Su bitcoin e criptovalute decine di Paesi al mondo che hanno deciso di dare spazio all’innovazione del fintech in modo regolato – tra cui l’Italia. E l’Ucraina, che in questi giorni ha addirittura approvato un quadro normativo per l’industria delle monete virtuali. La mossa si lega alle tante donazioni in criptovalute ricevute dopo l’invasione della Russia.
In altri Paesi vige invece il bando assoluto, come in Cina. Il primo a fare del bitcoin una valuta legale? El Salvador, in Centro America.
Il quadro intero della regolamentazione del bitcoin e delle criptovalute nel mondo emerge in una mappa di Statista basati sui dati della Law Library del Congresso Usa.
Bitcoin, corso legale a El Salvador
Dallo scorso settembre il bitcoin ha ufficialmente corso legale a El Salvador. Il Paese è il primo al mondo ad adottare la criptovaluta, in linea con un esperimento che, secondo i sostenitori, ridurrà i costi di commissione per miliardi di dollari inviati dall’estero, ma che secondo i critici potrebbe alimentare il riciclaggio di denaro.
La novità implica che le aziende accettino pagamenti in bitcoin oltre che in dollari Usa, dal 2001 valuta ufficiale di El Salvador e che resta in corso. Il presidente Nayib Bukele, che ha spinto per l’adozione della criptovaluta, afferma che il passaggio aiuterà i salvadoregni a risparmiare circa 400 milioni di dollari che vengono spesi ogni anno in commissioni per le rimesse.
Il governo spera anche di accrescere l’inclusione finanziaria in un Paese in cui circa il 70% dei cittadini non ha accesso ai servizi finanziari tradizionali. Non tutti i cittadini sono tuttavia d’accordo: molti temono la volatilità del bitcoin, i rischi finanziari e anche i potenziali utilizzi per il riciclaggio di denaro.
“Ban” totale in Cina e altri otto Paesi
Sono proprio questi rischi sistemici ad aver portato la Cina a prendere la decisione opposta sempre lo scorso settembre: divieto totale su bitcoin e tutte le criptovalute.
La Cina è stata la prima grande economia mondiale a emettere lo yuan digitale, una valuta nazionale basata sulla blockchain ed emessa dalla banca centrale, all’inizio del 2021. Nel frattempo ha stretto i controlli sulle monete virtuali fino a varare il “ban”.
Secondo la Law Library of Congress, nove Paesi nel mondo hanno adottato la stessa drastica misura (tra cui Algeria, Marocco, Egitto). Molti altri applicano un divieto di fatto (come Arabia Saudita, Libia, Turchia, Indonesia) grazie al raggio di azione di leggi che implicitamente includono le valute digitali. La maggior parte delle nazioni dove vige il “ban” si trovano in Africa, Medio Oriente e Asia.
India banco di prova per le criptovalute nazionali
Come la Cina, altri Paesi al mondo stanno valutando il lancio di una criptovaluta nazionale, controllata dalla banca centrale. Tra questi ci sono anche l’Ue, il Regno Unito, la Russia, l’Australia, l’India e la Tailandia. Questi ultimi due Paesi sarebbero già avviati verso piani concreti di attivazione della moneta nazionale digitale.
In Europa, il progetto dell’euro digitale sarà pronto nel 2023, secondo quanto annunciato di recente dalla presidente della Bce, Christine Lagarde. “La Banca centrale europea sta facendo la sua parte per preparare l’Europa al nuovo scenario tracciato dal digitale, in particolare attraverso il progetto dell’euro digitale – ha detto Lagarde – Attualmente stiamo studiando le questioni chiave sollevate dalla sua progettazione e distribuzione”. Lo studio si concluderà nel 2023”.
In Italia obbligo di iscrizione in un registro ad hoc
Nel nostro Paese il ministero dell’Economia ha firmato lo scorso mese il decreto che regola le attività degli operatori di criptovalute. In particolar modo il provvedimento disciplina l’iscrizione obbligatoria dei player in criptovalute nell’apposito registro che dovrà essere gestito dall’Organismo degli agenti e mediatori (Oam). Resta fuori dal perimetro del decreto la mera attività di emissione in proprio delle valute virtuali se non accompagnata dall’esercizio a titolo professionale.
L’iscrizione nel registro sarà dunque prerequisito essenziale per esercitare legalmente l’attività. È così in diversi altri Paesi del mondo, tra cui i membri dell’Ue, il Regno Unito, il Canada, gli Stati Uniti, il Messico, il Cile, il Giappone, la Corea del Sud e altri ancora.