Dal 16 marzo al 31 marzo: questa la nuova deadline per presentare le offerte nell’ambito della gara Italia a 1 Giga. Non molta cosa, certo, ma considerati i tempi stretti di execution imposti dall’Europa per l’erogazione dei fondi Pnrr, anche 15 giorni possono diventare dirimenti. Dopo il flop della prima gara, quella per portare la banda ultralarga nelle isole minori andata deserta (il nuovo bando è stato pubblicato nei giorni scorsi), ci si augura non si prospettino difficoltà anche per il Piano Italia a 1 Giga, pilastro portante della strategia per l’Italia digitale del ministro Vittorio Colao.
A disposizione ci sono quasi 3,7 miliardi di euro di fondi Pnrr per portare l’Internet veloce a 7 milioni di indirizzi (numeri civici) in tutta Italia: i civici coinvolti nella misura sono suddivisi in 15 aree geografiche, i cosiddetti lotti, che saranno oggetto di intervento da parte degli operatori vincitori dei finanziamenti. I lavori dovranno essere completati entro il 30 giugno 2026 ma sono stati individuati obiettivi semestrali di copertura e un sistema di penali in caso di mancata copertura dei civici e ritardo dei tempi di realizzazione dei lavori. Il contributo pubblico coprirà fino al 70% delle spese sostenute, a carico del beneficiario una quota non inferiore al 30%.
Riguardo al nuovo bando da 45 milioni per portare l’alta connettività alle isole minori la deadline è stata fissata al 18 marzo. Coinvolte le isole di Lazio, Puglia, Sicilia, Toscana e Sardegna. La gara riguarda la progettazione, la fornitura e posa in opera dei cavi sottomarini in fibra ottica e relativa manutenzione.
Sul cammino della roadmap della banda ultralarga anche le nuove regole previste dal Ddl Concorrenza. A denunciare “perplessità” sulle modalità operative previste per l’avvio dei cantieri è Tim che in una memoria inviata alla commissione Industria del Senato accende i riflettori in particolare sull’articolo 20 del disegno di legge, che introduce l’obbligo di coordinamento per le opere di genio civile (eseguite direttamente o indirettamente) – ad oggi prevista come facoltativa – tra gli operatori che intendano realizzare reti nelle stesse aree. “L’obbligo di coordinamento appare in contrasto con l’obiettivo primario di sviluppare rapidamente le infrastrutture a banda ultralarga nel nostro Paese, basato su dinamiche concorrenziali e sulle capacità competitive di realizzazione di tali infrastrutture da parte dei diversi soggetti interessati”, si legge nella memoria. Secondo Tim l’esercizio l’opzione “è oggi nella discrezionalità delle imprese che, naturalmente, hanno tutto l’interesse ad avvalersi del coordinamento quando ciò risulti un beneficio in termini di tempi e costi di realizzazione. Diversamente le imprese sono, libere di non esercitare questa facoltà nel caso in cui non fosse, per i più svariati motivi, conveniente”.