Il Pnrr rappresenta una chance imperdibile per accelerare sulla mobilità innovativa e sulle smart road. Ma serve mettere a fattor comune le competenze del sistema Paese. Marko Bertogna, professore Ordinario presso l’Università di Modena e Reggio Emilia e direttore del laboratorio High-Performance Real-Time (Hipert), spiega a CorCom a che punto è l’Italia e come accelerare per raggiungere gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il Governo sta spingendo sull’infrastrutturazione a banda ultralarga. Il Pnrr prevede risorse per colmare i gap e accelerare la roadmap nelle aree a fallimento di mercato e non solo. Quanto le infrastrutture ad alta velocità potranno contribuire a rivoluzionare la mobilità urbana e l’erogazione di servizi innovativi?
Certamente il piano Bul che mira a diffondere la connettività ultraveloce in tutto il Paese rappresenta un abilitatore sia per le smart road sia per lo sviluppo delle auto che progressivamente diventeranno driverless. Ma, se l’infrastrutturazione è fatto abilitante, è pur vero che non è condizione sufficiente.
In che senso?
Partendo dal presupposto che le auto a guida totalmente autonoma ancora non sono su strada – è un percorso ancora in divenire – ma che le applicazioni a livello prototipale ci sono, quello su cui dobbiamo lavorare, e su cui si sta concentrando Hipert, è risolvere i problemi legati ai sistemi di intelligenza artificiale soprattutto sul fronte “perception” e renderli a prova di errore. Mi spiego: oggi quelle piattaforme non sono ancora in grado di identificare se sul percorso di un veicolo a guida autonoma ci siano ostacoli e “decidere” velocemente cosa fare. Perché magari la mia rete neurale non è abbastanza “brava”.
E allora?
La ricerca si sta concentrando su questo aspetto. Come Hipert, ad esempio, abbiamo sviluppato un sistema di telecamere smart in grado di rilevare in millisecondi se in strada ci sono altri veicoli o persone che possono ostacolare il percorso e inviare l’informazione in tempi velocissimi all’auto driverless. Avere una rete a banda ultralarga che consente la trasmissione a latenza zero è cruciale. Questo per dire che lavorare in tandem su rete e applicazioni rappresenta la chiave di volta.
Molti i progetti che riguardano le cosiddette smart road: da Anas ad Autostrade (Aspi) la macchina dell’innovazione si è messa in moto. Aspi ha appena siglato un memorandum con Open Fiber per dare vita ad una newco dedicata a progetti di mobilità sostenibile e innovativa e alla digitalizzazione di strade e città. Quanto conta la collaborazione pubblico-privato per spingere l’innovazione e cosa ne pensa specificamente del progetto annunciato?
Direi che è fondamentale: collaborazioni come quelle di Aspi e Open Fiber sono in grado di spingere sull’innovazione, non solo nella mobilità, ma anche di tutto il sistema Paese, se consideriamo le infrastrutture stradali come il sistema nervoso della Penisola. Quello che manca su questo fronte, però, è il focus sui costi: è necessario andare oltre la mera analisi prototipale e sapere quanto realmente costerà il progetto una volta a regime. E per fare questo è necessario che tutti gli stakeholder coinvolti si mettano a un tavolo a ragionare sulla sostenibilità. Ecco perché collaborazione come quella tra Aspi e Open Fiber possono essere un utile esempio da seguire.
Banda ultralarga ma anche sensori di nuova generazione, intelligenza artificiale e robotica: l’Italia ha le carte in regola per dotarsi di un ecosistema industriale in grado di spingere i progetti di smart city e smart road?
Considerando che le auto a guida totalmente autonoma, così come la trasformazione del Paese in una smart nation, non sono obiettivi raggiungibili nel breve periodo, abbiamo il tempo per implementare la nostra capacità – che esiste ed è forte – di sviluppare tecnologie d’avanguardia così come di mettere a sistema le competenze di cui siamo dotati. A mio avviso, infatti, quello che manca al Paese non sono le skill in sé ma proprio la loro messa a sistema.
Come fare?
Oggi abbiamo uno straordinario strumento per farlo, ed è il Pnrr che mette a disposizione 400 milioni per la mobilità sostenibile. Una cifra mai vista prima. Gli spoke del piano sul fronte mobilità e trasporti rappresentano un canale importante per valorizzare le competenze perché consentono un confronto continuo tra gli stakeholder coinvolti nei progetti.
La rivoluzione digitale passa anche dall’automotive: connettività in mix con tecnologie emergenti consentiranno di giocare la partita delle connected car e dei veicoli autonomi. Il laboratorio Hipert è un’eccellenza italiana in tal senso. Quali sono i progetti a cui state lavorando?
Abbiamo sviluppato una piattaforma base che “contiene” algoritimi, sensori e computing per abilitare mezzi a guida autonoma che non sono solo auto ma anche, ad esempio, veicoli di last mile delivery o ancora droni d’acqua e di aria. Sul fronte strettamente dei prodotti, abbiamo realizzato il sistema di telecamere intelligenti di cui ho parlato sopra: una soluzione totalmente made in Italy e aperta che può essere utilizzata sia sulla rete stradale cittadina sia su quella autostradale. Si tratta di un prodotto con cui non vogliamo in alcun modo fare business, ma realizzare un paradigma intelligente per la mobilità sostenibile del futuro.