Meno burocrazia per spingere il 5G. Dopo le norme sblocca-cantieri già sancite grazie ai provvedimenti in materia di semplificazioni nella fase più acuta della pandemia, è il decreto Taglia prezzi ad introdurre uno degli adempimenti a favore della transizione digitale considerato “errato” nella forma ma soprattutto nella sostanza.
Il nuovo articolo 7 bis – a correzione di quanto disposto dal decreto legislativo 207 del 2021 che ha tenuto a battesimo il Codice delle comunicazioni elettroniche in attuazione della direttiva Ue del 2018 – sancisce che non è necessaria la documentazione tecnica relativa alle emissioni elettromagnetiche per l’installazione di infrastrutture quali pali, torri e tralicci destinate ad ospitare gli impianti radioelettrici.
Pali, torri e tralicci in quanto elementi passivi della rete non hanno infatti niente a che vedere infatti con le emissioni elettromagnetiche degli impianti cosiddetti radioelettrici: queste ultime riguardano le antenne “accese” ossia l’operatività delle reti e in questo caso nulla cambia rispetto alle disposizioni precedenti in quanto a “bollinatura” da parte delle Arpa, le agenzie regionali per l’ambiente che hanno in capo la verifica del rispetto dei limiti elettromagnetici. Gli elementi passivi della rete mobile hanno le stesse caratteristiche intrinseche di quelli di rete fissa: un cavo in fibra non trasmette dati se la fibra è “spenta” ossia se nessun operatore la “accende” con una propria relativa offerta al pubblico finale. Ma nel caso della fibra nessuno si è mai sognato di emanare provvedimenti per verificare la trasmissione dati (che non esiste) dell’“hardware” puro.
Riguardo alle reti mobili a chiarire la faccenda era già stato un pronunciamento del novembre 2021 dell’Arpa Toscana (Prot. N. 2021/0091135) che ha stabilito che pali, torri e tralicci sono un “oggetto propedeutico alla installazione di antenne”, e che dunque su tali istanze non è previsto il parere in quanto trattasi di elementi privi di impianti radioelettrici.