Robotica, bioeconomia, metaverso, digitalizzazione della Pa, decarbonizzazione e transizione ecologica sono le sfide da cui partire per sfruttare le opportunità di una Super smart society e sviluppare nei prossimi anni una società sostenibile, resiliente e umano centrica. Tuttavia, serve accelerare sull’innovazione: l’Italia oggi si posiziona al quintultimo posto – a grande distanza da Germania e Francia – per quanto riguarda l’ecosistema dell’innovazione.
È quanto emerge dal rapporto 2022 “Super smart society: verso un futuro più sostenibile, resiliente e umano centrico”, realizzato dalla Innotech community di The European House – Ambrosetti: presentato in occasione dell’undicesimo Technology forum, il rapporto ragiona sul nuovo concetto di Super smart society e contiene l’aggiornamento dell’Ambrosetti Innosystem Index (AII), che considera l’ultimo triennio di dati disponibili 2018-2020 e classifica la performance complessiva dell’innovazione di 22 Paesi benchmark mediante l’analisi di 14 key performance indicators.
“Dal rapporto emerge un’Italia con alcuni importanti punti di forza, come la bioeconomia e la capacità dei nostri ricercatori di produrre eccellenza scientifica, ma allo stesso tempo frenata e con grandi opportunità da cogliere per quanto riguarda la capacità di costruire un solido ecosistema dell’innovazione, condizione essenziale per accelerare il cammino verso lo sviluppo sostenibile e la Super Smart Society”, spiega Valerio De Molli, managing partner & ceo di The European House – Ambrosetti. “Per fornire una bussola per la business community e i policy maker e guidare le future scelte strategiche del Paese in ambito innovazione, nel Rapporto avanziamo quattro proposte programmatiche. Innanzitutto, bisogna orientare le risorse del Pnrr verso progetti in grado di massimizzare il potenziale di innovazione che già esiste nel Paese. In secondo luogo, creare un meccanismo virtuoso per tradurre il nostro primato di ricerca scientifica in innovazione concreta, affidando un ruolo chiave agli uffici di trasferimento tecnologico. È necessario poi trasformare l’Italia in un ‘Paese per unicorni’, promuovendo riforme a sostegno dell’imprenditorialità innovativa e dei finanziamenti di venture capital. Lanciare, infine, un New deal delle competenze per preparare i cittadini e le aziende italiane di oggi e di domani a prosperare in una società digitale e sostenibile”.
Italia nelle retrovie dell’innovazione
Stando all’aggiornamento dell’Ambrosetti Innosystem Index (AII), nell’ecosistema dell’innovazione l’Italia si trova nelle retrovie, posizionandosi in quintultima posizione (al 18esimo posto con un punteggio di 3,3). Al primo posto emergono gli Stati Uniti, con un punteggio di 5,1 e al secondo posto, Israele, Germania e Austria con un punteggio di 4,6.
Tra gli elementi fondamentali per valutare le performance nonché predire la crescita e lo sviluppo economico di un Paese, l’AII evidenzia gli investimenti in R&S. La Germania è avanti in Europa con 105,9 miliardi di euro investiti in R&S, più di quattro volte gli investimenti dell’Italia (25,4 miliardi di Euro). Considerando il contesto mondiale e rapportando gli investimenti in R&S al Pil, l’Italia non rientra nella top 15 mondiale, posizionandosi al di sotto della media UE27 (2,2%) con l’1,5% del Pil destinato alla ricerca.
Qualità della ricerca accademica al top
Bene per quanto riguarda l’efficienza e la qualità della ricerca accademica: l’Italia si conferma un’eccellenza con 1.594 citazioni ogni 100 ricercatori. D’altra parte risulta critica la capacità di tradurre l’eccellenza scientifica in valore economico e industriale attraverso la registrazione di brevetti (19° posto) e male anche per quanto riguarda il tasso di mobilità netta degli studenti, rispetto al quale si posiziona come ultimo Paese con un saldo netto positivo tra studenti in entrata e studenti in uscita.
L’AII 2022 ha misurato infine la capacità di un ecosistema di proteggere l’innovazione prodotta e di trasformare le idee innovative in nuove realtà di business. Considerando il numero di start-up rapportato per milione di abitanti di ciascun Paese, a livello Ue si registra il primato dell’Estonia con 865 start-up/milione di abitanti, mentre l’Italia si attesta nella seconda metà della classifica con 234 start-up/milione abitanti: un valore comunque superiore alla media dell’UE (190 start-up/milione di abitanti). Al 31 dicembre 2021, l’Italia conta 14.077 start-up innovative iscritte al registro delle imprese, la maggior parte delle quali (75,7%) opera nei servizi alle imprese. I due poli più importanti del Paese si confermano Roma e Milano, dove sono localizzate rispettivamente il 18,7% e il 10,9% delle startup totali.
Il rapporto tiene conto infine dei dati che emergono dal Digital economy and society index (Desi) della Commissione Europea: nel 2021 l’Italia è al di sotto della media Ue di 5,18 punti. Nei prossimi anni, sarà quindi fondamentale avere una programmazione efficace e maggiori investimenti specialmente per quanto riguarda human capital, connettività, servizi pubblici digitali e integrazione di tecnologie digitali.
I passi verso una Super smart society
Metaverso. Il futuro più prossimo non potrà ignorare l’impatto del Metaverso, che ha aperto mondi e possibilità impensabili fino a pochi anni fa. Oltre a settori come gaming e intrattenimento, non mancheranno spazi di utilizzo in ambito fashion, sanitario, retail, manifatturiero e nell’istruzione. Il rapporto stima che il numero di visori commercializzati ogni anno abbia già sorpassato le 5 milioni di unità annue e, con lo scoppio della pandemia, abbia subito una forte accelerazione: nel 2022 sfiorerà le 15 milioni di unità vendute ogni anno.
Robotica. L’utilizzo di tecnologie di automazione e l’impiego dei robot si estendono su vari ambiti, relativi sia al contesto industriale che alla vita quotidiana dei cittadini. Si tratta di un mercato in forte crescita: nel 2021 sono state prodotte 435 mila nuove unità che raggiungeranno, nel 2024, quota 518 mila. L’adozione di robot nei processi produttivi (e non solo) è interconnessa anche al tema dell’aging della popolazione: il progressivo invecchiamento della popolazione sta causando squilibri tra domanda e offerta di lavoro e l’automazione rappresenta una potenziale soluzione, consentendo alle aziende di mantenere invariata la propria produttività. La robotica riveste un ruolo rilevante nel settore automobilistico, con l’84% degli attori che si affida alle nuove tecnologie. Interessante anche il rapporto tra robotica e settore healthcare: il 57% dei business globali ha implementato soluzioni robotiche, in grado di apportare benefici in termini di sicurezza, produttività e qualità del lavoro.
Trasporti e mobilità. Per raggiungere gli obiettivi ambizioni posti dagli Stati Membri dell’Unione Europea in termini di decarbonizzazione, sarà fondamentale intervenire sul settore dei trasporti, ad oggi tra i più inquinanti: nel 1990 rappresentava il 14% delle emissioni totali (672 Mton di CO2eq su 4,6 milioni di Mton), mentre nel 2019 il 25% (834 Mton su 3,4 Mton). L’Italia, secondo Paese europeo per tasso di motorizzazione, dovrà intervenire soprattutto sul fronte delle auto private. Fondamentali saranno i fondi destinati dal Pnrr italiano (34 miliardi di Euro) che serviranno a promuovere, tra le altre cose, la conversione elettrica del trasporto pubblico e privato, lo sviluppo del trasporto rapido di massa e la digitalizzazione della logistica.
Tecnologie per la decarbonizzazione. Per decarbonizzazione si intende il processo di riduzione del rapporto carbonio-idrogeno delle fonti energetiche. Sul piano operativo è in fase di creazione un hub per lo storage di CO₂ al largo di Ravenna, il primo nel Mediterraneo in grado di sfruttare i giacimenti di gas dismessi completamente impermeabili. Cifre record riguardano poi la fusione nucleare, che, nel 2020, ha registrato 300 milioni di investimenti privati in società del settore. Sarà infine fondamentale il contributo del digitale al processo di decarbonizzazione: nel 2050, tra i settori in cui si prevede il più alto risparmio di CO2 grazie all’adozione di tecnologie digitali figurano trasporti (-22,8%), produzione di energia elettrica (-13,4%) e processi industriali (-8,6%).
Bioeconomia e filiere circolari. La crisi associata alla pandemia da Covid-19 ha sottolineato la rilevanza della bioeconomia, che ha registrato una contrazione della produzione meno marcata rispetto al totale dell’economia. Per quanto riguarda l’Italia, nel 2020, il settore ha generato un fatturato pari a 317 miliardi di euro (10,2% del Pil nazionale) e ha assorbito forza lavoro per circa 2 milioni di unità (7,9% del totale). Il Paese inoltre nel 2020 risulta primo in Europa per Indice complessivo di circolarità e si conferma eccellenza e punto di riferimento a livello mondiale circa la ricerca scientifica nell’ambito della bioeconomia.
Government-as-a-platform. L’esigenza di digitalizzazione è ormai imprescindibile per la Pa, nell’ottica di migliorare l’accesso a beni e servizi a cittadini ed imprese. Nel 2021, la performance dell’Italia si è confermata al di sotto della media europea, nonostante i miglioramenti registrati negli ultimi anni: secondo il Desi, il livello di servizi pubblici digitali pone infatti il Paese al 18esimo posto. L’Italia ottiene invece risultati migliori rispetto alla media europea per quanto riguarda l’offerta di servizi pubblici digitali per le imprese e per la disponibilità di Open data. Tra le iniziative messe in campo sono da segnalare l’accelerazione nell’adozione del numero di identità digitali Spid o la creazione della piattaforma IO che a maggio 2022 registra 29,3 milioni di download. Tuttavia, resta ancora molto da fare e in primis serve una maggiore centralità delle persone e delle loro competenze.