (50,4%), industrie dei prodotti in metallo (47,6%), industrie della fabbricazione di macchinari e attrezzature (46,6%), industrie del legno e mobile (45,7%) e servizi Ict (45,4%). Sono però le costruzioni a evidenziare la più ampia crescita di figure difficili da reperire: 64mila in più rispetto al 2019.
Trasformazioni digitali sempre più centrali
Nel 2021 la rilevanza delle trasformazioni digitali è cresciuta sensibilmente rispetto al precedente periodo (2016-2020). Sotto l’aspetto più strettamente tecnologico, emerge in particolare l’aumento degli investimenti delle imprese in software per l’acquisizione e la gestione di dati (importante nel 42% dei casi, era il 30% in precedenza), per internet alta velocità, cloud e big data analytics (45%, rispetto al 34%) e in sicurezza informatica (43%, 10 pp in più rispetto al quinquennio 2016-2020). Tra le strategie di business hanno conosciuto un deciso potenziamento le tecniche di digital marketing e le analisi per migliorare la soddisfazione dei clienti (rilevanti nel 40% dei casi significativamente cresciuto rispetto al 25% del periodo 2016-2020), mentre nell’ambito organizzativo in aumento anche l’adozione di nuove regole per la sicurezza sanitaria per i lavoratori e l’adozione di strumenti per lo smartworking (rispettivamente, il 50% e il 41% delle imprese giudicano importante l’investimento, i rispettivi valori del quinquennio precedente si attestavano a 39% e 31%).
Nel corso del 2021 il recupero degli andamenti economici è stato differenziato tra i settori industriali (+3,5% sul 2019) e quelli dei servizi (-0,6%). Per l’industria è stato rilevante l’apporto delle entrate programmate nelle costruzioni che con quasi 424mila unità superano di circa il 15% i livelli registrati nel 2019. Analoga tendenza si registra nei principali settori coinvolti nella trasformazione 4.0 del made in Italy e anche tra i più internazionalizzati: metallurgia, meccanica ed elettronica che nel 2021 hanno coperto la metà delle entrate del manifatturiero. In crescita anche il numero di ingressi nelle utilities.
Nei servizi, le entrate previste nel commercio, e soprattutto nell’ingrosso, sono ancora inferiori ai livelli pre-pandemia, anche per l’effetto della sostituzione del commercio più tradizionale a favore delle consegne a domicilio e dell’e-commerce. Altri settori ancora penalizzati dalla crisi sono i servizi culturali e ricreativi, i servizi operativi e i trasporti e logistica. Grazie soprattutto ai risultati della stagione estiva, i servizi turistici hanno mostrato un certo recupero nel corso del 2021 sotto il profilo dell’attivazione dei contratti, ma va sottolineata la rilevante crescita delle forme contrattuali a termine e l’elevato grado di incertezza registrato nella parte finale dell’anno. Altri settori dei servizi evidenziano invece incrementi delle entrate previste. Fra questi, i servizi di media e comunicazione e i servizi informatici così come sanità e assistenza sociale.
Laureati Stem quasi irreperibili
Sono 1,4 milioni i diplomati ricercati dalle imprese (31% del totale entrate) e 634mila i laureati (13,7%). I qualificati professionali contano 1,1 milioni di ingressi programmati (23,7%) e i diplomati Its con quasi 70mila profili richiesti (1,5%). Arriva poi a coprire il 30% delle entrate programmate l’indicazione di professioni senza titolo di studio. Sono introvabili i laureati in ingegneria elettronica e dell’informazione (con una difficoltà di reperimento del 57%), i laureati in scienze matematiche, fisiche e informatiche (55,8%) e quelli in chimica-farmaceutica (46,6%), i diplomati in meccanica, meccatronica ed energia (46%), i qualificati con indirizzo elettrico (52,8%).
Le maggiori difficoltà nel Nord Est
Nelle regioni più grandi, a cominciare dalla Lombardia, seguita a una certa distanza da Lazio, Veneto ed Emilia-Romagna si concentra circa la metà delle entrate previste complessivamente in Italia. A livello territoriale, si rileva che le maggiori difficoltà nel trovare i profili ricercati vengono segnalate dalle imprese del Nord Est, dove quasi il 39% delle figure risulta difficile da reperire. Difficoltà superiori alla media nazionale si registrano anche nel Nord Ovest (34%), come pure in Toscana, Umbria e Marche. Nel Lazio e nelle regioni del Mezzogiorno (ma con l’eccezione dell’Abruzzo, dove si raggiunge il 32%) le difficoltà di reperimento risultano più modeste, anche se riguardano comunque oltre un quarto delle professioni ricercate.