In Argentina sta per arrivare l'"impuestazo”, una
sovrattassa che raddoppierà l’Iva sui prodotti elettronici di
importazione, portandola dal 21 al 42 per cento. La legge, già
approvata a luglio dalla Camera bassa, è ferma al Senato ed è qui
che le multinazionali di tutto il mondo stanno cercando di agire
per fermarla, per continuare ad essere concorrenziali nella vendita
di personal computer, cellulari, macchine fotografiche e
televisioni.
L’obiettivo della presidentessa dello stato sudamericano,
Cristina Kirchner, è, almeno ufficialmente, di favorire le imprese
nazionali del distretto high tech di “Tierra del Fuego”,
avvantaggiandole sul mercato in modo da spingere sulla manodopera
locale e sugli introiti per il governo, come spiega con il refrain
“meno soldi che lasciano il paese per le importazioni, più
lavoro agli argentini”. Un obiettivo che tuttavia pare di
difficile raggiungimento, visto che le aziende di “Tierra del
Fuego” contano solo per 300 milioni di dollari sui 4 miliardi che
vale il mercato dei beni relativi all’Ict in Argentina.
Un primo stop alla proposta è arrivato al Senato lo scorso 2
settembre, quando una votazione a riguardo è saltata per
l’assenza del quorum, ma la legge sembra avviata
all’approvazione nonostante la forte attività di lobbying delle
multinazionali che, riunite nella Camera per
l’Information&Comunication Technology, sostengono che un aumento
simile della tassazione, con conseguente crescita dei prezzi,
indebolirebbe l’economia di Buenos Aires limitando l’accesso
alla tecnologia. Soprattutto in certi campi, come quello della
telefonia mobile: se l’anno scorso gli argentini hanno comprato
10 milioni di cellulari, spendendo circa 1 miliardo di dollari,
solo il 2 per cento era made in Argentina, mentre la fetta più
grande del mercato, il 65 %, è stata importata dal Brasile.