L'ALLARME

Covid, Shenzhen in lockdown: riflettori su Huawei, Tencent e Oppo. A rischio le forniture hi-tech

La città cinese è il fulcro del settore tecnologico e delle industrie manifatturiere elettroniche. Sospende le attività anche la taiwanese Foxconn, principale partner di Apple

Pubblicato il 14 Mar 2022

Asi Covid

Il Covid torna a mettere sotto pressione sulla supply chain globale della tecnologia con il lockdown imposto da Pechino alla città di Shenzhen, il cuore pulsante dell’hitech nazionale. Qui hanno la loro sede centrale diversi colossi dell’innovazione e delle Tlc, tra cui Huawei, Tencent (casa madre di WeChat), Oppo. I nuovi casi di Covid-19 hanno fatto scattare le misure “tolleranza zero” perseguite dal governo per fermare i contagi. Solo i servizi essenziali rimarranno aperti per gli oltre 17 milioni di residenti della cosiddetta Silicon Valley della Cina.

A Shenzhen ha interrotto le sue attività anche il gigante dell’elettronica taiwanese Foxconn, il principale fornitore di Apple. Il contractor (che conta anche Google e Amazon tra i suoi clienti) ha indicato alla Cnn che “la data di riapertura della nostra fabbrica sarà suggerita dall’amministrazione locale”. Foxconn ha due siti principali a Shenzhen, ma ha detto che ha spostato in qualche modo le linee di produzione verso altri impianti per “minimizzare il potenziale impatto” delle chiusure.

Con un avviso simile anche la sussidiaria Gis (General interface solution), che conta tra i propri clienti Apple e Samsung, ha confermato lo stop alla produzione nell’impianto di Shenzhen.

La Cina ha registrato oggi 1.337 casi di contagio accertati di Covid-19, 75 dei quali a Shenzhen.

Si ferma la Silicon Valley cinese; occhi puntati sul porto

A Shenzhen hanno sede circa 70.000 imprese impegnate nella produzione di tecnologie, da cui la metropoli ricava il 40% del suo Pil. L’amministrazione locale preme l’acceleratore su questo sviluppo tecnologico reinvestendo il 4,1% del prodotto interno lordo in ricerca e sviluppo.

La città, al confine con Hong Kong, è anche sede di uno dei maggiori porti al mondo, Yantian. Al momento la struttura è attiva, ma un’eventuale chiusura sarebbe un’ulteriore pesante minaccia al funzionamento della logistica globale. Le imprese di tutto il mondo sono già messe a dura prova dall’aumento dei prezzi delle materie prime, tempi di consegna prolungati, carenze di lavoratori e incertezze create dalla guerra in Ucraina.

La scorsa estate il porto di Shenzhen è stato costretto a interrompere l’attività per quasi una settimana perché alcuni suoi lavoratori sono risultati positivi al Covid, causando una lunga coda di merci da consegnare e un aumento dei prezzi di trasporto globali.

Si “salvano” per ora i chip

Oltre a Foxconn anche la taiwanese Unimicron ha reso noto di aver interrotto la produzione a Shenzhen. Si tratta di un altro fornitore chiave di Apple, nonché di Intel e Nvidia, ma Unimicron ha chiarito che i substrati Abf (Ajinomoto Build-up Film) non sono prodotti nella metropoli cinese e quindi non si prevedono peggioramenti alla già grave carenza globale di chip.
La supply chain cinese non è nuova a queste interruzioni causate dalla pandemia. Alcuni mesi fa Pechino ha messo in lockdown la città nord-occidentale di Xian, costringendo al fermo alcune importanti attività legate al settore hitech, tra cui quelle di produzione dei chip di Samsung e Micron.
Si tratta di misure drastiche che colpiscono le imprese e le economie globali, ma anche le prospettive di crescita interne: Pechino ha fissato come obiettivo del 2022 una crescita economica del 5,5%, il target più basso da decenni.

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