“Voglio essere molto chiaro sul tema del valore della rete: Vivendi non appoggerà mai la cessione della rete ai valori che lei ha citato, e questo nel migliore interesse di Tim”: risponde così Arnaud de Puyfontaine, ceo di Vivendi nell’intervista a Repubblica tenendo conto delle stime degli analisti secondo cui la rete Tim avrebbe un valore fra i 17 e i 21 miliardi.
Il confronto con il valore di Open Fiber
De Puyfontaine prende a riferimento Open Fiber per fare i conti: “Il fondo Macquarie ha acquisito la sua partecipazione in Open Fiber a multipli ben superiori (7,3 miliardi o 29 volte il margine operativo lordo, ndr.). Penso quindi che la separazione della rete, e la conseguente creazione di una rete unica, sia l’opzione che potenzialmente creerebbe più valore per Tim; ma se il reale valore non fosse riconosciuto, dato che siamo un investitore industriale di lungo periodo, siamo pronti a valutare altre opzioni capaci di rivelare tutto il potenziale di Tim nell’interesse di tutti gli stakeholders. Deve essere chiaro che Vivendi è il più forte difensore degli interessi di Tim in questa partita”.
La questione dell’operatore verticalmente integrato
Il manager ci tiene a spiegare anche come si è arrivati all’operazione scorporo: “Per Vivendi non è stato facile scegliere di rinunciare all’idea di una Tim verticalmente integrata ma forse oggi i tempi sono davvero maturi per un cambio epocale. La fusione fra la reti di Tim e quella di Open Fiber è la scelta industriale maestra ma non è l’unica”.
I rapporti con Cdp
Riguardo ai rapporti con Cassa depositi e prestiti il manager nel ricordare che Cdp votò al fianco di Elliott nel 2018 (alias del primo oppositore dell’azionista francese) evidenzia che “da allora molte cose sono cambiate. Il presidente Giovanni Gorno Tempini è entrato nel cda di Tim e dallo scorso ottobre, quando la situazione si è fatta più urgente dato l’andamento dei conti che ha portato a tre profit warning, abbiamo intrapreso un dialogo costruttivo con Cdp. Vivendi è un investitore di lungo termine che ha a cuore l’interesse dell’Italia e di una delle sue più grandi aziende, che porta con sé 45mila dipendenti e che certamente gioca un ruolo cruciale nella digitalizzazione del Paese“.
La governance di Tim
Il manager interviene anche sulla questione della governance di Tim: “La nostra posizione sul tema della governance è stata più volte esplicitata: se si vuole avere una assemblea coesa nel voto per lo scorporo della rete penso sia imprescindibile riflettere sui necessari miglioramenti della governance nel rispetto delle esigenze del mercato. E non ci sono dubbi che il governo Draghi questo rispetto lo abbia. Confido quindi che questa nostra preoccupazione venga recepita in tempi utili”.