Sedici dipendenti di Cisco, provenienti da vari Paesi europei, chiamati a misurarsi con una nuova dimensione del lavoro. Una piattaforma tecnologica dedicata, appositamente studiata per favorire contatti e interazioni tra persone di team distribuiti. Un approccio mentale innovativo, fatto non più di luoghi di lavoro statici, di orari da rispettare e di esigenze personali accantonate, ma di nuovi standard più inclusivi e coinvolgenti. E poi una città fra le più belle del mondo, Venezia, pronta ad accogliere i “nuovi venuti” con una potenzialità tutta da scoprire: non più solo città del turismo, ma anche città del lavoro, attrezzata in termini di spazi, tecnologie e servizi per favorire il massimo wellness possibile.
Si racchiude in Venywhere, il progetto che Fondazione di Venezia e Università Ca’ Foscari hanno messo in campo per offrire strumenti di operatività alla popolazione emergente dei workers from anywhere, il perfetto ritratto del futuro del mondo del lavoro. Questa, almeno, è l’idea di Cisco, che stamane ha raccontato al pubblico la sua esperienza: prima realtà a sperimentare l’innovativo strumento, l’azienda ha chiesto a sedici “pionieri” interni di risiedere a Venezia per tre mesi per testare funzionalità, pregi, difetti e verificare possibili margini di miglioramento del progetto. Un racconto che, a poche settimane dall’avvio, fotografa già un clima di entusiasta sperimentazione, ponendo le prime basi all’inserimento di una nuova comunità attiva di persone in grado di arricchire la città di nuove energie e spingere all’offerta di nuovi servizi e opportunità economiche per la comunità locale.
Nuove best practise di lavoro ibrido
“A Venezia la collaborazione con Venywhere ci ha permesso di inaugurare un vero e proprio laboratorio di innovazione vivente – ha spiegato Gianpaolo Barozzi, director People&Communities di Cisco -: 16 nostri addetti lavoreranno e vivranno qui per 3 mesi, lavorando insieme su futuro del lavoro, leadership, spazi distribuiti, nuovi modi di fare sostenibilità e una nuova idea di inclusione. Obiettivo sarà definire insieme le nuove best practise di lavoro ibrido, disegnando metodologie da introdurre nell’organizzazione”. Ma non solo. Fra gli scopi della collaborazione c’è anche una riflessione “interna”: “Come possiamo far evolvere Webex – domanda Barozzi -? Questo è un altro quesito cui chiediamo ai pionieri di trovare risposta, in base alle loro abitudini e agli utilizzi della piattaforma”.
Un progetto “figlio” della pandemia
“Venywhere è figlio degli ultimi due anni – ha fatto ancora notare Massimo Warglien, professore di Management e fondatore del progetto -: la pandemia ha da un lato mostrato la fragilità del modello di sviluppo avuto dalla città nei tempi recenti, con i conseguenti rischi di eccessiva dipendenza dal turismo, e dall’altro ha legittimato un modello lavoro from anywhere, portando potenzialmente in città nuove figure che possano fare di Venezia una “città del lavoro” e non più solo una città turistica”. Risultato? “Le prime sperimentazioni della piattaforma – ha concluso Warglien – stanno “iniziando ad attirare molte persone che vogliono venire qui in città. Soprattutto under 45, donne, provenienti da settori anche molto diversi e da molte aree geografiche”.
Robbins: “Rendere i dipendenti felici, anche con la tecnologia”
Convinto sostenitore dell’idea che il lavoro non possa più inquadrarsi nelle logiche statiche e depersonalizzanti del passato, Chuck Robbins, Ceo di Cisco, ha spiegato che oggi la vera mission è “riuscire a connettere le persone come mai prima”. Un obiettivo che la tecnologia non deve “fagocitare”, ma semplicemente abilitare, “consentendo esperienze inclusive, modalità di lavoro ibrido, collaborazione tra chi è a casa e chi no”. “Non devono esserci differenze di accesso – ha puntualizzato il Ceo alla platea dell’evento veneziano -: ovunque siano, le persone devono poter eseguire ogni attività in modo sicuro, nel massimo della flessibilità. Il futuro? E’ di chi sceglie uno stile di vita che rende felici: se i dipendenti sono felici di quello che fanno, il primo passo verso il successo è già compiuto“.
Il lavoro del futuro: inclusivo, sostenibile, digitale
Ma come mettere in pratica nel concreto un tale patrimonio di intenzioni? Gianmatteo Manghi, amministratore delegato di Cisco Italia, racconta che il futuro del lavoro, nella concezione dell’azienda, risponde a tre pilastri chiave. “Deve essere innanzitutto inclusivo: ciascuno deve sentirsi coinvolto, deve poter esprimere le proprie idee, il proprio valore e le proprie competenze. Si tratta di un fatto di cultura e processi, ma anche di tecnologie. E soprattutto, “inclusione” è anche fare qualcosa che abbia impatto positivo nella comunità in cui operiamo. Un’azienda deve sì realizzare ottimi risultati finanziari, ma ciò per cui verrà ricordata sarà sempre ciò che ha fatto a favore del mondo sociale ed economico”.
Secondo pillar, la sostenibilità. “Il futuro del lavoro è sostenibile – ha chiarito Manghi -. Noi come Cisco abbiamo preso l’impegno a diventare azienda emissioni zero per Scope 1 e 2 entro il 2025 ed entro il 2040 per Scope 3. Già oggi in Italia operiamo con il 100% energie rinnovabili, ma siamo attenti anche alla sostenibilità sociale ed economica: non a caso, nella nostra mission c’è anche l’idea di consentire alle persone di vivere le proprie ambizioni professionali in piena armonia con quelle famigliari e personali”.
Ultimo pilastro, il lavoro digitale. “La tecnologia – ha chiuso Manghi – è un fattore abilitante importante. Ed ogni elemento di questo quadro deve essere aperto a lavorare con gli attori dell’ecosistema, per promuovere nuove interazioni e nuovi scambi di idee”