Riscoppia la polemica sull’indipendenza dell’Auditel. Durante il Cda di Auditel di stamani è stato consegnato a tutti i consiglieri un documento in cui si evidenziano alcune criticità sulle modalità di rilevazione dei meter e sulla neutralità della società rispetto ai broadcaster, soprattutto i più grandi.
Il primo punto critico: Rai e Mediaset potrebbero essere a conoscenza delle città dove i meter sono ubicati. A sostegno dell’ipotesi il fatto che nel corso nel 2011, nelle fasi di switch off, Rai e Mediaset sono riuscite a garantire una risintonizzazione quasi immediata dei ricevitori delle “famiglie Auditel” rispetto agli altri player che hanno invece impiegato tempi più lunghi.
In Lombardia, ad esempio, è stata molto alta la percentuale di famiglie che si è rapidamente sintonizzata su Canale 5 (61,7%) e su Rai 1 (72.5%) già dal primo giorno, con un differenziale verso La 7 rispettivamente di -26,7% e -37,5%. Si tratta di numeri che portano a pensare che la copertura Auditel non sia basata solo sulla popolosità del bacino di utenza, ma anche sulla conoscenza dell’ubicazione dei rilevatori. Per questo viene richiesto, all’interno del documento, l’intervento urgente di un istituto terzo indipendente che verifichi la ricevibilità dei canali diversi da Rai e Mediaset da parte del panel campione nonché il comportamento del fornitore Nielsen Tam per accertare eventuali comportamenti discriminatori nei confronti dei broadcaster minori.
A non convincere è anche il cosiddetto criterio di stratificazione del panel che dovrebbe rappresentare l’universo delle famiglie italiane scelte in base a una serie standard di caratteristiche socio-demografiche. Secondo il documento le modalità di scelta del campione non rispondono più alle esigenze di un mercato sempre più caratterizzato da forti cambiamenti tecnologici – aumenta il numero di chi fruisce dei contenuti tv sul web o su altre piattaforme – determinando una “sottorappresentazione” della tipologia di utenti a favore dei nuclei cosiddetti tradizionali che incidono fortemente sulle rilevazioni: il 7,5% dei casi diventa responsabile del 22% degli ascolti.
Un simile modello, dunque, introduce pesanti distorsioni sulla rappresentatività del campione – quindi sulla sua efficacia – attestando una sorta di “premio” a chi consuma più tv in modo tradizionale, in genere anziani a bassa scolarità affezionati ai canali tv collocati ai primi posti del telecomando. Anche in questo caso nel testo consegnato ai membri del Cda si chiede l’intervento di un soggetto terzo che approfondisca la situazione.
Il documento propone quindi di cambiare la composizione del panel, passando dalle famiglie ai singoli individui e incentrare le rilevazioni su apparecchi diversi rispetto alla televisione, quali smartphone e tablet.