STRATEGIE

Alibaba rilancia sul piano di buyback: operazione da 25 miliardi di dollari

Di fronte alla stretta regolatoria di Pechino e a una concorrenza serrata che erode i profitti, il gigante cinese reagisce ampliando il programma prima fissato a 15 miliardi. In rialzo il titolo in Borsa

Pubblicato il 22 Mar 2022

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Alibaba alza il valore del suo programma di riacquisto di azioni proprie a 25 miliardi di dollari contro i 15 miliardi fissati in precedenza. Il cda del colosso cinese dell’e-commerce ha approvato l’ampliamento del buyback come “segnale di fiducia nella capacità dell’azienda di continuare a crescere nel futuro”, si legge in una nota.

Per gli analisti di mercato la mossa è però direttamente legata alla volontà di sostenere il prezzo del titolo, dimezzatosi da quando il governo cinese ha stretto il controllo sui giganti tecnologici, inasprendo le regole antitrust e colpendo Alibaba con una maxi-multa di 2,33 miliardi di dollari per violazioni delle regole sulla concorrenza nel mercato dell’e-commerce. L‘annuncio ha già fatto salire di oltre l’11% il valore delle azioni quotate a Hong Kong.

Tonfo degli utili nel quarto trimestre

Il programma di riacquisto di azioni sarà valido per un periodo di due anni, fino a marzo 2024. Al 18 marzo 2022 Alibaba ha acquistato un totale di 56,2 milioni di titoli American depositary (Adr) in base al programma di buyback precedentemente annunciato, sborsando in tutto circa 9,2 miliardi di dollari.

“Il valore del titolo di Alibaba non riflette in modo equo il valore dell’azienda, considerati i nostri solidi risultati finanziari e i piani di espansione”, ha affermato il vice direttore finanziario di Alibaba, Toby Xu.

Alibaba nei giorni scorsi ha riportato i risultati del quarto trimestre del 2021: gli utili sono scesi del 74% anno su anno a 20,4 miliardi di yuan (3,2 miliardi di dollari), a causa di una svalutazione straordinaria. Senza questa sono comunque in flessione del 34% a 5 miliardi di dollari a causa dei forti investimenti per far crescere la base utenti e la presenza internazionale, ha indicato Albibaba.

I ricavi sono saliti del 10% a 242,6 miliardi di yuan (38 miliardi di dollari). A livello di vendite, il cloud è cresciuto del 20% (3 miliardi di dollari), l’e-commerce internazionale del 18% (2,5 miliardi di dollari) ma l’e-commerce in Cina solo del 7% (27 miliardi di dollari). 

I consumatori attivi sono invece in aumento a 1,28 miliardi di cui 979 milioni in Cina e 301 milioni all’estero, rispettivamente in crescita di 26 milioni e 16 milioni di unità.

La reazione di Alibaba

A dicembre Alibaba ha annunciato una riorganizzazione della sua attività di e-commerce e la nomina di un nuovo chief financial officer, il citato Toby Xu – anche questa una risposta alla stretta regolatoria di Pechino nonché alla pressione di un mercato sempre più competitivo. L’azienda ha creato una divisione chiamata International Digital Commerce per gestire l’attività di shopping online sui mercati internazionali, mentre un secondo team nominato China Digital Commerce si occuperà dell’attività in Cina. I gruppi saranno diretti, rispettivamente, dai top manager Jiang Fan e Trudy Dai.

Stretta di Pechino sulle Big tech

Dal 2019 Pechino conduce una crociata contro le big tech nazionali per spezzare gruppi dominanti che considera un ostacolo alla concorrenza e all’innovazione, oltre che difficili da controllare nelle loro diverse attività, tra cui la raccolta di dati personali, i pagamenti e i finanziamenti. Alibaba è il colosso più bersagliato; il governo centrale ha anche imposto nel 2020 lo stop dell’offerta pubblica iniziale (Ipo) di 35 miliardi di dollari della controllata fintech Ant e uno spezzatino delle sue attività finanziarie.

In questi tre anni la Cina ha continuato a varare misure per inasprire i controlli sui colossi del digitale. A febbraio sono entrate in vigore nuove regole che limitano le Ipo delle aziende tecnologiche cinese sulle piazze estere. Nella mossa più recente il regolatore del cyberspazio (Cyberspace administration of Chin, Cac) ha definito nuove linee guida che obbligano le grandi internet company cinesi a ottenere l’approvazione dell’autorità prima di effettuare qualunque investimento o raccolta di fondi. Parallelamente il governo centrale ha pubblicato una serie di raccomandazioni che mirano a spezzare i monopoli e a garantire la privacy nel settore delle piattaforme digitali

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