EDITORIA SUL WEB

Giornalismo online, via alla consultazione Agcom sull’equo compenso

L’Autorità passa all’azione nell’ambito della nuova direttiva sul copyright. Intanto in Europa si va avanti con il contrasto alle fake news: a battesimo il “Codice di buone pratiche rafforzato sulla disinformazione”: 34 i firmatari tra piattaforme online e imprese dell’hi-tech

Pubblicato il 16 Giu 2022

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L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCom) ha approvato ieri l’avvio della consultazione pubblica sullo schema di regolamento che dà attuazione all’art. 43-bis della legge sul diritto d’autore.  La norma recepisce nell’ordinamento nazionale quanto stabilito nella direttiva “Copyright”, con cui il legislatore europeo ha affrontato la questione dell’”equa distribuzione del valore generato dallo sfruttamento sulla rete di una pubblicazione di carattere giornalistico tra l’editore (titolare del diritto) e le piattaforme che veicolano questi contenuti online”. L’obiettivo è quello di fissare un “equo compenso” a favore dell’editore.

Trenta giorni di consultazione, poi la definizione del modello

L’Autorità ha tracciato un modello per la sua determinazione, operando già in questa fase una distinzione tra prestatori di servizi e le imprese di media monitoring e rassegna stampa, in ragione delle differenze strutturali relative ai servizi offerti. Il metodo che l’Autorità sottopone a consultazione pubblica mira ad incentivare accordi tra editori e prestatori “secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità, ispirandosi alle pratiche commerciali e ai modelli di business adottati dal mercato”.

La consultazione, aperta a tutti i soggetti interessati per un periodo di 30 giorni a partire dalla pubblicazione della delibera, consentirà all’Autorità di acquisire gli elementi di dettaglio necessari per definire, nel pieno rispetto dell’autonomia negoziale delle parti e sulla scorta dell’iter già delineato nel documento di consultazione, il modello per pervenire alla determinazione dell’equo compenso, attraverso un’attenta ponderazione dei contrapposti interessi in gioco.

Disinformazione: 34 i firmatari del nuovo Codice

E intanto, a Bruxelles, ha già riscosso la soddisfazione della Commissione Ue  la pubblicazione del Codice di best practise rafforzato sulla disinformazione. I 34 firmatari, tra i quali piattaforme, imprese tecnologiche ed esponenti della società civile, hanno seguito gli orientamenti della Commissione del 2021 e tenuto conto degli insegnamenti tratti dalla crisi della Covid-19 e dalla guerra in Ucraina. Il codice  si basa sul primo Codice di buone pratiche del 2018, ampiamente riconosciuto come quadro pionieristico a livello mondiale, e stabilisce impegni ampi e precisi per le piattaforme e l’industria al fine di combattere la disinformazione. In questo quadro, rappresenta un altro passo importante verso un ambiente online più trasparente, sicuro e affidabile.

Tra i 34 firmatari figurano le principali piattaforme digitali, in particolare Meta, Google, Twitter, TikTok e Microsoft, come pure una serie di altri attori, ad esempio piattaforme più piccole o specializzate, agenzie pubblicitarie online, società di tecnologia pubblicitaria, verificatori di fatti e rappresentanti della società civile o operatori che offrono competenze e soluzioni specifiche per combattere la disinformazione.

Oggi, insieme alla legge sui servizi digitali recentemente approvata e alla futura legislazione relativa alla trasparenza e al targeting della pubblicità politica, il Codice di buone pratiche rafforzato forma un elemento essenziale del pacchetto di strumenti della Commissione per combattere la diffusione della disinformazione nell’Ue. 

Un “passo avanti” rispetto al Codice del 2018

In particolare, il codice rafforzato punta a eliminare i difetti del codice precedente introducendo impegni e misure più rigorosi e dettagliati, basati sugli insegnamenti operativi tratti negli ultimi anni. Con questo obiettivo, contiene impegni volti ad ampliare la partecipazione (il codice non è mirato esclusivamente sulle grandi piattaforme, ma coinvolge anche una serie di attori diversi, ognuno dei quali può svolgere un ruolo nel ridurre la diffusione della disinformazione. Inoltre si auspica l’adesione di ulteriori firmatari); ridurre gli incentivi finanziari per chi diffonde disinformazione (facendo in modo che i responsabili della disinformazione non beneficino di introiti pubblicitari); puntare l’attenzione anche sui nuovi comportamenti manipolativi (account fasulli, bot o deep fake malevoli che diffondono disinformazione); dotare gli utenti di strumenti migliori per riconoscere, comprendere e segnalare la disinformazione; dare impulso alla verifica dei fatti in tutti i Paesi e in tutte le lingue dell’UE (garantendo che il lavoro svolto dai verificatori dei fatti sia remunerato adeguatamente); garantire la trasparenza della pubblicità politica (consentendo agli utenti di riconoscere facilmente gli annunci di natura politica grazie a indicazioni più chiare e a informazioni riguardo agli sponsor, all’entità della spesa e al periodo di visualizzazione); rafforzare il sostegno ai ricercatori offrendo loro un migliore accesso ai dati delle piattaforme; valutare l’impatto del codice stesso (attraverso un solido quadro di monitoraggio e relazioni periodiche delle piattaforme in merito alle modalità di attuazione dei loro impegni); istituire un centro per la trasparenza e una task force che forniscano una panoramica agevole e trasparente dell’attuazione del codice, al fine di mantenerlo adeguato ai suoi obiettivi e alle esigenze future.

“Questo nuovo codice contro la disinformazione giunge in un momento in cui la Russia usa la disinformazione come arma nel quadro della sua aggressione militare contro l’Ucraina, ma coincide anche con una serie di attacchi alla democrazia sul piano globale – commenta Věra Jourová, vicepresidente per i Valori e la trasparenza – .  Ora possiamo contare su impegni molto profondi per ridurre l’impatto della disinformazione online e su strumenti assai più solidi per misurarne le modalità di attuazione in tutta l’Ue, in tutti i suoi paesi e in tutte le sue lingue. Gli utenti disporranno inoltre di strumenti migliori per segnalare la disinformazione e comprendere ciò che vedono. Il nuovo codice ridurrà inoltre gli incentivi finanziari per la diffusione di disinformazione e consentirà ai ricercatori di accedere più agevolmente ai dati delle piattaforme.”

“Niente firma di Apple? Siamo una democrazia”

“La disinformazione rappresenta una forma di invasione del nostro spazio digitale, con un impatto tangibile sulla nostra vita quotidiana – aggiunge Thierry Breton, commissario per il Mercato interno -. Le piattaforme online devono intervenire con decisione, in particolare sulla questione dei finanziamenti. Diffondere disinformazione non deve fare guadagnare un solo euro a nessuno. Per rafforzarne la credibilità, il nuovo codice di buone pratiche sarà affiancato dalla legge sui servizi digitali, che prevede, fra le altre cose, l’introduzione di pesanti sanzioni dissuasive. Le piattaforme di dimensioni molto grandi che violano ripetutamente il codice e non attuano adeguate misure di attenuazione dei rischi rischiano infatti ammende fino al 6% del proprio fatturato mondiale”.

E rispondendo a una domanda sulla mancata sottoscrizione da parte di Apple, Breton ha aggiunto: “Siamo una democrazia, quindi non costringiamo nessuno, soprattutto quando lo strumento è volontario. In ogni caso sono contento perché so che Apple non aveva voluto firmare per un caricatore universale ma alla fine lo abbiamo regolato e ora ce l’abbiamo”. Il riferimento è al tentativo della Commissione Ue di raggiungere un accordo volontario tra i maggiori produttori di device tecnologici per avere un caricatore universale, prima che l’Ue proponesse un regolamento ad hoc, approvato dai colegislatori in sede di trilogo proprio qualche giorno fa.

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