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Robotic Process Automation, Beta 80 in pole position

Il mercato destinato a una crescita vertiginosa, passando da 1 miliardo del 2020 a 13 miliardi nel 2030. La scelta del partner diventa fondamentale per massimizzare le opportunità e ottenere risultati efficaci in termini di produttività. Ecco gli scenari applicativi

Pubblicato il 21 Apr 2022

robotic process automation concept

Statista prevede che il mercato del Robotic Process Automation (RPA), cioè dei robot software impiegati per svolgere quelle attività ripetitive che in precedenza erano eseguite dalle persone, dovrebbe crescere fino a valere più di 13 miliardi di dollari entro il 2030, da poco più di miliardo nel 2020. Le ragioni a sostegno di questa previsione sono da ricercare in un uso trasversale di questa tipologia di software da parte di qualsiasi settore merceologico. Se pensiamo, ad esempio, al mondo delle telecomunicazioni, i sistemi RPA coprono attività come i processi di fatturazione, l’elaborazione dei pagamenti, l’inserimento e l’elaborazione dei dati, il customer service, la portabilità del numero, la verifica dei documenti per l’assegnazione della SIM e così via. Alcune di queste attività, come portabilità e assegnazione delle SIM, sono tipiche dell’ambito telco, altre invece, dalla fatturazione alla gestione dei dati, appartengono a qualsiasi industry. “Oggi la consapevolezza delle aziende sui software RPA – spiega Mario Caramello, Program Manager di Beta 80 Group – è maggiore di qualche anno fa. Generalmente tendiamo perciò ad affiancarle in una fase successiva a quella di primo avvio, proprio perché quasi sempre il cliente ha già introdotto qualche tipo di automazione in azienda”.

La metodologia per l’RPA di Beta 80

Beta 80 ha un parco clienti consolidato, con un turnover molto basso. Segue infatti da diversi anni organizzazioni fidelizzate attraverso una delle sue business unit dedicate alle soluzioni ICT, ai progetti per la logistica e i magazzini, alle control room e alle centrali di emergenza. L’implementazione di Robotic Process Automation, quindi, rientra in una più ampia value proposition imperniata sulla cultura dell’automazione come elemento competitivo in grado di generare un’ottimizzazione dei processi. Non si limita, in sostanza, a offrire una delle tante soluzioni RPA tra quelle che, ad esempio, Gartner colloca nel suo Magic Quadrant riservato ai vendor di questa tecnologia. “In veste di system integrator, il differenziale che porta Beta 80 – chiarisce Caramello – è che il cliente possa raggiungere i suoi obiettivi usando la piattaforma che effettivamente gli occorre. Riusciamo a farlo perché conosciamo bene sia i mercati sia i processi che andiamo ad automatizzare. E su questa base strutturiamo poi il nostro intervento”. A tale scopo Beta 80 ha elaborato una metodologia specifica che prende le mosse da 3 principali scenari d’uso in cui l’RPA può essere impiegato:

  1. acquisizione dati da documenti, elettronici e non, per l’inserimento nelle Business Application;
  2. acquisizione dati dalle Business Application, elaborazione e controllo, successiva distribuzione dati;
  3. scambio dati e integrazione tra Business Application.

Il Quick Assessment in vista dell’automazione

Alla luce di uno di questi 3 scenari, ciascuno dei quali coincide con l’obiettivo che l’azienda si prefigge di conseguire grazie all’automazione, il metodo di Beta 80 presuppone che “le aziende seguano, almeno in partenza, una ‘ragionamento’ strutturato che consenta di elevare il livello di consapevolezza, assicurare il ritorno sull’investimento e contenere i rischi operativi sempre insiti nell’adozione delle nuove tecnologie” tiene a precisare il Program Manager. La metodologia di Beta 80 contempla quello che la società definisce “Quick Assessment per l’RPA” con cui identificare le opportunità di automazione, individuare i processi “automatizzabili”, programmare una roadmap conseguente e impostare il modello operativo e di controllo più adeguato al tipo di intervento e al contesto organizzativo. Tra i criteri di eleggibilità per l’introduzione dell’RPA, ad esempio, rientrano quei processi soggetti a lunghi tempi di attraversamento a causa dell’elevata manualità, o ancora i task che implicano costi operativi molto onerosi per attività di data entry, o infine la scarsa accuratezza del dato a motivo della ripetitività necessaria alla sua gestione. La tecnologia RPA, in definitiva, deve contribuire allo spostamento delle attività operative e di controllo che solitamente richiedono personale espressamente dedicato, interno o esterno, verso una digital workforce. Con il duplice vantaggio di valorizzare il capitale umano in virtù dell’assegnazione di compiti a maggior valore e di abbattimento dell’effort e della spesa associati a workflow non automatizzati.

Autonomia e flessibilità per rendere efficace l’RPA

L’esito della partnership con Beta 80, nell’implementare un sistema RPA, è che l’azienda se ne avvalga senza dover dipendere in seguito né dal fornitore della tecnologia né dal system integrator che l’ha affiancata per il suo impiego ottimale. “Normalmente – dice infatti Mario Caramello – cerchiamo di rendere l’utente finale, sia esso un utente business o che faccia parte del personale IT, capace di gestire in autonomia il processo dell’RPA. Per questo pensiamo sia molto importante la parte di formazione e di abilitazione all’utilizzo dello strumento. La capacità di usare le soluzioni che vengono messe a disposizione dai vendor permette di creare quella cultura dell’automazione che è auspicabile si diffonda all’interno dell’azienda”. Questa caratteristica è associata a una flessibilità nell’approccio che tiene conto dei potenziali sviluppi ulteriori. “Spesso la definizione di workflow in dettaglio e la costruzione di una roadmap potrebbero non essere sufficienti per un pensiero complessivo di evoluzione. Il rischio è che il cliente raggruppi insieme 4 o 5 soluzioni RPA e che poi i progetti falliscano perché magari non si riescono a cogliere tutte le complessità che ogni automazione fisiologicamente comporta. Tanto che si può arrivare a un giudizio che reputi non conveniente l’automatizzazione dei processi”. Per evitare questo rischio, c’è una sola strada: “Servono dei KPI oggettivi – afferma in conclusione Caramello – che qualifichino le varie automazioni e i benefici che si possono ottenere a fronte del ROI e dei costi che si affrontano”.

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