Il Tar del Lazio conferma la maxi multa da 116 milioni di euro inflitta nel 2020 a Tim dall’Antitrust per aver ostacolato i competor nel mercato della banda ultralarga nelle aree bianche. Una doccia fredda alla vigilia del Consiglio di amministrazione del 2 marzo durante cui sarà presentato il piano industriale 2022-2024 dall’amministratore delegato Pietro Labriola. Bocciato dunque il ricorso di Tim.
Secondo il Tar risulta “comprovato che Tim, mentre partecipava alle gare Infratel, contestualmente operava per tentare di provocarne il loro impedimento” e che le sue condotte debbano essere ricondotte a “una strategia unitaria volta ad arrestare l’ingresso sul mercato dei nuovi operatori”.
Il procedimento – noto come vicenda Cassiopea – fu avviato nel 2017 a seguito delle segnalazioni di Infratel Italia, Enel, Open Fiber, Vodafone Italia, Wind Tre, Fastweb e dall’Associazione Italiana Internet Provider.
Per il Tar “l’individuazione del mercato rilevante delineata nel provvedimento impugnato si sottrae alle censure proposte, in quanto l’analisi del contesto di mercato su cui hanno influito le condotte contestate è stata operata approfonditamente e giungendo a conclusioni del tutto coerenti con gli elementi emersi dall’istruttoria svolta”. L’Autorità Antitrust dunque secondo il Tar “ha correttamente concluso che la posizione dominante di Tim nei mercati rilevanti fosse sussistente”. Quanto alle tesi di Tim secondo cui l’Autorità non avrebbe provato in modo adeguato l’esistenza di una strategia escludente, dall’esame di una serie di documenti per i giudici “risulta evidente come le condotte contestate rispondessero ad una strategia aziendale e non certo ad iniziative sporadiche di singoli dipendenti”.